mercoledì 7 dicembre 2011

I pericolosi parolai di Berlino e Parigi





Francesi e tedeschi continuano ad incontrarsi ogni settimana e continuano a produrre quantità industriali di comunicati stampa ed aria fritta. La credibilità di Merkel e Sarkozy è ormai simile a quella che aveva Silvio Berlusconi: credibilità dei parolai.
L’ennesimo vertice franco-tedesco è rimasto fedele alla storia recente. I due presidenti, ed in particolare la cancelliera tedesca, continua a non capire assolutamente nulla della natura della crisi. Si continua a chiedere rigore fiscale, si continuano a negare la leva monetaria. Ed in questa maniera si aggrava la crisi. L’esempio greco, lo abbiamo più volte detto, è lampante: l’eccessivo rigore fiscale ha peggiorato la recessione, imponendo ulteriori tagli e nuova recessione, in una spirale senza apparente via d’uscita. Ora la stessa medicina è stata imposta all’Italia, col governo Monti lesto a trasformare in legge le “raccomandazioni” europee ispirate da Berlino.
Eppure l’evidenza è davanti agli occhi di tutti. Non bisogna essere marxisti per capire che politiche economiche pro-cicliche in fasi di recessione equivalgono ad un suicidio programmato. E che parte della soluzione della crisi va trovata nel sostegno agli Stati indebitati. D’altronde, Regno Unito e Stati Uniti hanno conti macro-economici peggiori di quelli di una ipotetica Europa unita, e ciò nonostante i tassi di interesse imposti dal mercato sono assai più bassi. Quei paesi però hanno un’unione politica ed economica ed hanno una banca centrale che supporta non solo i banchieri e la finanza, ma anche gli Stati e l’economia reale.
Ed invece, francesi e tedeschi continuano, ostinati, per la propria strada. Da una parte si rifiuta di creare degli strumenti indispensabili come gli euro-bond. Dall’altra, si cerca di imporre a forza non un’unione politica, ma una armonizzazione fiscale. L’idea è punire tutti coloro che non rispettano il pareggio di bilancio – una follia iperliberista che denuncia solamente la totale mancanza di una cultura economica di base. Per capire l’idiozia di una tale proposta, basterebbe notare che al momento non ci sono paesi nell’eurozona che rispettino il vincolo proposto dal vertice franco-tedesco, con la solitaria eccezione del Lussemburgo che ha un deficit inferiore al 3%.
In realtà, nuovamente, si sta solo chiedendo rigore fiscale e austerity, altro che più Europa. Naturalmente una vera unione fiscale sarebbe indispensabile, darebbe solidità all’Europa e curerebbe il vulnus iniziale di una moneta senza uno Stato. Ma questo significherebbe un parlamento europeo con poteri reali ed un governo europeo espressione di una scelta democratica. E non un direttorio franco-tedesco che cerca di ricattare i paesi in difficoltà. Proponendo, addirittura, di togliere il diritto di voto ai paesi con i conti non in ordine – una sorta di novello anschluss che mira a creare un’Europa in cui possano votare solo i tedeschi. Le prove generali ci sono già state: bloccato il referendum in Grecia, rimandate le elezioni in Italia, deve essere l’Europa (leggi: la Germania) a decidere le politiche economiche delle colonie.
In realtà Merkel e Sarkozy sono attenti solo ai loro privati interessi. Il presidente francese è preoccupato di evitare che le banche francesi, le più esposte di tutte sui mercati in difficoltà, possano essere coinvolte in salvataggi “volontari” come in Grecia. Ed in cambio di questa marchetta, Sarkozy ha accettato di rinunciare agli euro-bond, che la cancelliera tedesca vuole a tutti i costi impedire per evitare che le tasse tedesche vengano usate come trasferimenti a favore dei paesi indebitati. Ma dimentica, convenientemente, che in questi ultimi dieci anni la Germania ha sfruttato a suo favore l’unione monetaria e i termini di scambio che penalizzano l’Europa meridionale a favore di quella settentrionale.
Il problema è che quest’egoismo renano è davvero poco lungimirante. L’inadeguatezza politica dei due leader più deboli d’Europa è sotto gli occhi di tutti. Addirittura si demanda alla Bce la decisione di comprare i titoli di Stato sotto attacco, come a dire che in Europa non c’è politica che sappia prendere le redini della crisi. Non a caso il debito tedesco e quello francese rischiano di venire presto declassati, e non è certo colpa della Grecia o dell’Italia. Il problema risiede nella governance europea, un’Unione tutta rinchiusa nella ricerca di vantaggi particolari e senza un briciolo di prospettiva sul futuro.
Nicola Melloni - Liberazione
7/12/2011  



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