Pubblichiamo l'intervista fatta a Marco Revelli da Micromega. Continuiamo dunque ad informare sulle scelte di diversi esponenti della politica, della cultura, e del mondo del lavoro. Per dare ai nostri lettori possibilità di riflessione sui pro e i contro di alcune decisioni e sul voto del 24-25 Febbraio.
“Alla fine voterò Rivoluzione Civile. Spero superi il quorum del 4 per
cento, sarebbe grave una tale dispersione, e che elegga alla Camera 20
esponenti di cui 10 significativi di un impegno sociale. Persone che non
appartengono al ceto dei professionisti della politica”. Il sociologo
Marco Revelli ha pochi dubbi su chi sosterrà il 24 e 25 febbraio ma,
nello stesso momento, è consapevole che la lista di Ingroia “è
un’occasione persa per parlare ad un pubblico più ampio del recinto
della sinistra radicale, non è all’altezza della sfida e non rappresenta
quella nuova politica di cui ci sarebbe bisogno”.
Lei è stato tra i promotori dell’appello di “Cambiare si può”. Che progetto avevate in testa?
Siamo
partiti da un semplice appello che chiedeva discontinuità in contenuti e
metodo. Dopo un ventennio di berlusconismo e un centrosinistra incapace
di fare opposizione, partivamo dalla sensazione del fallimento della
politica italiana. In tal senso la vicenda Monti, nel novembre 2011, è
stata emblematica: la politica si è messa da parte per far largo ai
tecnici. Il Parlamento si è spogliato delle sue funzioni, Napolitano ha
assunto il ruolo di un sovrano, il potere politico si è suicidato, in
soldoni abbiamo assistito ad un’eutanasia istituzionale. Volevamo
ripartire da qui, provare a ricostruire un rapporto tra la società e le
istituzioni, tra rappresentanti e rappresentati, in una fase di
decadenza del sistema partitico. Qualcosa di nuovo, nato dal basso,
dalla cosiddetta società civile, per parlare a tutti, non solo alla
sinistra-sinistra. Esiste una parte amplissima di elettorato
disorientato, spaventato e disgustato a cui pensavamo poter dare
un’alternativa non solo di programmi ma di metodo: nuovi criteri di
selezione dei candidati e ferrea separazione tra politica e denaro. Le
stesse primarie del centrosinistra sono state più un’operazione di
marketing che una reale riconquista della fiducia dei cittadini. Noi –
col nostro appello – siamo riusciti a mobilitare, per parafrasare Hannah
Arendt ho visto “felicità pubblica”. Il piacere di molti di partecipare
ad un’impresa comune.
Ma un certo punto, come “Cambiare
si può”, vi siete relazionati con Antonio Ingroia ed è naufragato tutto
nel momento della composizione delle liste. Hanno vinto le logiche di
partito? Ingroia l’ha delusa?
Ho massima stima per la
sua persona: come magistrato non si discute. E anche la
personalizzazione della lista è più subita che voluta da Ingroia stesso.
Come altri avrei preferito un gruppo, una gestione collegiale in base
alle rispettive competenze: penso ad esempio a personalità come Gallino,
il quale non ha mai nascosto la necessità di occuparsi in primis delle
istanze sociali. O alle grandi personalità esperte di beni comuni e
all’attenzione dei territori. Noi ad un certo punto abbiamo fallito per
nostra inadeguatezza e ingenuità: abbiamo sottovalutato il peso degli
apparati e i richiami identitari di partiti, seppur piccoli. Oltre al
non presentare i propri simboli avremmo gradito un passo indietro dei
loro leader, non è stato possibile. Non sono contro i professionisti
della politica né per lo scontro tra partiti e società civile, credo
debbano camminare insieme ma ritengo – in questa fase – un errore non
aver dato peso alle personalità impegnate nel sociale, la politica
tradizionale doveva fare un passo indietro.
Quindi
malgrado non sia la “sua” lista, comunque voterà Rivoluzione Civile.
Alcuni dentro “Cambiare si può” non la pensano così, come Gallino che ha
espresso proprio su MicroMega preferenza per Sel. Non avete fatto una
discussione interna e preso una posizione comune?Chiuso
il percorso di “Cambiare si può” ognuno ha preso la sua scelta. Mi
sforzo di praticare stili diversi della politica consueta, evitando
schemi autoreferenziali e risse a sinistra, non mi scandalizza Gallino
che vota Sel, per l’attenzione al programma economico e tra l’altro a
Torino ha come candidato Giorgio Airaudo della Fiom. Personalmente,
ritengo quella di Vendola una scelta suicida: Sel doveva stare nell’area
di ricostruzione di un’alternativa, è diventata invece un’appendice del
Pd siglando e sottoscrivendo la Carta d’Intenti. Temo nel Parlamento si
troverà in grandissima difficoltà, soprattutto nel nuovo Senato
chiamato a prendere decisioni terribili e con l’asse Monti-Pd che sarà
il baricentro di tutto.
Voterà Rivoluzione Civile anche al Senato? Non crede sia giusto un “voto utile” per arginare un Berlusconi in rimonta?
Non
sottovaluto il pericolo ed ho il terrore di B. e del suo meccanismo
distruttivo. Un avventuriero spregiudicato che con il solo annuncio
sull’Imu – “sparata” che gli serve per guadagnare un punto percentuale
nei consensi – costa una quarantina di punti di spread, ovvero 4-5
milioni di euro di interessi sul debito pubblico che dovremmo pagare noi
cittadini. Quindi, siamo chiaramente davanti alla follia di un uomo.
Con la gente che lo appoggia ancora malgrado i disastri e i fallimenti
commessi in passato. Pur avendo paura del Cavaliere trovo sbagliato il
concetto del voto utile: un concetto offensivo e antidemocratico. Al
contrario, bisognerebbe tessere l’elogio del voto inutile: atto di piena
libertà. E comunque in soldoni lo scenario sarà alla Camera maggioranza
del centrosinistra e al Senato una convergenza tra Pd e Monti.
Ultima
domanda. Fine 2011, Lei – preoccupato dal default – ritiene Monti un
male necessario per risollevare le sorti del Paese. Parla di “baciare il
rospo”. Si è pentito?Assolutamente no. Non si poteva
andare al voto e Monti rappresentava l’unica soluzione possibile per
riorganizzare le forze in campo: avevamo tanto tempo per dare alle
sinistre la possibilità di costruire un’alternativa. Invece si è deciso o
la sottomissione ai tecnici o le guerre fratricide. Il Monti politico,
di ora, che avanza con l’idea di una democrazia cristiana
post-tecnocratica mi piace ancora meno del semplice tecnico.
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