venerdì 15 luglio 2011

PARALLELISMI
Di Monica Bedana

La Spagna e l'Italia nelle ultime settimane si sono tristemente rincorse sui mercati, sul baratro del tracollo economico. Due Paesi che, per certi versi, percorrono una traiettoria apparentemente parallela: un governo agli sgoccioli, un leader ormai invisibile, spazzato via dall'incapacità di dare risposte accettabili all'emergenza; un'opposizione che approfitterà del crepuscolo per farsi avanti, anch'essa senza idee e senza meriti per prendere il timone nel mezzo della tempesta.
E mentre la stretta economica livella la democrazia verso il basso, togliendole la capacità di decidere del proprio futuro, è nel terreno dei diritti civili, delle conquiste sociali e della loro strenua difesa dove ci si aspetta che una democrazia cresca, non si atrofizzi. Ed è in questo campo che tra i due Paesi si apre una voragine.

Curiosamente, mentre l'Italia approva una legge sul testamento biologico che volta le spalle alla volontà del paziente, la Spagna, che sul diritto ad un finale dignitoso della vita aveva già legiferato nel 2002 (governo Aznar, n.d.r.) consentendo totale autonomia al malato, sente ora la necessità di chiarire ulteriormente i diritti già esistenti in questo ambito. La nuova legge spagnola che “regola i diritti della persona nella fase finale della vita” affianca e rafforza la strategia nazionale per le cure palliative -che funziona da anni- e garantisce semplicemente le buone pratiche cliniche, anteponendo le decisioni e credenze del paziente a quelle del medico e dello Stato. Si evita cosí l'eventuale insicurezza giuridica a cui potevano sentirsi esposti i medici, che tradotto in termini pratici significa impedire l'obiezione di coscienza, quel fenomeno che in Italia impedisce oltre il 70% delle interruzioni volontarie di gravidanze nelle strutture pubbliche, per esempio.

E la società spagnola, travagliata anche più di quella italiana dalla crisi internazionale dei mercati, non perde tuttavia la sensibilità ad un maturo dibattito sulle questioni sociali di tale rilievo; un 45% della popolazione vorrebbe per sé una “morte confortevole”, magari in casa, con quell'intimità, rispetto della dignità umana e giusto supporto terapeutico che questa legge mira a garantire.
Intimità, laddove in Italia, per lo stesso diritto all'autonomia della persona, si è costretti ad intraprendere lunghissime battaglie legali sotto gli occhi di tutti, con i riflettori costantemente puntati addosso, in una lotta titanica del singolo contro gran parte delle Istituzioni.

Ed è impossibile non cogliere, in questa determinazione di Zapatero di attuare fino in fondo il suo ciclo di grandi riforme sociali, l'ennesima rivendicazione della laicità dello Stato di fronte alle pressioni della chiesa cattolica. In un Paese storicamente vertebrato sull'unione dei poteri dei cattolicissimi re Ferdinando ed Isabella e con l'eco ancora udibile di 40 anni di dittatura franchista benedetta dalla Chiesa, non si può non invidiare la forza della rivoluzione culturale che in meno di 10 anni ha portato a cambiare completamente il volto di questa società.

La legge per la ricerca sulle cellule staminali, quella contro la violenza sulle donne, il matrimonio omosessuale, il divorzio rapido, la legge per l'uguaglianza, per ampliare il diritto all'aborto e quest'ultima per i diritti della persona nella fase finale della vita rappresentano una coraggiosa “stagione dei diritti civili” che potrebbe essere rapportata a quella italiana negli anni compresi tra il '68 ed il '78. Non furono sicuramente anni meno cruciali di questi che ci tocca vivere e la classe politica nemmeno allora scommetteva sul grado di preparazione della società italiana. Ciò che sembra mancare ora è quello spirito rivoluzionario che con clamore obbligò le istituzioni ad uscire dalla paralisi.

Fantasmi della realtà e potere dei banchieri

Un articolo di Ida Magli segnalatoci da Genny; lo potete leggere cliccando QUI.