lunedì 25 aprile 2011

25 aprile 2011: cosa significa per noi la Resistenza, oggi


ORA E SEMPRE RESISTENZA!

25 aprile 1945 l’Italia viene liberata! Liberata da chi? Due sono le risposte: liberata dall’occupazione
nazi-fascista che l’aveva messa a ferro e fuoco e liberata per merito dei partigiani. Certo c’erano
anche gli alleati ma se avete tempo guardatevi il video-documentario “Bandite” e sentirete che le
partigiane ripetono la stessa cosa: “l’Italia l’abbiamo liberata noi”.

E chi erano queste donne? Direi che per lo meno erano donne con molto coraggio che trasportavano
materiale esplosivo, munizioni, pistole, messaggi da una base partigiana ad un’altra passando di
fronte alle temute milizie naziste e fasciste. Cosa rischiavano? La vita, la tortura, la violenza sessuale.
Rischiavano di finire nei bordelli nazisti.

Ma c’erano anche partigiane che impugnavano le armi e salivano in montagna tra la paura, il freddo,
la fame.

Una di queste partigiane porta un nome che mi ha colpita: Walkiria. Questo e’ il suo nome vero,
quello con cui e’ registrata all’anagrafe.

Walkiria divenne comandante della sua formazione. Nel documentario “Bandite” racconta di
una sua missione quando, con un compagno, fece saltare un ponte. Suscita profonda simpatia e
ammirazione. Racconta del botto che l’esplosione provoco’ e del fracasso che i pietroni scatenarono
quando, dopo un lungo volo verso il cielo, caddero a terra con violenza. A sentirla parlare sembra
che sia una donna senza paure, energica, coraggiosa, forte. Poi, pero’, ammette che la paura e’ stata
una compagna di tutti quei mesi, insieme al freddo e alla fame.

In tutte le partigiane protagoniste di “Bandite” si scorge una normalita’ che da una dimensione
tremendamente umana alla lora scelta di unirsi alla Resistenza. Quasi che fosse normale, ovvio,
scontato dovervi far parte per consegnare a loro stesse e alle generazioni future un avvenire diverso,
piu’ giusto e di liberta’. Un futuro che non fosse MAI PIU’ fatto di guerre.

Rossana Rossanda nella sua biografia dice che avevano tante speranze e credevano di avere il futuro
in mano dopo la Liberazione. C’era entusiasmo, voglia di fare, di costruire una societa’ finalmente
giusta. L’aria che si respirava era fresca e faceva immaginare a un avvenire splendente.

Purtroppo la storia e’ andata in un altro modo ma loro, le partigiane, la loro parte l’hanno fatta
quando si e’ trattato di decidere e di battersi per una societa’ diversa.

Il testimone l’hanno gia’ passato a noi che rappresentiamo le nuove generazioni. Ne saremo
all’altezza?

VIVA L’ITALIA , VIVA LA RESISTENZA E VIVA LA FESTA DELLA LIBERAZIONE!

Carla Gagliardini


LA RESISTENZA DELLA GIUSTIZIA

Il mio pensiero in questo giorno va ai giudici e magistrati che hanno difeso (anche a costo della vita)  e continuano a difendere quel senso dello Stato cosí alto da voler essere abbattutto con tutti i mezzi oggi, da chi ci governa.
A tutti quegli uomini, eroi loro malgrado, che per me rappresentano una vera Resistenza contemporanea. Falciati non da un nemico esterno, bensí dall'interno; nel migliore dei casi nell'abbandono, nell'indifferenza, quando non nell'aperta ostilità e disprezzo da parte di quelle Istituzioni che pure dovrebbero tutelarne l'opera, la libertà, l'indipendenza.
Vittime ogni giorno di un nuovo massacro morale, di un tentativo di seppellimento in odierne Fosse Ardeatine fatte di smantellamento minuzioso della Costituzione e stravolgimento di ogni principio democratico, spazzato via da un uso del potere che equivale ad una scarica di M50.
Non era certo questa l'Italia che sognava di lasciarci in eredità chi, in quell'ancora vicinissimo 25 aprile del 1945, guardò il Paese con occhi finalmente liberi.
Dalle vittime del terrorismo nero o rosso che fosse, a quelle delle mafie, da Occorsio a Palma ad Alessandrini a Bachelet; da Chinnici a Livatino, Falcone, Borsellino...sono solo alcuni. A loro, alle loro famiglie e a tutti i "resistenti" di questa nostra giustizia italiana fatta a brandelli, un grazie oggi.

Monica Bedana

A RESISTERE!

La mia dedica per la giornata del 25 aprile va a tutti gli onesti Italiani che continuano a resistere resistere resistere!
A Resistere alle ingiustizie che vedono o subiscono ogni giorno.
A Resistere al meretricio intellettuale e morale al quale si assiste quotidianamente.
A Resistere alle disagiate condizioni lavorative ed economiche pur mantenedo grande dignita'.
A tutti coloro che nella resistenza al degrado politico ed intellettuale trovano forza e ardore , a loro dedico il 25 aprile 2011.

Gaetano Ciaravella
25 Aprile
In occasione della Festa della Liberazione dell’Italia dal regime nazifascista vi invitiamo ad intervenire nel nostro Blog, proponendo contributi sotto forma di articoli, analisi o semplici pensieri, per aprire una riflessione aperta e condivisa su temi, ideali e pratiche della Resistenza e della Democrazia.

Il confronto costante con l’attualità e la cronaca della politica in Italia rinnovano quotidianamente la necessità dell’impegno per ciascun cittadino italiano libero, che fondi la sua identità sui valori della Costituzione, che in questa data fatidica ha avuto la sua lontana e simbolica origine. L’impegno (che è insieme diritto e dovere) è quello di formulare un giudizio e di consolidare una posizione, che sia il più possibile critica e costruttiva, che crei cioè i presupposti di un’alternativa all’anomalia dell’antipolitica, al dispregio della Democrazia, della Giustizia e dei valori della Costituzione.

I diciottenni di oggi sono quelli nati nel 1993, anno della fondazione di Forza Italia e dell’avvio dell’era di Berlusconi in politica. Questa coincidenza ci pare cruciale perché lascia intendere che molti cittadini, “adulti” oggi, non hanno conosciuto la politica al potere se non nella sua forma spettacolarizzata, personalistica e insidiosa. Una politica che è riuscita a mettere l’uno contro l’altro i poteri fondamentali dello Stato, che ha inasprito lo scontro sociale e che, fornendo costantemente, per mero uso propagandistico, un’inaccettabile, perché falsificata, versione della realtà economico-sociale del Paese, ha polarizzato a livello parossistico e irreversibile il dibattito fra gli schieramenti. Inoltre la pervasività dei mezzi di comunicazione unita alla loro mancanza di indipendenza (e quindi di obiettività) ribadisce come urgente e capillare una battaglia culturale che restituisca ai giovani la capacità di intercettare tale anomalia, e possa offrire, a tutti, gli strumenti indispensabili per smantellarla.

Il grande intellettuale ed educatore Danilo Dolci parlava di “continuazione della Resistenza, senza sparare” e, col titolo di uno dei suoi primi libri, della necessità di Fare presto (e bene) perché si muore. L’insegnamento di Dolci pur riferendosi all’estrema povertà dell’Italia del dopoguerra, mantiene la medesima attualità di allora: il rischio è sempre lo stesso e l’urgenza non è minore. Anche oggi il Paese “muore”, dentro e fuor di metafora, in quanto rischia di cancellare le radici della democrazia, l’inalienabilità dei diritti, le condizioni di uguaglianza e civiltà per i suoi cittadini.

La riflessione, per riuscire nel suo intento di emancipazione, deve per forza avere natura morale e, insieme, ritornare instancabilmente alla Storia e a quei momenti fondamentali su cui la nazione si fonda e cresce. 

L’accento sull’aggettivo morale, non è casuale. I detrattoti della morale, su tutti i fronti, ma soprattutto “della nostra parte”, devono imparare a non confondere morale e moralismo, cadendo nel facile inganno del relativismo o nel comodo cul de sac ideologico per cui, alla volta, la cosiddetta morale si accompagna ad uno sgradevole corteggio: conservatorismo, ortodossia religiosa, ripiegamento intransigente ma statico delle posizioni ideali.

Ce lo ricordava Barbara Spinelli in un esemplare articolo di due mesi fa, intitolato La fattoria degli animali:

«Sono anni che discutiamo di questo in Italia: se la legge abbia ancora un significato, se la morale pubblica sia una bussola o una contingenza. È ora di deciderlo e chiudere la discussione. Il bersaglio di chi si ribella a simili vincoli è la morale (per i poteri ecclesiastici è la laicità), descritta come sovversiva, giacobina. Ma anche qui l' equivoco è palese: nello stesso momento in cui si atteggiano a anticonformisti minoritari, i ribelli si riscoprono giacobini tutori di valori morali non negoziabili». E ancora: «A questo serve lo storpiamento di vocaboli come morale, laicità, giustizia. Serve a uccidere la laicità, soprannominata laicista. A soffocare la giustizia, detta giustizialismo se applicata con rigore. La morale è il freno più infame, e per svalutarla riceve il timbro di moralismo».

E allora, concludiamo noi, intendendo la morale come bussola e non come contingenza, se il presidente del Consiglio afferma che un “golpe morale” è in atto contro di lui, e che a cospirare sono le procure, i giornali, le donne, i comunisti, non possiamo che essere d’accordo, almeno per una volta.

Il ritorno alla Storia, invece, deve avere per noi il significato di un’autentica  autoeducazione (noi verso noi stessi e gli altri intorno a noi), per non dimenticare l’attualità di quell’insegnamento. Nel saggio autobiografico sulla formazione della sua generazione (intitolato Fiori italiani), Luigi Meneghello, letterato e partigiano nato negli anni del fascismo, aveva individuato il collegamento fra la Storia, quella vissuta e combattuta in prima persona, e l’educazione ricevuta:

«Ho pensato per la prima volta a questo libro nell’estate del 1944, sdraiato per terra davanti all’imboccatura di una grotta in Valsugana guardando le coste del Grappa lì di fronte. Ero convinto che nel rastrellamento i miei compagni ci avessero rimesso le penne, e avvertivo con una sorta di pigrizia intelligente che questa veniva ad essere la conclusione dell’educazione che avevamo ricevuto: in generale, ma soprattutto, in senso stretto, a scuola.  Vent’ani dopo, raccontando del nostro rastrellamento del 10 giugno [cfr. I piccoli maestri] e come ne venni fuori, anch’io un po’ spennacchiato ma molto vivo, mi ritrovai di nuovo sulla bocca di quella grotta, con gli stessi pensieri, e interrompendo il racconto mi misi a scriverli su una pagina nuova, cominciando: “Che cos’è un’educazione?”».

Se la dittatura e la repressione attecchirono grazie alla “diseducazione” impartita in epoca fascista, per spiegare ciò che venne dopo, cioè il momento della conversione e la scelta della lotta, Meneghello comincia col dissotterrare (e contestare) quella diseducazione e a «tirar fuori storie di banchi di scuola, di studentelli, di materie di studio. Sono fiori italiani che nel vaso dove stanno, cominciano a morire». Questi fiori è necessario «trapiantarli», dice ancora, perché non appassiscano. Accade lo stesso alla Storia, il cui insegnamento rimane vitale e reale solo se trasmesso agli altri uomini: di una stessa epoca o di un diverso tempo.
 
Francesca Congiu

"Bella ciao", un video di Vito Biolchini ambientato a Cagliari e
segnalatoci da Francesca



FISCHIA (ANCORA) IL VENTO
Canzoni e video scelti da Nicola Melloni

Fischia il vento

Fischia il vento e infuria la bufera,
scarpe rotte e pur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell'avvenir.
A conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell'avvenir.

Ogni contrada è patria del ribelle,
ogni donna a lui dona un sospir,
nella notte lo guidano le stelle
forte il cuore e il braccio nel colpir.

Se ci coglie la crudele morte,
dura vendetta verrà dal partigian;
ormai sicura è già la dura sorte
del fascista vile traditor.

Cessa il vento, calma è la bufera,
torna a casa il fiero partigian,
sventolando la rossa sua bandiera;
vittoriosi e alfin liberi siam.




E l’originale russo, Katiusha!

Расцветали яблони и груши,
Поплыли туманы над рекой.
Выходила на берег Катюша,
На высокий берег на крутой.

Выходила, песню заводила
Про степного, сизого орла,
Про того, которого любила,
Про того, чьи письма берегла.

Ой ты, песня, песенка девичья,
Ты лети за ясным солнцем вслед.
И бойцу на дальнем пограничье
От Катюши передай привет.

Пусть он вспомнит девушку простую,
Пусть услышит, как она поет,
Пусть он землю бережет родную,
А любовь Катюша сбережет.

(Traduzione dal russo

Meli e peri erano in fiore,
La nebbia scivolava lungo il fiume;
Sulla sponda camminava Katjusha,
Sull'alta, ripida sponda.
Camminava e cantava una canzone
Di un'aquila grigia della steppa,
Di colui che lei amava,
Di colui le cui lettere conservava con cura.
O canzone, canzone di una ragazza,
Vola seguendo il sole luminoso
E al soldato sulla frontiera lontana
Porta i saluti di Katjusha.
Fagli ricordare una semplice giovane ragazza,
Fagli sentirla cantare
Possa lui proteggere la terra natia,
Come Katjusha protegge il loro amore.)


Festa d’Aprile

È già da qualche tempo che i nostri fascisti
si fan vedere poco e sempre più tristi,
hanno capito forse, se non son proprio tonti,
che sta arrivare la resa dei conti.

Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia
per conquistare la pace, per liberare l'Italia;
scendiamo giù dai monti a colpi di fucile;
evviva i partigiani! È festa d'Aprile.

Nera camicia nera, che noi abbiam lavata,
non sei di marca buona, ti sei ritirata;
si sa, la moda cambia quasi ogni mese,
ora per il fascista s'addice il borghese.

Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia
per conquistare la pace, per liberare l'Italia;
scendiamo giù dai monti a colpi di fucile;
evviva i partigiani! È festa d'Aprile.

Quando un repubblichino omaggia un germano
alza il braccio destro al saluto romano.
ma se per caso incontra partigiani
per salutare alza entrambe le mani.

Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia
per conquistare la pace, per liberare l'Italia;
scendiamo giù dai monti a colpi di fucile;

evviva i partigiani! È festa d'Aprile.

In queste settimane, miei cari tedeschi,
maturano le nespole persino sui peschi;
l'amato Duce e il Führer ci davano per morti
ma noi partigiani siam sempre risorti.

Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia
per conquistare la pace, per liberare l'Italia;
scendiamo giù dai monti a colpi di fucile;
evviva i partigiani! È festa d'Aprile.

Ma è già da qualche tempo che i nostri fascisti
si fan vedere spesso, e non certo tristi;
forse non han capito, e sono proprio tonti,
che sta per arrivare la resa dei conti.

Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia
per conquistare la pace, per liberare l'Italia;
scendiamo giù dai monti a colpi di fucile;
evviva i partigiani! È festa d'Aprile.


Ed infine la canzone dei difensori di Leningrado durante l’assedio nazista

Полюшко-поле,
Полюшко, широко поле!
Едут по полю герои,
Эх, да Красной Армии герои

Девушки, гляньте,
Гляньте на дорогу нашу
Вьется дальняя дорога,
Эх, да развеселая дорога

Девушки, гляньте,
Мы врага принять готовы,
Наши кони быстроноги,
Эх, да наши танки быстроходны

В небе за тучей
Грозные следят пилоты.
Быстро плавают подлодки,
Эх, да зорко смотрит Ворошилов

Пусть же в колхозе
Дружная кипит работа,
Мы - дозорные сегодня,
Эх, да мы сегодня часовые

Полюшко-поле,
Полюшко, зелено поле!
Едут по полю герои,
Эх, да Красной Армии герои!






PARTIGIANI: CI CHIAMAVANO RIBELLI
Un video segnalatoci da Genny Carraro