lunedì 8 agosto 2011

I pagliacci


Sembra di vivere un incubo. Le risposte che il governo italiano e l’Unione Europea stanno dando a questa drammatica crisi sembrano fatte in maniera tanto superficiale e incompetente da non sembrare neppure vere, uno scherzo di pessimo gusto in un momento che invece richiederebbe la massima serietà. Lo avevo scritto su Liberazione, lo ha confermato oggi Mario Monti sul Corriere: l’Italia è stata commissariata dalla Banca Centrale Europea che ha cominciato a comprare titoli del nostro debito solo dopo aver costretto il governo ad accettare una nuova stretta sui conti Il podestà forestiero / Mario Monti / corriere della sera. Le finanziarie ormai si fanno a Francoforte, ed il Parlamento viene ridotto a teatrino, utile solo per mettere il timbro su decisioni prese da altri. Sperando che almeno questa volta l’opposizione parlamentare non faccia buon viso a cattivo gioco e decida di combattere per la sovranità del nostro stato.
Il punto non è solo formale, per quanto le regole formali, in democrazia, siano decisive. Le scelte di Trichet avvallate dal duo Berlusconi-Tremonti che hanno pure il coraggio di metterci la faccia sono talmente assurde da sfiorare il ridicolo. Da una parte si cerca di modificare l’Articolo 41 della Costituzione (della cui importanza avevamo già scritto su Resistenza Internazionale http://resistenzainternazionale.blogspot.com/2011/03/pensieri-sulla-nostra-costituzione.html) per togliere ogni vincolo di natura sociale, economica ed ambientale al mercato, come se la crisi che viviamo non fosse il risultato delle eccessive liberalizzazioni dei mercati finanziari, non adeguatamente regolati. Un notevole salto della quaglia per il nostro ministro dell’economia che da anni critica gli eccessi del mercato salvo poi imbracciare l’armamentario ideologico del liberismo più qualunquista nel momento del dunque. Dall’altra, si cercano di rassicurare i mercati mettendo in Costituzione il vincolo di bilancio, circa la stessa domanda dei Tea Party americani che pretendono un obbligo simile in America. Decisamente una bella compagnia, non c’è che dire. Si fa veramente fatica a capire come qualsiasi persona dotata di buon senso possa concepire una follia di tale portata. Il divieto per legge della spesa in deficit vuol semplicemente dire che in periodi recessivi il governo non solo non potrà aumentare le spese per rilanciare l’economia, ma neppure potrà mantenerle inalterate. Date le minori entrate (in recessione le imprese guadagnano meno e quindi pagano meno tasse) lo stato dovrà stringere la cinghia, in tal maniera riducendo ulteriormente la domanda aggregata e quindi peggiorando il ciclo economico. Avevamo già capito che questi liberisti d’accatto l’economia non la conoscono bene, ma ora pare che non abbiano neanche mai studiato la storia. Certo, la cosa, per quanto riguarda Berlusconi non può sorprenderci, ma che Tremonti e Trichet non conoscano la crisi del ’29, beh, ci dà la misura della qualità di chi ci governa. Aiutiamoli a ripassarla. Il pareggio di bilancio e il ridotto ruolo dello stato nei periodi di crisi furono i principi ispiratori di Herbert Hoover, il presidente americano che si trovò a fronteggiare il crollo di Wall Street. I risultati, è questione di numeri, non di opinioni, furono disastrosi,  la recessione diventò catastrofica e ci vollero Roosvelt e il New Deal e massicce iniezioni di spesa pubblica per risollevare l’economia americana. Si fosse avuta, invece, una bella leggina che obbligava il governo a mantenere i conti in ordine, il capitalismo americano sarebbe finito circa da una ottantina d’anni. Pur rammaricandocene possiamo anche capire che Tremonti e Trichet non ricordino gli studi di gioventù, ma dove sono stati in questi ultimi quattro anni? Dormivano come quando erano a scuola? Perché senza gli interventi governativi, con relativo deficit, tutte le grandi banche internazionali avrebbero fatto la fine di Lehman, la finanza sarebbe scomparsa, l’industria sarebbe crollata ed i risparmiatori avrebbero perso tutti i loro averi. E’ questo quel che si vuole? Probabilmente no, e quindi ecco la solita pantomima italiana. Fare una legge costituzionale sul pareggio di bilancio che senso ha? Che se un governo nel futuro spenderà più di quanto incasserà allora i suoi ministri saranno processati per alto tradimento? Che la Corte Costituzionale bloccherà le finanziarie approvate dal Parlamento trasformandosi in Corte dei Conti e imponendo d’ufficio l’esercizio provvisorio? La risposta più logica è che i nostri governanti non siano solo inetti ed incapaci ma anche dei pagliacci. Se sono costoro a dover rassicurare i mercati, auguri. 

Nicola Melloni


e
un link a un video
qualcuno aveva capito tutto 30 anni prima, altro che libertà d'impresa...



La Madrid che amo (breve guida del cuore)
Di Monica Bedana




(In questo articolo, le parole in grassetto contengono links; le foto si ingrandiscono cliccandole, N.d.A)

-Ti vengo a trovare, atterro a Madrid.
-Ti vengo a prendere e in venti minuti ti faccio conoscere la Madrid di Antonio López,
rispondo sempre io.

Avrei voluto essere tassista a Madrid, per chiacchierare molto con i clienti, come fanno loro, e per vedere sempre la Gran Vía come appena uscita dai pennelli del Canaletto dei nostri giorni. Ogni scusa è buona, un amico che viene a fare un giro, la dama con l'ermellino che decide di alloggiare nel Palazzo Reale, una voglia irresistibile di panino ai calamari al Café de Oriente . Cosa avranno i calamari di Madrid che manco a Venezia dal Vecio Fritoín ...
Son peggio dell'orso che rappresenta la città, aggrappato avidamente al corbezzolo. Voglio sempre tutto o niente, anzi, meglio tutto e subito, vertiginosamente.


Dal Palazzo Reale, il luogo più italiano, più pieno di italiani, barocco all'italiana, un'alternarsi di Juvara, Sacchetti, Giaquinto, Tiepolo, Luca Giordano, Raffaello...più mio di cosí si muore, affacciato sul balcone verde e languido del Campo del Moro.


Da lí alla Madrid degli Austria, immaginando di rincorrere per le sue viuzze l'ispirazione che fu di Quevedo, Lope de Vega e Cervantes, quando le idee, se non bastava la penna si difendevano disinvoltamente a colpi di sciabola. Un gioiello quasi ignorato dal turismo di massa, il Monasterio de las Descalzas Reales, di quando essere badessa qui significava avere infinitamente più potere che la Moratti su Milano.
E la passeggiata quasi al galoppo finisce nella Plaza Mayor, brutta ma significativa, dicono quelli di Salamanca, perché non regge il confronto architettonico con la loro. Poco importa se a un respiro puoi mangiare qualcosa di unico al mondo come le uova fritte di Casa Lucio.


Da lí alla Plaza del Callao il passo è breve; affacci il naso sulla sommità in una giornata ventosa e puoi davvero sentirti come in un quadro di Antonio López.


Inesorabilmente i piedi mi portano verso Cibeles, senza mai trascurare la sosta al Museo del Jamón, un tempio del maiale, tra la Gran Vía e la Calle de Alcalà due dei miei preferiti.

Se non ci fossero le parole e la magia di usarle, non esisterei o vivrei mutilata. Strategicamente situata di fronte all'imponente edificio del Banco de España la sede dell'Instituto Cervantes rappresenta quella piccola, strenua porzione di economia spagnola che non smette di crescere nel mondo intero. E dalle sue finestre sporgono le parole più amate, bullicio, paz, fraternidad. Mi da sempre speranza.

Svolto per il Paseo del Prado ma mi fermo sempre al Thyssen; nel miglio d'oro dell'arte spagnola il Prado va preso col contagocce, il Reina Sofía in gran parte mi sfugge ma nell'intimità ovattata di rosa del Thyssen puoi sognare di spiegare la storia della pittura in mezza giornata anche a un bambino. Guidata dalla mano eterea di Giovanna Tornabuoni. E un altro museo intimo, il Lázaro Galdiano, lontano dall'affollamento ma pericolosamente vicino alla zona commerciale di Madrid, quella Calle Serrano e dintorni che fanno a pezzi le carte di credito. Solo i più virtuosi sapranno accontentarsi  dei marrons glacés e le delicatessen di Mallorca.


Impossibile tornare a casa senza il pane del forno a legna del Mercado de San Miguel; e i formaggi, i salumi, i crostacei, i dolci...che possono viaggiare in pancia se non li si può mettere in valigia.

La Madrid dinamica e profondamente accogliente, che non dorme quasi mai ma che ha spazio per le pause (un caffè al Ritz dopo una passeggiata al Giardino Botanico; un chocolate con churros da Lhardy dopo una pedalata per il Retiro). La Madrid dalla vita culturale intensissima, ma lontana dagli snobismi. Quella bene organizzata, con una delle reti di trasporti migliori al mondo. E, soprattutto, quella della gente con cui puoi parlare per strada.
Su questa Madrid oggi ho deciso che ci metto pure la faccia. E anche le mie spalle nordiche bruciacchiate :-).



Ai lettori che amano Madrid e  a  quelli che verranno a scoprirla. 
Agli amici entusiasti a cui ho maciullato i piedi e  a quelli scettici, affinché si ricredano.
Monica


Sulle tracce del 15-M
Di Monica Bedana

Lo scorso 2 agosto, dopo 79 giorni di tolleranza da parte delle autorità e trascorsi senza incidenti di rilievo, il Ministero degli Interni ed il Comune di Madrid decidevano in una rapida operazione guidata dalla polizia nazionale di sgomberare definitivamente la Puerta del Sol dal manipolo degli ultimi "resistenti" del movimento del 15-M che erano ancora accampati nella piazza.

Il 12 giugno scorso gli indignados avevano deciso in assemblea di togliere le tende e lasciare al loro posto, nel luogo simbolo della protesta, un punto di informazione permanente. Tende, divani, scaffali, utensili di vario genere, ben 4000 libri, l'ingente materiale prodotto durante le assemblee e tutto ciò che aveva garantito loro la sopravvivenza sotto il cielo di Madrid per quasi un mese, veniva affidato dai manifestanti ai centri sociali in attesa di altra collocazione.
Ma non tutti avevano deciso di andarsene ed il Movimento non poteva obbligarli a farlo; una quarantina di persone continuavano a chiedere al Paese con la loro presenza nella piazza più transitata di Madrid di non dimenticare l'essenza della loro protesta.


In queste settimane in cui il mondo sembra stare coi piedi sul bordo di un precipizio e solo dalla protesta di noi cittadini sembra scaturisca un fievole alito di buon senso -rigorosamente inascoltato- nel mezzo della follia di chi non ci governa ma domina i nostri destini, "esserci" diventa un imperativo, almeno per me.
E cosí sabato mattina presto ho pigiato sull'acceleratore molto più del consentito ed in meno di due ore ero a Madrid, sulle tracce del 15-M. Vivo a Salamanca da anni  ma è a Madrid dove mi sento a casa; la mia storia d'amore con la capitale iniziò molto prima di quella che poi mi ha portato sulla meseta. Un colpo di fulmine da pre-adolescente la cui passione non è mai svanita.

Arrivo a Sol dalla Calle del Arenal, in una domenica di agosto insolitamente clemente in quanto a temperatura; è ancora presto, i turisti sono relativamente pochi, i madrileni invece li ho tutti incrociati in autostrada, loro in direzione a Salamanca. Noto la presenza di polizia per la prima volta nei pressi dell'Opera, ma non più di quanta sia necessaria in questa zona del Madrid antiguo dove abbondano i borseggiatori.

Calle del Arenal

La mattina del 2 agosto la quarantina di indignados che stavano ancora dormendo nella piazza son stati svegliati bruscamente da 300 poliziotti antidisturbios (quelli che, normalmente, prima agiscono e poi fanno domande) ed un esercito di spazzini municipali; avevano 5 minuti per levare le tende. Modi più che spicci ma reazioni "tranquille", secondo i protagonisti del Movimento. Il peggio è avvenuto poi durante la serata del 5 agosto, davanti al Ministero degli Interni, dove gli scontri dopo un tentativo di affiggere un cartello di protesta sulla cancellata si son saldati con una ventina di feriti. Nel frattempo, per tutto il pomeriggio, la Puerta del Sol era una fortezza inespugnabile, inaccessibile a qualsiasi libero cittadino.
Eccola la piazza, cosí come mi appare sbucando dalla Calle del Arenal.

La Puerta del Sol, 06/08/11 alle 14.00

E' troppo presto, la polizia c'è, ma si vede poco; è nel tardo pomeriggio che vengono convocate le assemblee del 15-M, un tam-tam veloce che corre sul web via Twitter o sul sito ufficiale Madridtomalaplaza .
Non c'è traccia apparente dello stato d'assedio vissuto appena poche ore prima, del lungo pomeriggio di tensione in cui tutti i bar, ristoranti e negozi che si affacciano sulla piazza si son visti costretti -invitati dalle forze dell'ordine- a buttar fuori i clienti e a chiudere frettolosamente le saracinesche. Il metró, sigillato; dirottati su percorsi alternativi gli autobus urbani; mandata in tilt la circolazione, respinti dalla zona i liberi cittadini di passaggio. Inimmaginabile, per me, Madrid sbarrata, in trincea, inaccessibile; ero lí un day after decisamente peggiore, il peggiore che si possa vivere...ero lí il 12 marzo 2004 e la città non si era ripiegata su sé stessa nemmeno allora.

Ci sono segnali che ai turisti sfuggono, ma che io, che conosco questa ragnatela di strade palmo a palmo, non posso ignorare.
Troppe transenne, ammassate ovunque, fin dalla piazza dell'Opera.
Uomini della sicurezza del metró, discretamente appostati all'ombra dell'uscita, controllano i gruppi di persone più numerosi; c'è stata molta ironia in questi giorni a proposito della loro capacità di riconoscere il "look da indignado", che non si discosta affatto da quello dei turisti accaldati di agosto e nemmeno dal mio.

L'uscita della stazione dei treni a corto raggio nella Puerta del Sol

Basta poi sollevare lo sguardo dai saldi delle vetrine ed appaiono le  pasquinate, ironiche, piene di doppi sensi:


"Il tuo bottino, la mia crisi", "bottino" è anche la traduzione del cognome dell'onnipotente padrone del Banco Santander, Emilio Botín.  "La banca sul banco degli imputati, subito", l'assonanza tra "banca" e "banquillo" è fin troppo limpida.
E quest'altro, su vetro, mi piace particolarmente perché sono golosa:


"Non vogliamo una fetta della torta, vogliamo la fottuta pasticceria". L'importante sarebbe saperla gestire, la pasticceria, e produrre buoni dolci, non limitarsi a rompere le uova.
Devo aver pazienza, la giornata è ancora lunga e l'aria che respiro non è quella della Madrid che io conosco. Esco dalla piazza per la Carrera de San Jeronimo e punto sul Congresso.


Apparentemente, solo i soliti leoni a far la guardia al tempio della democrazia. Ancora troppe transenne, ammonticchiate nelle vie laterali, da dove fanno capolino, discretamente, un paio di furgoni della polizia. Raggiungo il Paseo del Prado, un altro dei luoghi prediletti dal 15M; anche Nettuno fa la siesta indisturbato.
La sede del Banco de España è tranquilla e nella Plaza de Cibeles, davanti al Palazzo delle Comunicazioni, è già disposto il palco che accoglierà il Papa tra una settimana; di questa visita gli indignados contestano l'uso di fondi pubblici per finanziare un atto privato e promettono di movimentare l'incontro.
Decido di tornare alla Puerta del Sol nel tardo pomeriggio.

Palacio de las Comunicaciones, col palco per Benedetto XVI

Alle otto di sera la polizia c'è e si vede, sotto l'edificio della presidenza della Comunità di Madrid, la Casa de Correos. In questi giorni cruciali però il sindaco Gallardón è in vacanza, nessuna dichiarazione, niente agenda pubblica.

La Casa de Correos, Puerta del Sol

Sono poderosamente piantonati anche tutti gli sbocchi alla piazza, quell'ovale su cui ben dieci vie sempre effervescenti, costellate di negozi storici, gallerie commerciali, ristoranti e bar confluiscono come raggi di sole. Il cuore palpitante di Madrid, ormai stracolmo di gente che esce per l'aperitivo serale.


Uno degli slogan di questi giorni era "mucha lechera para poco café", molta latteria per cosí poco caffé, in riferimento al rapporto sproporzionatissimo tra agenti di polizia e gruppi di manifestanti. A cosa è dovuto, questo sabato pomeriggio, un simile spiegamento di forze? 
A questo lillipuziano germe di assemblea, che quando scatto la foto è composto da sei persone e un paio di cartelli distesi a terra, allo sbocco della Calle Preciados, sotto gli occhi di una decina di poliziotti:


Il "gruppo di lavoro sociale", uno dei tanti che compongono il Movimento, si è intrufolato pacificamente in piazza e reclama il diritto a godere degli spazi comunitari e alla libera circolazione di cittadini. Il grande flusso di gente distratta e vacanziera non si accorge di nulla, siamo in cinque o sei a leggere le proposte.  Lí per lí mi sembra una cosa naïf, mi ricorda i cartelloni che si facevano alle medie, ma se sollevo lo sguardo e percorro con gli occhi la piazza mi sento fin troppo protetta, troppe divise in giro.

Due ore dopo il richiamo del web fa il suo dovere e fino a mezzanotte il puntino lillipuziano cresce poco a poco fino a diventare una manifestazione di 5000 persone, come potete vedere QUI.

"In campagna elettorale non saranno né il Psoe né il PP a determinare l'agenda, ma il 15M che ha cose da dire", questo il messaggio che esce chiaro dalla manifestazione. 
Stéphane Hessel dopo la resistenza ha invitato gli indignati all'impegno. Se è vero che otto milioni e mezzo di cittadini spagnoli simpatizzano con la loro protesta è tempo che le pacifiche prese di piazza non siano più un simbolo, che rischia di esaurirsi in un gesto mille volte ripetuto e fine a sé stesso, e prendano la forma dell'idea politica e della dimensione legale, della lotta in eguali condizioni di dignità. Il Sistema ha paura, inizia a sentirsi scomodo: lo dimostrano i mezzi di difesa esagerati che dispiega; è questo il momento di obbligarlo, con l'impegno politico, ad essere un interlocutore da guardare dritto negli occhi e non più da scongiurare in ginocchio di starci a sentire.

Sulla via del ritorno sollevo il piede dall'acceleratore...c'è una luna torbida che mi scorta dalla Sierra di Avila.

Il riassunto fotografico di questi 5 giorni cruciali del 15 M lo potete vedere cliccando QUI.
Le parole in neretto contengono sempre links.