domenica 10 febbraio 2013

Ruotolo ha le mani pulite: non le stringe ai neofascisti

Un vero antifascista. Mica poco, di questi tempi! Riportiamo un estratto di una intervista a Sandro Ruotolo, candidato di RC alla Regione Lazio.


Alla Tribuna elettorale RAI di ieri, cui ha preso parte con gli altri 11 candidati alla presidenza, sono seguite un po’ di polemiche. Ci può spiegare cos’è successo?
Il candidato di CasaPaound voleva farsi una fotografia con me mentre mi stringeva la mano. Non è accettabile: non siamo in gita scolastica dove ci facciamo la foto di gruppo. Lei sa bene che un esponente di CasaPound ha insultato Nichi Vendola. Li considero dei fascisti, e non conoscevo questo signore che rappresenta secondo me un pericolo perché quello che è successo a Nichi Vendola succede a tante persone a Roma. Basti pensare alle scritte omofobe davanti al liceo: è una cultura che io combatto. Io sono per la tolleranza. Io sono gay, nel senso che esprimo la mia solidarietà a tutti gli omosessuali. Sono per il registro delle unioni civili. Insomma, ho dei valori completamente diversi rispetto a questi signori, per cui non posso, non voglio, stringere loro la mano.

(da: www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2013/2/10/31098-ruotolo-non-stringo-la-mano-ai-fascisti-e-zingaretti-scelga)




Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

Al voto al voto - 7


"Dall'inizio della campagna per le imminenti elezioni legislative, il PD, un partito a corto di idee e con nell'armadio vari scheletri tra cui il sostegno incondizionato al governo Monti, ha risuscitato lo slogan del voto utile per erodere consensi a Rivoluzione Civile, evidentemente considerato un antagonista più di quanto non lo siano il Centro di Monti o la Destra di Berlusconi, a proposito del cui voto non si parla mai di inutilità. Tralasciando commenti sul grigiore di un partito che ricicla slogan tanto vecchi quanto vuoti, è interessante evidenziare come il partito supposto democratico mostri disprezzo verso il voto come strumento di partecipazione e di rappresentanza democratica; il diritto di ogni cittadino a scegliere chi lo rappresenti nelle istituzioni, il pluralismo delle idee e delle proposte da esso discendente, sono evidentemente per il PD fastidi, dal momento che l'unica proposta politica utile, quindi degna di esser presa in considerazione, è la loro. In un paese meno conformista e prono al potere di turno, un simile atteggiamento, neanche tanto velatamente autoritario, costerebbe caro.

Con ciò premesso che il mio voto non andrà al PD e, conseguentemente, ai suoi alleati minori cui democraticamente saranno imposte scelte e politiche antipopolari e dal sapore neoliberista, affiderò alla lista Rivoluzione Civile il compito di rappresentare me e le mie idee nella prossima legislatura, esercitando liberamente e democraticamente un diritto conquistato con il sangue di milioni di persone nel 1945. A dispetto delle critiche secondo cui RC sarebbe un cartello elettorale, arrangiato all'ultimo momento per opportunismo elettorale, questa lista è il naturale proseguimento di anni di lotte per i beni comuni, contro le privatizzazioni ed un modello di sviluppo voracemente distruttivo, di cui il PD si erge a campione insieme ai reazionari ed ai conservatori; lotte in cui i partiti ed i movimenti confluiti in RC hanno fatto parte, talvolta in maniera preponderante. Sono queste le forze che nel 2011 promossero i referendum e contribuirono al loro buon esito, mente il PD manteneva un profile defilato, dopo una prima opposizione, salvo poi attribuirsene il merito a cose fatte. Sono queste le forze che hanno promosso ed ottenuto la vittoria di persone alternative alla nomenclatura democratica alla guida di importanti città come Milano, Genova e Cagliari e che hanno volute rompere i giochi e potere a Napoli e Palermo, portando una ventata di rinnovamento. Sono queste forze che non si sono unite al coro di lodi all'avvento di Monti ed al presunto senso di responsabilità verso l'Esecutivo e le istituzioni finanziarie hanno preferito quello verso i cittadini.

Perché in molte di quelle battaglie ho creduto, perché non mi piego al diktat delle banche, degli istituti di speculazione finanziaria, dei loro lacchè, perché desidero superare un modello basto sul profitto e sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e costruirne uno centrato sul cittadino, sui suoi bisogni, sul suo diritto ad una felicità che non si riduca ad accumulo di ricchezza, sulla giustizia sociale, il mio voto non può che andare ad RC."

Simone - Londra


Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

Obama attacca S&P's. E poi?

di Nicola Melloni
da Liberazione

La mossa è stata sicuramente ad effetto. Il governo degli Stati Uniti cita in giudizio nientemeno che la regina delle società di rating Standard&Poor’s. L’accusa è gravissima, aver causato la crisi finanziaria sovrastimando volutamente il giudizio su quelle obbligazioni tossiche che fecero saltare per aria il sistema finanziario nel 2007-08. E per questo viene chiesto un risarcimento di ben 5 miliardi di dollari.
Mica male. Obama inizia il secondo mandato con grinta e decide di mettere Wall Street sotto accusa. Ma è veramente così? La mossa ha un sapore vagamente propagandistico ed anche un po’ vendicativo, in quanto S&P's era l’agenzia di rating che aveva declassato il debito americano. Le altre due grandi agenzie, che sono altrettanto invischiate nella crisi dei subprime, Moody’s e Fitch, al momento non sono state toccate. Questo, sia chiaro, non vuol dire che la decisione di Obama di muovere guerra a S&P's sia sbagliata, anche se non sarà facile provare che ci fu dolo nelle azioni delle agenzie di rating. Ma questa causa legale, per essere veramente significativa, deve essere solo un primo passo in una strategia ben più ampia. Sarebbe infatti abbastanza inutile ed addirittura dannoso fare di S&P's un capro espiatorio. Vorrebbe dire non aver compreso bene la dinamica della crisi, né aver capito a pieno gli errori, che non sono certo stati solo di S&P’s. Anzi.
Le agenzie di rating hanno sempre avuto un gigantesco problema di conflitto di interessi, vengono pagate dalle compagnie su cui emettono le loro valutazioni, e questa, fondamentalmente, è la base per le accuse mosse dalla Casa Bianca a S&P’s. Ma la regolazione di questi conflitti di interesse deve essere fatta dalla politica e dagli organi di sorveglianza. Perché non è stato fatto? Questo conflitto di interessi genera, per la sua stessa natura, un sistema di incentivi che rischia di drogare il mercato. Non c’era bisogno della crisi per saperlo e dunque le autorità americane dovrebbero risponderne almeno quanto le agenzie di rating, che sono state lasciate libere di fare il bello e il cattivo tempo sui mercati finanziari. Si potrebbe dire: vero, ma meglio tardi che mai. Obama si è reso conto del problema e, con l’azione contro S&P’s manda un segnale chiaro e limpido a quel sistema: non saranno più tollerate operazioni e valutazioni meno che trasparenti. Ma non è certo questo il modo di portare avanti una azione politica. La causa avrebbe avuto molto più senso se fosse stata accompagnata da una riforma istituzionale che impedisse, a monte, il ripetersi di queste azioni. Ma nulla di lontanamente significativo in questo senso è stato fatto. Le agenzie di rating, nel 2013, hanno ancora lo stesso potere che avevano nel 2007 e non si può certo regolare un tema così complesso a forza di cause.
Se si volesse davvero prendere il toro per le corna bisognerebbe discutere della stessa esistenza delle agenzie di rating, istituzioni private che hanno però un ruolo pubblico, cioè quello di supervisione dei mercati finanziari. Non dimentichiamo che per molti investitori istituzionali il giudizio delle agenzie di rating non è semplicemente una guida per orientarsi all’interno del complicato mondo dei prodotti finanziari: questi investitori sono obbligati a seguire le indicazioni che provengono da S&P’s e dalle altre agenzie. Lasciare in mano ai privati una funzione così essenziale è di per sé assurdo, a meno che ancora non si creda alla bella favoletta dell’autoregolamentazione dei mercati.
Anche facendo questo saremmo solo all’inizio. La regolamentazione dei derivati e dei mercati Otc non è stata fatta e viene tuttora osteggiata da larga parte dell’establishment, compreso quello democratico. La nomina del nuovo Segretario al Tesoro, Lew, non è un segnale incoraggiante in questo senso. E le grandi banche di Wall Street, intanto, si sono rafforzate, diventando ancora più grandi (e quindi too big to fail) di quanto fossero un lustro fa.
Insomma, Obama ha schierato i cannoni contro S&P’s (e che qualcuno cominci a pagare per i propri sbagli è positivo), ma non sembra esserci nessuna guerra contro Wall Street. Almeno per ora.

Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete