domenica 13 maggio 2012

Ad Atene un governo della minoranza: e la chiamano democrazia

QUESTO POST E' STATO, COME OVVIO, SUPERATO DAI FATTI. DIMAR NON HA ADERITO AL GOVERNO DI COALIZIONE, COME INIZIALMENTE SEMBRAVA. RESISTENZA INTERNAZIONALE SI SCUSA



L'aria fresca che le proteste dei popoli stanno portando dentro i palazzi del potere, in Europa e non solo, si è nuovamente fermata di fronte ad una politica auto-referenziale che se ne infischia della democrazia. E purtroppo, una volta di più, lo spettacolo peggiore è offerto da una parte di quelle cosiddette sinistre europee sempre disposte a vendere l'anima in cambio di un posto di potere. D'altronde c'era da immaginarlo sarebbe successo - lo avevamo pure paventato all'indomani delle elezioni. Il partitino Dimar era nato due anni fa, staccandosi dal Synaspismos - il fulcro di Syriza, il vero vincitore morale delle consulatazioni della settimana scorsa. Ed una scissione a destra durante la crisi è sempre sospetta - d'altronde ce lo ha insegnato Andreotti, che se ne intendeva, che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende. Ed infatti. Dimar si è candidato alle elezioni rifiutando il memorandum imposto dalla UE, ha preso i voti sulla base di quella piattaforma ed ora forma un governo con Pasok e Nuova Democrazia, gli unici due partiti che difendono l'accordo che sta trascinando la Grecia nel caos. 
Uno sputo in faccia al suo elettorato. Uno sputo in faccia all'intero popolo greco, chè se le elezioni avevano dato una indicazione chiara e precisa è che la Grecia non voleva il diktat di Bruxelles e Berlino, solo il 30% di un elettorato comunque in calo aveva sostenuto Pasok e ND. Ed ora Atene si troverà governata da una piccola minoranza che avvantaggiandosi della legge elettorale e comprandosi un partitino di canaglie potrà imporre il Berlin Consensus su un popolo che non ne vuole sapere. Mentre ormai la maggioranza degli economisti più seri, da Krugman a Roubini, da Rodrik a Eichengreen spiegano che l'uscita dall'Euro della Grecia è meglio che continuare con questa folle corsa ai tagli. 
Senza dimenticare che la maggioranza dei greci rifiuta entrambe le alternative, volendo semplicemente smettere di essere schiavizzata da personaggi cui interessa solo difendere le proprie banche e magari anche le proprie industrie militari.
Syriza non chiedeva l'uscita dall'Europa, diceva semplicemente no al memorandum. Dimar, invece, definito "sinistra filo-europea" da Corriere e Repubblica, è solo filo-Bruxelles, o forse neanche quello. Ribadisce solo la vecchia tradizione dei socialdemocratici disposti a vendersi per un piatto di lenticchie.  
E poi si lamentano della destra populista e dell'anti-politica? 


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