martedì 23 aprile 2013

Le strane intese di Napolitano

In un discorso auto-celebrativo e arrogante Napolitano ha accusato i partiti di immobilismo, incapacità, sterilità. Tutto vero, ma ci si potrebbe domandare, da che pulpito? Non ci sono dubbi che i partiti tradizionali siano ormai distaccati dalla realtà e che non sappiano rappresentare gli umori, le aspirazioni, le ansie e le preoccupazione degli italiani. Ma Napolitano non è calato da Marte, ha fatto parte di questo sistema ed ha anzi contribuito in maniera decisiva al suo collasso. La stella polare del suo primo mandato è stata la cosiddetta governabilità ed il rispetto degli impegni internazionali. Ma la democrazia non è mai stata presa in considerazione. Napolitano ha salvato Berlusconi una prima volta con una manovra di palazzo atta a prendere tempo. Poi davanti al fallimento politico del centrodestra ha legato mani e piedi al Parlamento impedendo il voto e organizzando un governo-pasticcio in cui tutti erano dentro mentre era la UE a dettare i programmi. Uno schiaffo in faccia all'elettorato, ripetuto millanta volte nei mesi successivi, con lo scherno dimostrato per i grillini, con le elezioni messe sub-judice dal Presidente che garantiva gli impegni presi al di là del parere dell'elettorato. E poi coi saggi, con gli appelli alla grande coalizione, etc etc...
E naturalmente, nel discorso di ieri ha nuovamente parlato di alleanze, ricordando come non ci sia nulla di male nel trovare intese e compromessi tra diverse forze politiche. E chi ne dubita? Il punto è con chi trovarle, queste intese. E soprattutto per fare cosa? Un conto è una intesa tra il PD e il M5S, che potrebbe concretizzarsi in concreti tagli agli sprechi, in maggior moralità pubblica, in una vera legge anti-corruzione, magari anche in un salario minimo di cittadinanza, ed in un minor potere delle lobby di affaristi che assediano la politica italiana. Tutt'altro discorso è cercare il dialogo con Berlusconi. In 20 anni di protagonismo politico, Berlusconi si è quasi solo occupato dei propri interessi - dalle leggi ad personam al conflitto di interessi - ed ha comunque dimostrato zero senso dello Stato, massimizzando solo i propri consensi elettorali, attirando in trappole prima D'Alema, poi Veltroni, poi Bersani. Solo nel suo esclusivo interesse. Quale possono essere le basi di tale compromesso, di tale alleanza?
A fine anni 70 ci fu una convergenza tra PCI e DC sulla base di equilibri politici che si speravano migliori: due grandi partiti popolari, portatori di interessi diversi ma a volte convergenti, in una situazione di democrazia bloccata. E le basi teoriche di questa alleanza si ebbero facendo un parallelo con la situazione cilena, con la possibilità che anche in Italia le forze della reazione avrebbero potuto spazzare via la democrazia. Nel 46 DC e PCI governarono brevemente insieme, c'era da ricostruire l'Italia post-fascista e le forze democratiche collaborarono per darsi una nuova Costituzione.
Ora non c'è nulla di tutto questo. Gi equilibri politici dati da una alleanza con la destra sono, nel migliore dei casi, regressivi. Sono due partiti in crisi - e non all'apice del loro successo, come nel 76 - incapaci di proporre formule politiche innovative, rinchiusi nel Palazzo, ed ora nel governo, solo per sopravvivere.
Il tutto mentre la crisi sta avanzando e richiede risposte radicali ed una nuova rappresentanza sociale degli emarginati, dei disoccupati, dei poveri, degli studenti. Una società in subbuglio ed un Palazzo chiuso in se stesso. Con la benedizione di Napolitano.

Vuoti a Sinistra, punti esclamativi e smarrimento
Di Simone Rossi 

Con buona pace delle anime belle, dei giovani vecchi che non sapendo leggere la propria storia commettono azzardi sul presente, il Partito Democratico ha mostrato per l'ennesima volta la propria natura di organizzazione che ha come scopo principale il potere, che nella sua lunga ed agognata rincorsa al centro è scivolato a destra. Non ho mai condiviso le ragioni che hanno portato il PCI a continue mutazioni verso il campo moderato, raccogliendo nel suo cammino pezzi dell'arco costituzionale polverizzato da Tangentopoli; per tale motivo non mi preoccupa tanto il destino di quel partito, quanto quello della sinistra italiana, frammentatasi in decine di sigle ed ormai insignificante a livello istituzionale.

Secondo molti, commentatori del bar sport o ottimi analisti, il PD ha decretato la propria morte con la farsesca vicenda dell'elezione del Presidente della Repubblica, con le lotte intestine al PD, il desiderio di fare un dispetto al M5S, di fatto alienando una parte del elettorato, ed infine la scelta di sostenere un candidato "condivisi" con il PDL. Se così fosse, o se comunque questa vicenda avesse definitivamente messo nel cestino la vocazione maggioritaria di quel partito, si aprirebbe un vuoto a sinistra che potrebbe essere colmato al di fuori delle logiche del bipolarismo in cui si è tentato di imbrigliare la vita istituzionale italiana dal 1993 alle ultime elezioni. Il dubbio che mi sorge è se ci sia la volontà di colmare questo vuoto con una proposta politica alternativa alle tre coalizioni attualmente rappresentate in Parlamento ed al M5S? Se l'unità da molti predicata e da pochi attuata sia possibile, innanzitutto tra comunisti, oltre la retorica degli slogan unitari con punti esclamativi o il settarismo di chi vuole mostrare di essere più puro degli altri (il che ricorda le gare a chi ce l'ha più lungo negli spogliatoi maschili all'ora di educazione fisica)? A giudicare dalla mole di comunicati, appelli e disfide che si incontrano in rete, la sinistra italiana, ancora di più i comunisti, non ha imparato la lezione e lascia il campo della critica e del dissenso al M5S. Riusciranno i nostri eroi a perdere anche questa occasione? Moriremo grillini?