lunedì 19 dicembre 2011

I costi della democrazia e la crisi che paghiamo

Qualche mese fa Repubblica lanciava la sua campagna contro la legge bavaglio che rischiava di mettere a rischio la libertà di stampa. Oggi, in una situazione ben peggiore, il silenzio assordante dei principali mezzi di informazione è la più lampante sirena d’allarme dei rischi che corre la democrazia in Italia ai tempi della crisi.


Di cosa parlo? Già, potrebbero essere in molti a chiederselo. Con la nuova legge finanziaria, insieme alle pensioni decurtate ed all’ICI sulla prima casa anche dei meno abbienti, c’è un passaggio che rischia di avere conseguenze disastrose. Il fondo per l’editoria viene, di fatto, cancellato. Costringendo diverse testate, tra cui Liberazione, Il Manifesto e l’Unità – ma anche il Secolo d’Italia – alla chiusura.
Naturalmente potremmo pensare che di fronte ai sacrifici imposti a tutti gli italiani sia normale che lo Stato non sprechi soldi per finanziare i giornali. Anzi, c’è chi, come Beppe Grillo, che si batte da anni per togliere i contributi pubblici. Ma è una scelta miope, dirò di più, anti-democratica. 
La democrazia ha dei costi che lo Stato si deve assumere. Tra questi costi ci sono il finanziamento dei partiti e dei giornali – come per altro avviene praticamente ovunque in Europa. I populisti vogliono abolire entrambi ma non bisogna confondere i privilegi con le necessità. Una politica senza contributo pubblico ai partiti rischia inevitabilmente di trasformarsi in uno stato oligarchico in cui i partiti sono finanziati dai privati, cioè dai ricchi che hanno più possibilità di rappresentare i loro interessi – come succede negli Stati Uniti. 
Idem, quasi peggio, per i giornali. La stampa libera è una componente fondamentale di un regime democrtico sano. Il fondo per l’editoria permette pluralità di informazione, anche le voci di minoranza, anche le voci senza capitale possono essere ascoltate. A maggior ragione in Italia, dove la concentrazione della raccolta pubblicitaria priva i giornali di partito di indispensabili risorse. Senza fondo rimarranno (quasi) solo i giornali dei padroni (dei giornali), cioè sempre degli oligarchi. In un momento di crisi, di governi che tagliano, di risveglio dei movimenti, c’è bisogno più che mai di voci dissenzienti, che raccontino altre prospettive, altre realtà.
Uno dei più grandi politologi viventi, Robert Dahl, ci ha spiegato che la democrazia non è solo un fatto di procedure. L’informazione e l’effettiva eguaglanza dei voti sono indispensabili per evitare che ci siano cittadini più uguali degli altri, per permettere che gli elettori siano adeguatamente informati. Per questo ci siamo battuti in tanti contro Berlusconi. Salvo poi dimenticarselo quando l’attacco alla libertà d’informazione e alla democrazia viene dal governo Monti.   




Nicola Melloni




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