lunedì 30 maggio 2011

CARTOLINA DA SAN PEDRO SULA, HONDURAS
di Monica Bedana


Sono reduce da un viaggio in Honduras, ma non quello delle spiagge vacanziere. Ho conosciuto quello del 65% di poveri su circa 8 milioni di abitanti; quello col 28% di disoccupazione, il quarto paese più povero di tutta l'America Latina; quello la cui ricchezza totale si concentra nelle mani di dieci o dodici famiglie. E dire che il dipartimento di Cortés, dove si trova San Pedro Sula, una delle città più grandi del Paese, è il più industrializzato; ciò non mi ha impedito di vedere come sopravvive malamente la gente in città e come patisce severamente anche solo un villaggio più in là.

L'Honduras è di attualità in questi giorni per il ritorno al potere del presidente Zelaya, buttato fuori in pigiama dal suo letto e dal Paese due anni fa con un colpo di Stato di matrice militare ma appoggiato da tutte le Istituzioni del Paese, che consideravano illegale il referendum che Zelaya stava preparando per mantenersi nel potere più a lungo di quanto consentisse il verdetto delle urne.
Oggi torna in Honduras dopo una lunga trattativa tra il Presidente in carica, Porfirio Lobo -eletto in questi due anni- i Ministri degli Esteri di Venezuela e Colombia ed il segretario generale della OEA, l'organizzazione degli Stati Americani da cui l'Honduras fu espulso proprio per l'incostituzionalità del referendum voluto da Zelaya. E torna con l'approvazione della comunità internazionale, Stati Uniti compresi.

“Zelaya torna per mettersi a capo della Sinistra”, questo il titolo più ricorrente sui giornali in questi gioeni. Una Sinistra strana, in cui spicca sempre la figura di Hugo Chávez, il fondatore di ALBA, quell' Alternativa Bolivariana para las Américas che sotto l'influsso di Fidel Castro e con la collaborazione degli autoctoni boliviani e del Nicaragua sandinista, aspira a contrastare i trattati di libero commercio per l'America Latina promossi dagli Stati Uniti, come ALCA e TLC.
Oltre ad ALBA, Zelaya aderí anche a Petrocaribe, il trattato con cui il Venezuela esporta petrolio a prezzi stracciati ad alcuni paesi del Caribe; se ne potrebbe elogiare lo spirito caritativo se non fosse perché, a cambio del petrolio, Chávez a suo tempo pretese da Zelaya che le FARC fossero depennate dalla lista dei gruppi considerati terroristi in Honduras. Una richiesta come un'altra.

Questo ritorno riserverà senz'altro molte altre sorprese. I trattati con il Venezuela furono sospesi nei due anni di governo di Micheletti e Lobo e Chávez pretenderà di tornare a calcare le scene come gli si addice; al tempo stesso però Zelaya ha già chiesto che l'Honduras sia riammesso in quell'OEA un tempo da lui disprezzata. Oltre un milione di cittadini dell'Honduras vive negli Stati Uniti e sono le loro rimesse verso il Paese a dare una mano sostanziale a tanta gente che muore di fame; una mano che non può più essere morsa.
Nel frattempo il narcotraffico messicano dilaga nel Paese attraverso il corridoio di Copán (il cartel di Sinaloa opera indisturbato grazie alla voluta miopia -a volte aperta collaborazione- della polizia; le guerre per il controllo del territorio sono sanguinosissime) e l'estrema insicurezza si aggiunge beffardamente all'estrema povertà.

A San Pedro Sula è impossibile muoversi a piedi, anche solo per brevissimi tratti (soprattutto per chi ha un aspetto decisamente gringo come il mio) e se lo si fa in macchina nessuno ci garantisce di arrivare sani e salvi a destinazione, perchéti ripetono continuamente che è sempre raccomandabile contrattare guardie del corpo ben armate per qualsiasi spostamento.
In alcuni locali sulla porta è appeso un cartello che dice “Per la sua sicurezza la preghiamo di entrare disarmato”; e uno rimane di ghiaccio nonostante i 43º di temperatura, quando vede che a farti accomodare è un tipo armato di machete.