giovedì 12 luglio 2012

Cojonudos!
Di Monica Bedana

Le donne dei minatori spagnoli della "marcia nera" manganellate in una Madrid blindata al loro arrivo nella capitale

(Versión española aquí)


Quando un Presidente del Governo cala le brache davanti al mondo intero, ai cittadini non rimane che tirar fuori gli attributi. E cosí il caso ha voluto che mentre Rajoy balbettava in Parlamento un'infame giustificazione sul perché stia facendo l'esatto contrario di ciò che promise in campagna elettorale (“Noi spagnoli non possiamo scegliere se fare o non fare sacrifici. Non abbiamo questa libertà”) i 200 minatori della "marcia nera" partita dalle Asturie e da León lo scorso 22 giugno giungessero a Madrid e si piazzassero sotto il Ministero dell'Industria a reclamare senza mezzi termini i diritti propri e quelli di tutti i lavoratori. 

A questa gente, coi piedi piagati, coi muscoli pezzi, cotta dal sole dopo una vita passata al buio sotto terra e condannata senza preavviso alla disoccupazione, il Presidente ha detto “abbiamo bisogno che ci prestiate soldi”. La sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato: peccato non ci fossero gli amiconi di Bankia, la banca-giocattolo dell'ex direttore del FMI e di tutto il PP, appostati sotto il Ministero dell'Industria in quel momento. I soldi, per loro, per tappare i loro buchi li sgancia l'Europa e si prende gli interessi non tanto in euro quanto in democrazia: l'unica cosa onesta che ha detto Rajoy è che non siamo liberi. Son state una farsa dunque le elezioni da cui lui è uscito Presidente.

Allenata alla solidarietà, la gente di Madrid ha accolto i minatori a braccia aperte, supplendo cosí la vergogna generata dal rifiuto di occuparsene espresso dalle Istituzioni locali e regionali, governate dai Popolari. Il carbone non sta simpatico a nessuno, inquina, è caro, le tecniche di estrazione sono obsolete ma quando si chiede di pensare ad un piano per riconvertire il settore e ricollocare i lavoratori si diventa automaticamente sovversivi e si ha diritto solo alle bastonate. Le miniere in questo Paese esistono da molto prima di Cristo ma per chiuderle e voltare le spalle a tutte le famiglie che ci vivono da generazioni è bastato un anno ed il 63% in meno delle sovvenzioni.

I minatori della marcia nera e molti cittadini che li hanno appoggiati hanno sperimentato ieri sulla propria pelle quel logoratissimo concetto di sangue, sudore e lacrime che Rajoy stava esprimendo in Parlamento “allo stile di Churchill”, come ha detto qualche demente Popolare privo di senso della Storia e del ridicolo.
Oltre ai minatori del nord ci sono le loro donne, insostituibili e coraggiose organizzatrici della logistica di buona parte della marcia; e ci sono altri compagni che da 45 giorni, per protesta contro i tagli, han deciso di rimanere sotto terra. La loro causa è diventata la causa di quello spagnolo su 4 che, secondo la OCSE, sarà disoccupato nel futuro. La causa di chi ha capito benissimo che il modello spagnolo di crescita, basato sul credito, è fallito, e che mentre il Governo si preoccupa di salvare il culo all'astratta finanza spariscono l'economia reale ed il tessuto produttivo del Paese. Di chi sa che le alternative ci sono ma non hanno a che fare con l'immolazione dello stato sociale. I minatori delle miniere di carbone spagnoli, come i metalmeccanici di Fiom in Italia, simboli di ogni lotta per la dignità. “Orgoglio di tutti noi”, gridava la gente qui al vederli passare, “cojonudos”. Gente con le palle.

P.S.: Leggi anche "Spagna: austerity e manganello", oggi su "The City of London"

Uno dei momenti più emotivi, la marcia notturna

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