di Nicola Melloni
da Ombre Rosse [16]
Il premio Nobel per la pace dato all’Unione Europea ha scatenato
molte reazioni, alcune di incredulità, altre di aperta ilarità,
soprattutto su diversi media inglesi. Ma anche non considerando lo
sciovinismo britannico o i crescenti sentimenti nazionalisti di molte
fazioni politiche, in tutta Europa questo riconoscimento lascia molti
dubbi ed apre alcuni inquietanti interrogativi, a cominciare dai criteri
addottati per l’assegnazione del premio e dallo stesso significato di
pace.Che il Nobel fosse un artefatto politico e
propagandistico già lo si sapeva. Nel Dicembre 1973 il premio fu
assegnato ad Henry Kissinger, a soli due mesi dal golpe cileno
sponsorizzato dalla Cia e nel mezzo dei bombardamenti della Cambogia.
Due episodi in cui Kissinger fu indiscusso protagonista, ma che venivano
cancellati, agli occhi della giuria, dagli accordi di pace firmati col
Vietnam. Sarà….
Il caso del Nobel di quest’anno è assai diverso.
Certo la Ue non ha sulle spalle vergognosi crimini e sponsorizzazioni
di regimi dittatoriali. Ma che sia protagonista del processo di pace
pare, in questo momento, francamente ridicolo. Non ci sono dubbi che il
ruolo storico dell’Europa unita sia stato di grande portata. Dopo secoli
di conflitti e soprattutto dopo due Guerre Mondiali, il tentativo di
unire gli stati dell’Europa occidentale, prima solo economicamente, poi –
in maniera fallimentare – militarmente, ed, infine, politicamente era
la risposta dei governi allo shock provocato dal fascismo e nazismo (e
naturalmente alla ingombrante presenza sovietica dall’altra parte della
Cortina di Ferro). Nell’89 poi, con la fine dei regimi socialisti,
l’Europa rappresentò una potentissima calamita per i popoli dell’Est e
la speranza di un continente finalmente unito e senza muri.
Ma fu
proprio negli anni 90 che l’Europa perse la sua anima. Il disastro dello
Sme (il serpente monetario europeo) portò ad una rafforzata
integrazione economica ed alla nascita dell’euro. Ma in piena sbornia
neo-liberale si pensò solamente alla moneta, come se bastasse il mercato
unico a creare dei nuovi cittadini. In realtà gli Stati membri
cominciarono a cedere consistenti porzioni di sovranità che di fatto
diminuirono in maniera consistente i diritti democratici dei popoli
europei – governi sempre meno importanti, politica monetaria affidata
alla Bce con l’unico scopo di aiutare il funzionamento dei mercati e
senza nessun obiettivo sociale.
Era la ricetta perfetta per il
disastro. La Ue tradiva le sue origini perché negava il suo tratto
caratteristico, la sua specificità storica. L’idea di Europa come unione
che pacificasse il continente andava, negli anni 50 e 60, di pari passo
con la costruzione dello stato sociale con i freni messi al mercato e
al capitalismo selvaggio, da molti allora visto come generatore di
crisi, instabilità ed eventualmente guerra. Quella parte fondamentale
era cancellata dalla nuova Ue che imbracciava un disegno iper-mercatista
fondamentalmente anti-democratico. E le contraddizioni di quel progetto
non hanno mancato a farsi sentire, con l’euro sotto pressione, con i
Piigs in ginocchio, con le democrazie sotto controllo. Soldi in cambio
di condizioni, di tagli, di licenziamenti, di povertà. Parlamenti
esautorati con la proposta che la Ue ora abbia il potere di veto sulle
leggi finanziarie di ogni paese. Ma senza un vero Parlamento europeo che
rispetti la volontà popolare, senza un vero governo europeo, eletto,
con veri poteri, che debba rispondere delle sue azioni ai cittadini.
Non
è certo questa l’Europa della pace. Questa è l’Europa usata per
giustificare politiche reazionarie e anti-sociali. Questa è l’Europa
contro cui manifestano centinaia di migliaia di persone ad Atene,
Madrid, Lisbona, ma anche a Roma e Parigi. Questa è l’Europa che il
non-ancora Primo Ministro Mario Monti bollava come podestà straniero che
metteva sotto sequestro la democrazia in Italia. Questa è l’Europa in
cui i sentimenti anti-tedeschi cominciano a gonfiarsi in tutta l’area
mediterranea, mentre i governi del Nord trattano gli altri paesi come
colonie riottose. L’Europa dell’egoismo, della mancanza di solidarietà,
di forti ed inquietanti venti nazionalisti che negano il principio della
comune cittadinanza. Difficile, se non impossibile, riconciliare questa
Europa con l’idea di pace che non può certo essere ridotta ad un mero
accordo diplomatico.
Ad Oslo dovrebbero conoscere meglio la storia,
dovrebbero sapere che la diplomazia senza veri contenuti non può
esistere. Pace e crisi sono due termini antitetici. Pace e povertà non
possono coesistere. Non c’è pace senza democrazia. E se la prima idea di
Europa era quella di unirsi per sconfiggere i nazionalismi che avevano
provocato le guerra, questa Ue sta andando nella direzione esattamente
opposta. L’idea d’Europa merita il nobel. Questa Europa, no.
(http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2012/10/20/27388-finestra-internazionale-un-nobel-senza-pace/)
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