Il Governo spagnolo sta congelando tutto: il salario minimo professionale, quello di funzionari publici. Ciò che non congela, lo taglia direttamente, come si fa in inverno con i rami secchi: educazione, sanità, ricerca, sovvenzioni ai sindacati ed alle organizzazioni impresariali, alla tivù pubblica (condannandola a morte certa). Ma non disperiamo, che ci sono anche cose che aumentano: le pensioni , rivalorizzate di un generoso 1% (poco più di 8 euro di media) che verrà automaticamente fagocitato dall'aumento dell'IRPF e dell'IBI, l'imposta sugli immobili. Assurda gabella anche sui redditi da risparmio, che oscilla tra il 2% per i risparmi fino a 6000 euro e del 6% per quelli superiori a 24.000.
Il tutto avviene in un gelido silenzio, senza clamore, senza scalpore ed in perfetta e dichiarata sintonia con Berlino. La giustificazione è che è meglio fare da soli ciò che prima o poi ci esigerà l'Europa. E per quanto qualcuno, a forza di dài, mi abbia convinta dell'irrazionalità dei mercati, personalmente individuo delle caratteristiche, nella discrezione quasi massonica dello stile spagnolo di Rajoy, che da settimane piacciono al differenziale e proteggono il Paese dai temporali finanziari all'italiana.
La prima è senz'altro che un governo uscito dalle urne gode, implicitamente, del beneplacito dei cittadini per applicare qualsiasi riforma. La transizione tra governo del Psoe e governo del PP, poi, è avvenuta senza smagliature, in assoluta (e vergognosa) connivenza. Inoltre, anche la Spagna ricevette in agosto una lettera dalla BCE e dal Governatore del Banco de España che conteneva le stesse, secche ed inequivocabili direttive di quella ricevuta e subito resa pubblica in Italia. Zapatero decise di tenerla nascosta, Rajoy ne reclamó la pubblicazione solo per un breve momento; poi, consapevole che dalla pubblicazione di un documento che assoggetta la sovranità nazionale all'imposizione europea non avrebbe tratto beneficio elettorale, tacque. Ora siamo rimasti in pochi ad esigere che i cittadini finalmente siano informati.
A questo si aggiunge che la Spagna inserí immediatamente in estate la "regola d'oro" sul debito pubblico nella Costituzione e quando fu il momento di andare a votare gli elettori se n'erano già dimenticati.
Le riforme di questi giorni sono state annunciate con scarna sobrietà, senza lacrime di ministre che fanno il giro del mondo, senza che il presidente del Governo vada in televisione a giustificarsi nella trasmissione sbagliata. E il ministro dell'economia, anche qui col suo bel carico di conflitti d'interesse, non ha per ambasciatore pubblico un sottosegretario come Polillo, totalmente superficiale nella sua insultante impreparazione di tecnico. O di politico.
Il freddo siderale in sintonia con la stagione, la misura nel comportamento e nell'applicazione delle "misure" tengono momentaneamente al riparo la Spagna da sussulti finanziari.
La notte del 31 dicembre la Puerta del Sol era come sempre gremita di gente che aspettava i rintocchi di mezzanotte sotto il celebre orologio. Di allegria ce n'era poca. Quel che si attende con impazienza è che gli indignados tornino con forza ad occupare il loro posto. E a rompere finalmente il ghiaccio.
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