mercoledì 20 luglio 2011

La cronologia del 20 luglio 2001 dai dispacci Ansa di quel giorno

Disponibile cliccando QUI

RICORDARE GENOVA 2001
Dialogo tra due amici che parteciparono alla manifestazione del GSF
Di Carla Gagliardini e Simone Rossi

 A dieci anni dallo svolgimento del Forum Sociale di Genova, due amici, Carla e Simone, discutono di come vissero quegli eventi, quali motivazioni li spinsero a partecipare, quali sensazioni provarono e cosa quell'esperienza ha lasciato nelle loro menti.
SimoneAll'epoca del Genoa social forum del 2001 avevo 23 anni e frequentavo l'universitá. Mi ero avvicinato alla militanza politica ed all'attivismo nelle associazioni ai tempi delle superiori, quando mi ero unito ad un gruppo di giovani della mia città, simpatizzanti o iscritti del PRC, che promuovevano iniziative culturali ed aggregative e che diedero l'impulso alla nascita di alcuni servizi comunali dedicati ai giovani. Successivamente ampliai l'ambito dei miei interessi, pur mantenendo la militanza partitica, e svolsi attività di volontariato per la Città di Torino e per l'associazione Ingegneria Senza Frontiere di Torino. Fu grazie a quest'ultima che iniziai ad interessarmi ed a leggere sui temi dello sviluppo, della cooperazione e dell'iniqua distribuzione delle risorse tra aree geografiche del mondo. Conseguentemente, le proteste del 1999 a Seattle attirarono la mia attenzione e provai ammirazione per quei miei coetanei che sfidavano la violenza delle forze di polizia e l'arroganza dei potenti per manifestare il proprio dissenso nei confronti delle politiche neoliberiste che la maggior parte dei governi del mondo stavano adottando in quegli anni. L'occasione per rendermi parte attiva di questo movimento si presentò pochi anni dopo, quando, in concomitanza con la riunione del G8 a Genova nel 2001, fu organizzato un forum sociale, in cui si sarebbero tenuti seminari e dibattiti su temi a me cari.
CarlaAnch'io ho deciso di partecipare al Social Forum di Genova come passo obbligato nel mio cammino di scelte politiche che si stavano sempre più rafforzando col trascorrere degli anni, e della militanza. Sono arrivata a Genova senza in realtà intendere fino in fondo cosa fossero i social forum. Quello che comprendevo era che si trattava di un movimento di massa che rivendicava certi diritti verso i beni comuni nell'interesse dell'intera collettività. Le rivendicazioni si spingevano fino a chiedere una società diversa non più dominata dalle odiose logiche di mercato e di profitto. Con questo spirito mi preparavo a partecipare alla giornata conclusiva del Forum Sociale di Genova.
S: Appreso che Carla, mia amica e compagna di partito, avrebbe partecipato al forum, ci organizzammo per andarvi insieme. Per motivi di lavoro e di studio, decidemmo di partecipare solamente alla manifestazione conclusiva. Con l'approssimarsi del forum sociale la nostra eccitazione cresceva, al vedere quelle migliaia di ragazzi che si recavano a Genova, zaino in spalla e pieni di energia.
C:Il pomeriggio che ha preceduto la manifestazione di chiusura del Social Forum di Genova l'ho trascorso con Simone a preparare cartelli satirici da sventolare durante la manifestazione quando all'improvviso arrivò la notizia, ora non ricordo chi ce la comunicò, che Carlo Giuliani era stato ammazzato dalla polizia. Un brivido, la sensazione che qualcosa di gravissimo che andasse oltre la tragica morte di un ragazzo potesse ancora accadere. Ricordo che i miei genitori, sessantottini, mi sconsigliarono con tono "lieve" (non poteva che essere così perché loro quelle esperienze di piazza le avevano vissute) di non andare l'indomani a Genova e a fronte della mia determinazione a non mancare mi dissero che facevo bene ma di stare attenta.
S: Nonostante le pressioni dei nostri genitori e di alcuni amici, il mattino seguente partimmo. Sul torpedone l'atmosfera era apparentemente allegra ma si percepiva una tensione di fondo, rivelata dai consigli che una donna, forse una legale, ci dava su come comportarci in caso di carica delle forze dell'ordine o come proteggerci dagli effetti dei lacrimogeni. Dopo una lunga fila allo svincolo autostradale, scendemmo in uno spiazzo alla periferia est di Genova. Marciammo per un tratto con gli amici di Ingegneria Senza Frontiere, poi decidemmo di proseguire verso la testa del corteo, per poterne vedere la composizione. Non mancammo di notare, oltre ai colori ed all'allegria dei vari spezzoni, la presenza di individui vestiti di scuro, spesso dall'aspetto aggressivo e dotati di bastoni. Nonostante i cordoni delle forze di polizia che limitavano l'accesso e l'uscita dal corteo (come mio padre aggregatosi ad un gruppo del PRC ebbe a scoprire), queste persone sembravano godere di ampia libertà di movimento. Lasciata Carla con alcuni compagni di Alessandria incontrati nel corteo, proseguii verso la testa del corteo.Là ebbi modo di respirare un clima di tensione, oltre l'odore dei lacrimogeni: in prossimità del viale in cui lasciavamo il lungomare per addentrarci verso la piazza del comizio conclusivo si intravedevano scontri con lanci di oggetti. Poco dopo ci fu un ulteriore momento di tensione, quando il corteo si fermò e qualcuno urlò che stavamo per esser caricati; fortunatamente (io mi ero rifugiato con altri in un vicolo cieco) non ci fu alcuna carica alla testa del corteo e proseguimmo. La presenza delle forze dell'ordine mi inquietava anziché rassicurarmi come sarebbe stato logico e l'attraversamento del sottopasso ferroviario nei pressi di Brignole fu causa di ansia per me. I genovesi, in compenso, ci manifestavano la loro solidarietà e simpatia, innaffiandoci con acqua per rinfrescarci, regalandoci della frutta ed esponendo teli e lenzuola con slogan pro-forum. Raggiunsi finalmente la piazza, dove attesi Carla.
C: Al termine della manifestazione ricevetti la telefonata prima di mia madre e poi di mio padre che mi consigliarono di "telare", ossia di lasciare Genova il prima possibile. Mi dissero entrambi che per esperienza il termine del corteo poteva diventare il momento più pericoloso perché ormai i manifestanti rincasavano convinti che il pericolo fosse stato scampato. Io e Simone non potevamo lasciare Genova perché il nostro pulman non sarebbe partito che da lì a qualche ora. Avevamo pensato di recarci a visitare i luoghi dove avevano alloggiato i tanti cittadini e le tante cittadine che avevano partecipato a tutti o a alcuni dei giorni del social forum. Alla fine sopraffatti dalla stanchezza ci siamo invece recati ai luoghi dove si erano tenuti gli incontri di approfondimento e di informazione. Io mi sono distesa su una panchina e ho schiacciato un pisolino.
S: Nonostante avessimo visto segni di scontri e di vandalismo nel nostro percorso al mare, trascorremmo un paio d'ore spensierate presso il villaggio allestito dal GSF sul lungomare, conversando sulla nostra esperienza della giornata e riposando, ignari della portata di quanto accaduto nelle strade di Genova. Quando raggiungemmo il piazzale con i torpedoni, eravamo stanchi; io percepivo un irrefrenabile desiderio di avviarmi verso casa quanto prima, mentre osservavo coloro che già erano in partenza. Una volta rientrati a casa di Carla, a notte fonda, apprendemmo degli ulteriori sviluppi della serata: l'assalto alle scuole Diaz. Impietriti, non sapevamo cosa pensare. Io fui colto dal timore di dover rincasare da solo e di trovarmi a trascorrere la notte in solitudine; immaginavo scene da dittatura sud-americana, con persone prelevate per strada o dalle proprie abitazioni. Chiesi a Carla di tenere il cellulare accesso finché non avessi avvisato del mio rientro a casa e trascorsi la notte barricato nel mio appartamento, nonostante la calura estiva.
C:Al rientro a Torino mi sentivo ancora eccitata per quella giornata particolare, per la tensione vissuta, per la sensazione di essere stata parte di qualcosa, di quel grande movimento mondiale che gridava a squarciagola che voleva un mondo piu' giusto. E così ho acceso la televisione per sentire la cronaca della giornata e invece mi sono ritrovata ad ascoltare la cronaca in diretta del massacro che ormai era già stato compiuto alla scuola Diaz. Con orrore ascoltavo, guardavo, mi arrabbiavo, imprecavo. Di nuovo la chiamata dei miei genitori che allarmati volevano sapere dove fossi. Li rassicurai. Io ero già tra le accoglienti mura del mio appartamento a Torino e come loro sentivo le notizie che i tg ci portavano in casa.
S: Nei giorni successivi, di fronte alle mistificazioni dei mezzi di informazione principali, fui assalito da un grande senso di rabbia ed iniziai a far circolare tra amici e conoscenti alcune email in cui raccontavo quando visto con i miei occhi ed i resoconti che reperivo in rete. Seguii con attenzione i seminari ed i dibattiti che nei mesi successivi furono organizzati sulle vicende di Genova, acquistai i vari video che man mano erano pubblicati dai quotidiani di Sinistra e da alcune associazioni. Con il direttivo della nostra sezione di partito organizzammo una serata sul cortocircuito vissuto dalla democrazia italiana il 20 e 21 luglio 2001, cui partecipò un legale del GSF. Indignato per l'oscuramento dei temi dibattuti a Genova, iniziai a seguire le riunioni e le attività del Torino Social Forum, fornendo il mio piccolo contributo ad alcune battaglie per la la salvaguardia del territorio e contro la speculazione fondiaria.
C: Non ricordo se esattamente il giorno dopo o dopo alcuni giorni a Torino si riuni' il Social Forum Torino per discutere pubblicamente di cosa era accaduto alla scuola Diaz. Intervenirono alcuni degli avvocati degli arrestati e ci prospettarono la situazione. Fu chiaro il messaggio: quei giovani e quelle giovani arrestati/e erano stati torturati dalla polizia, umiliati. Per tutti ricordo il racconto di un avvocato che ci disse che una ragazza dalla paura aveva vomitato e il suo aguzzino l'aveva obbligato a rimangiarselo. Ma altro ci fu raccontato che a ragione faceva pensare al Cile di Pinochet.
Non dimentichiamo che la regia di tutto questo fu Gianfranco Fini!
S: Quest'anno ricorre il decennale dal Genoa Social Forum e dai terribili eventi che lo accompagnarono; Genova si stanno tenendo mostre, seminari e dibattiti per ricordare e per rilanciare la lotta per un "altro mondo possibile". Le nostre vicende personali ci hanno portato in Inghilterra, seppur per motivi differenti, dove continuiamo ad impegnarci nell'associazionismo e nella militanza politica (Carla al di fuori di strutture partitiche, ora) credendo che un diverso modello economico-sociale sia possibile e necessario.
Con questo nostro breve esercizio della memoria abbiamo voluto ricordare quei giorni, perche il tempo non cancelli quanto fatto e discusso da quel movimento di massa, pluarale, e perché le tattiche della politica contemporanea, di corto respire, non rimuovano le responsabilità di chi si adoperò per la sospensione della democrazia ed il massacro del dissenso.