Soggetto, verbo, predicato, non servono altri orpelli. E indipendenza, coerenza, onestà, caparbietà. Tutto ciò che ammiro nella scrittura e nell'essere; Giuseppe d'Avanzo, che inspiegabilmente se ne va nel mezzo di un'estate incoerente.
Disoneste certe voci che riecheggiano dall'estrema destra europea dopo i fatti di Oslo: diciamo che è un pazzo, un caso isolato, cosí ci laviamo per bene le coscienze. Visto da questa prospettiva, perfino Borghezio risulta più onesto perché più diretto. L'Europa che ha paura di perdere il benessere si ripiega su sé stessa, rifiutando violentemente tutto ciò che viene da fuori, cieca di fronte all'evidenza che in realtà il male si è già nutrito dentro i suoi confini. Quando la democrazia deve render conto ai poteri dell'economia e non ai cittadini, che però ne soffrono le conseguenze; quando la disuguaglianza sociale aumenta insopportabilmente perché chi specula e si arricchisce appare intoccabile, lí si diffonde quel malessere profondo che è terreno fertile per la propagazione della demagogia della destra estrema in cui in molti oggi sembrano riconoscersi. Quelle idee condivisibili o preoccupazioni comprensibili dei cittadini che si traducono in fobia verso l'Islam, verso tutto ciò che è diverso e contro chi vorrebbe aprire le porte a questa diversità. E a nessuno preoccupa la perdità di libertà in ogni campo che scaturisce dalla strategia del rifiuto e da questo modo insistente di coccolare l'odio come vera forma di democrazia.
Incoerenti, questi Ministeri italiani al nord. Perché all'improvviso noi polentoni ci prendiamo e ci portiamo a casa i simboli di Roma ladrona?
Caparbio, Zapatero; l'uomo politico sta venendo fuori ora, ormai spoglio della pelle del Bambi che fu. Ha annunciato che la Spagna andrà alle urne il 20 novembre -anniversario della morte di Franco, curiosamente- e che lui rinuncerà ad essere deputato; un gesto senza precedenti nella democrazia spagnola. Semplicemente tornerà a casa, alla vita civile, perché la politica non dovrebbe mai essere una professione. So già che qualcuno non sarà d'accordo, ma lo (ri)scrivo lo stesso (caparbia anch'io): come per Suárez, dovrà passare un lungo tempo prima che la Storia riconosca a questo Presidente i suoi molti meriti.
Indipendente mi piacerebbe che fosse la politica italiana dalle lobbies economiche e mafiose; Penati da Gavio e Di Caterina, Tremonti da Milanese, Papa da Bisignani, e poi Tedesco e Romano e Cosentino e Silvio in cima a tutta la lista interminabile di indagati, in cui nemmeno più ci raccapezziamo. Purtroppo, quando e se accadrà il miracolo, non ci sarà D'Avanzo a raccontarci con soggetto, verbo e predicato come si sarà districata la matassa e questo mi sconforta.
Ho bisogno urgente di un caffè con gelato in questo incoerente pomeriggio di mezza estate.
lunedì 1 agosto 2011
Diego García
Di Carla Gagliardini
No, non e’ un attore messicano, almeno che io sappia. Diego García e’ un’isola bellissima
dell’arcipelago delle Chagos nell’oceano indiano.
Oggi sono andata al Mela Festival di Crawley, la cittadina dove vivo in Inghilterra. Questo festival
celebra alcune delle tante culture presenti sul territorio. Si trovano cibo, canti, musiche e balli
provenienti da diverse parti del mondo. E’ un festival al quale non riesco a rinunciare perche’ ti
consente di fare un tuffo in diverse culture del pianeta. Li’ a portata di mano.
Alle 17.00 in una delle sale del teatro che ospita il festival e’ stato trasmesso un documentario
sull’isola Diego García e sulla triste sorte toccata ai suoi abitanti e animali.
Come spesso accade la vita di molte persone e’ stata drasticamente cambiata da decisioni prese
dall’alto. In questo caso, ma guarda che novita’, la vita degli abitanti di Diego Garcia e’ stata riscritta
dal governo USA e da quello del Regno Unito negli anni ’60.
Gli isolani furono invitati a lasciare l’isola temporaneamente per fare dei lavori stagionali alle
Mauritius (non faranno mai piu’ ritorno nella loro terra madre perche’ gli verra’ negato l’accesso e
scopriranno che nessun lavoro li attendeva alle Mauritius) e deportati quando risposero all’invito
con la resistenza. Gli animali furono sterminati dal governo di Sua Maesta’ e i cani persino gassati.
In nome di cosa si commisero questi atti meschini, atroci e contrari ai diritti umani? Se pensiamo che
ad essere coinvolti nella sporca manovra c’erano gli USA si capisce subito che si trattava di interessi
militari. A chi interesserebbe un’isolotta di duemila anime che ha come unico sostentamento la
pesca?
Queste donne e questi uomini alle Mauritius incontrarono fame, disperazione, emarginazione. Una
vita “grama” mentre nella loro terra veniva costruita una base militare statunitense usata per la
prima Guerra del Golfo, per la Guerra in Afganistan e per l’ultima Guerra in Iraq.
Gli Stati Uniti affittano l’isola dal Regno Unito che in cambio del piacere fatto ai cugini d’oltre oceano
hanno ottenuto anche qualche missile da sganciare sulla testa di chissa’ chi.
Questa triste storia e’ cominciata circa cinquant’anni fa ma continua ancora oggi e qui, nella regione
d’Inghilterra nella quale vivo io, vivono alcuni di questi isolani di Diego García che continuano a
sognare di tornare in Patria ma che sono troppo vecchi da poter vedere realizzato il loro sogno.
Sogno che hanno consegnato alle nuove generazioni. Ma ad oggi quell’isola e’ ancora zona off limit,
ossia l’accesso e’ vietato a chiunque, inclusi i suoi isolani.
Un altro esempio di civilta’ e di rispetto dei diritti umani che proviene dal Regno di Sua Maesta’ e dai
democratici Stati Uniti d’America.
Gli isolani di Diego Garcia sono stati prima colonizzati e poi sradicati dalla loro terra usando l’inganno
e le maniere forti dal Regno Unito. Hanno lottato contro la discriminazione incontrata alle Mauritius
e oggi alcuni di loro vivono nel Paese che ha loro provocato tante sofferenze. Eppure sento sempre
parlare tanto qui quanto negli Stati Uniti d’America di diritti umani. Ma abbiano almeno la cortesia di
spiegarci quando questi valgono e quando un essere umano (e aggiungerei un essere vivente) si puo’
aspettare di vederli rispettati.
Si sciacquino la bocca prima di pronunciare le parole diritti umani e abbassino il dito che puntano
verso altri paesi, a loro giudizio dittatoriali. Risolvano le contraddizioni nelle quali sono avvitati.
Usano l’isola che hanno espropriato ai suoi abitanti, in piena violazione dei diritti umani, per fare la
guerra all’Afganistan e all’Iraq in nome dei diritti umani. E’ un’ipocresia che fa venire l’orticaria.
dell’arcipelago delle Chagos nell’oceano indiano.
Oggi sono andata al Mela Festival di Crawley, la cittadina dove vivo in Inghilterra. Questo festival
celebra alcune delle tante culture presenti sul territorio. Si trovano cibo, canti, musiche e balli
provenienti da diverse parti del mondo. E’ un festival al quale non riesco a rinunciare perche’ ti
consente di fare un tuffo in diverse culture del pianeta. Li’ a portata di mano.
Alle 17.00 in una delle sale del teatro che ospita il festival e’ stato trasmesso un documentario
sull’isola Diego García e sulla triste sorte toccata ai suoi abitanti e animali.
Come spesso accade la vita di molte persone e’ stata drasticamente cambiata da decisioni prese
dall’alto. In questo caso, ma guarda che novita’, la vita degli abitanti di Diego Garcia e’ stata riscritta
dal governo USA e da quello del Regno Unito negli anni ’60.
Gli isolani furono invitati a lasciare l’isola temporaneamente per fare dei lavori stagionali alle
Mauritius (non faranno mai piu’ ritorno nella loro terra madre perche’ gli verra’ negato l’accesso e
scopriranno che nessun lavoro li attendeva alle Mauritius) e deportati quando risposero all’invito
con la resistenza. Gli animali furono sterminati dal governo di Sua Maesta’ e i cani persino gassati.
In nome di cosa si commisero questi atti meschini, atroci e contrari ai diritti umani? Se pensiamo che
ad essere coinvolti nella sporca manovra c’erano gli USA si capisce subito che si trattava di interessi
militari. A chi interesserebbe un’isolotta di duemila anime che ha come unico sostentamento la
pesca?
Queste donne e questi uomini alle Mauritius incontrarono fame, disperazione, emarginazione. Una
vita “grama” mentre nella loro terra veniva costruita una base militare statunitense usata per la
prima Guerra del Golfo, per la Guerra in Afganistan e per l’ultima Guerra in Iraq.
Gli Stati Uniti affittano l’isola dal Regno Unito che in cambio del piacere fatto ai cugini d’oltre oceano
hanno ottenuto anche qualche missile da sganciare sulla testa di chissa’ chi.
Questa triste storia e’ cominciata circa cinquant’anni fa ma continua ancora oggi e qui, nella regione
d’Inghilterra nella quale vivo io, vivono alcuni di questi isolani di Diego García che continuano a
sognare di tornare in Patria ma che sono troppo vecchi da poter vedere realizzato il loro sogno.
Sogno che hanno consegnato alle nuove generazioni. Ma ad oggi quell’isola e’ ancora zona off limit,
ossia l’accesso e’ vietato a chiunque, inclusi i suoi isolani.
Un altro esempio di civilta’ e di rispetto dei diritti umani che proviene dal Regno di Sua Maesta’ e dai
democratici Stati Uniti d’America.
Gli isolani di Diego Garcia sono stati prima colonizzati e poi sradicati dalla loro terra usando l’inganno
e le maniere forti dal Regno Unito. Hanno lottato contro la discriminazione incontrata alle Mauritius
e oggi alcuni di loro vivono nel Paese che ha loro provocato tante sofferenze. Eppure sento sempre
parlare tanto qui quanto negli Stati Uniti d’America di diritti umani. Ma abbiano almeno la cortesia di
spiegarci quando questi valgono e quando un essere umano (e aggiungerei un essere vivente) si puo’
aspettare di vederli rispettati.
Si sciacquino la bocca prima di pronunciare le parole diritti umani e abbassino il dito che puntano
verso altri paesi, a loro giudizio dittatoriali. Risolvano le contraddizioni nelle quali sono avvitati.
Usano l’isola che hanno espropriato ai suoi abitanti, in piena violazione dei diritti umani, per fare la
guerra all’Afganistan e all’Iraq in nome dei diritti umani. E’ un’ipocresia che fa venire l’orticaria.
Egoismo di Stato
Di Nicola Melloni
Dopo appena una settimana dal lancio del piano di salvataggio dell'euro e dal cosiddetto Piano Marshall per la Grecia, è già ormai sotto gli occhi di tutti l'inadeguatezza della risposta data dall'Unione alla crisi che attanaglia il vecchio continente. Dopo una prima risposta positiva dei mercati, lo spread tra titoli italiani e titoli tedeschi si è di nuovo preoccupantemente dilatato, con pesanti ricadute sui conti pubblici del nostro paese.
Il motivo è semplice, le grandi banche internazionali, guidate guarda caso da Deutsche Bank, stanno iniziando a disinvestire nel mercato italiano, e la minor domanda spinge in alto il tasso di interesse. Sono fenomeni preoccupanti, il divario tra i Btp ed i Bund sono un segnale chiaro della debolezza della nostra economia e della poca fiducia che il capitale internazionale nutre nei confronti dell'Italia. D'altronde il divario di oltre 300 punti base è quello che già la Grecia sperimentò all'inizio della crisi che l'ha messa ora con le spalle al muro. E sicuramente la crisi greca è uno dei fattori scatenanti del cosiddetto effetto contagio. Le banche esposte sul mercato greco si fanno ora assai più guardinghe e si ritirano dai mercati a potenziale rischio, come l'Italia, che a torto o a ragione, è oggi considerata a rischio di default, reinvestendo in titoli che offrono molte più garanzie, come appunto i Bund tedeschi. Il che, appunto, vuol però dire che nessuno crede che la crisi sia stata risolta dal piano di salvataggio. Soprattutto non regge più l'assunto che la Grecia fosse un caso unico, impossibile da ripetersi. Infatti. L'aumento dello spread tra Italia e Germania segnala l'esatto opposto. Per Atene, dopo due anni sprecati si è infine deciso di modificare artificialmente i tassi con l'emissione di prestiti a tassi sostanzialmente pari a quelli applicati sui titoli tedeschi, ma cosa si farà per l'Italia se la situazione dovesse cominciare a peggiorare? Il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria, appena rimpinguato di nuovi fondi non sembra, almeno per ora, in grado di armonizzare i tassi europei che sono al momento la maggior fonte di tensione sui mercati e per le economie reali.
Quindi il mercato non crede nell'Italia e non crede nell'Europa. Ma sembra che non lo faccia tanto neanche la Germania che un qual certo controllo sulle proprie banche lo ha, e non pare davvero un caso che con il debito tedesco ai massimi storici la liquidità delle banche di Francoforte e Berlino rientri nei i confini patri per finanziare il governo della cancelliera Merkel. Alla faccia della cooperazione europea.
Come sempre, di fronte alle crisi, gli Stati pensano sempre al proprio tornaconto, a salvare il salvabile. Il problema principale dell'Europa sta proprio nel fatto di non essere capace di fornire una risposta politica e di sistema alla crisi. Al contrario, gli egoismi politici ed i calcoli elettorali tendono a privilegiare risposte nazionali che avvantaggiano gli stati più forti e coesi politicamente, è il caso della Germania, a danno dei paesi più deboli, dalla Grecia alla Spagna all'Italia. Non ingannino le riunioni europee ed i piani di salvataggio comunitari che servono solo a salvare gli istituti di credito tedeschi e francesi immersi fino al collo nella voragine del debito greco. Quel che sta avvenendo è in realtà uno scambio tra politica e finanza, con i prestiti di Berlino alla Grecia utilizzati per salvare le banche tedesche, e le stesse poi impegnate a finanziare il debito della Germania.
Ciò che sinistramente si delinea è un ritorno a quel capitalismo finanziario descritto da Lenin e Hilferding giusto un secolo fa, un capitalismo in cui lo stato viene colonizzato dagli interessi della grande industria e della grande finanza che dettano le linee guida di politica economica e di politica estera nel loro interesse, lo stato dispensatore di privilegi nella dizione del mai abbastanza studiato economista austriaco. Dunque, l'interesse privato diventa parzialmente pubblico - e d'altronde il fallimento delle banche tedesche, ad esempio, non potrebbe non avere conseguenze sociali devastanti sulla popolazione - con l'inevitabile conseguenza che il governo, pubblico per eccellenza, diventerebbe parzialmente privato, ed impegnato soprattutto a difendere il capitale nazionale, inasprendo dunque le relazioni con gli altri paesi impegnati a fare altrettanto. L'analisi economica di Hilferding, e quella sull'imperialismo di Lenin furono talmente azzeccate che nel giro di pochi anni scoppiò il primo conflitto mondiale. Meglio riflettere sulla storia prima che la crisi economica si trasformi in inarrestabile crisi politica.
Da Liberazione .
Il motivo è semplice, le grandi banche internazionali, guidate guarda caso da Deutsche Bank, stanno iniziando a disinvestire nel mercato italiano, e la minor domanda spinge in alto il tasso di interesse. Sono fenomeni preoccupanti, il divario tra i Btp ed i Bund sono un segnale chiaro della debolezza della nostra economia e della poca fiducia che il capitale internazionale nutre nei confronti dell'Italia. D'altronde il divario di oltre 300 punti base è quello che già la Grecia sperimentò all'inizio della crisi che l'ha messa ora con le spalle al muro. E sicuramente la crisi greca è uno dei fattori scatenanti del cosiddetto effetto contagio. Le banche esposte sul mercato greco si fanno ora assai più guardinghe e si ritirano dai mercati a potenziale rischio, come l'Italia, che a torto o a ragione, è oggi considerata a rischio di default, reinvestendo in titoli che offrono molte più garanzie, come appunto i Bund tedeschi. Il che, appunto, vuol però dire che nessuno crede che la crisi sia stata risolta dal piano di salvataggio. Soprattutto non regge più l'assunto che la Grecia fosse un caso unico, impossibile da ripetersi. Infatti. L'aumento dello spread tra Italia e Germania segnala l'esatto opposto. Per Atene, dopo due anni sprecati si è infine deciso di modificare artificialmente i tassi con l'emissione di prestiti a tassi sostanzialmente pari a quelli applicati sui titoli tedeschi, ma cosa si farà per l'Italia se la situazione dovesse cominciare a peggiorare? Il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria, appena rimpinguato di nuovi fondi non sembra, almeno per ora, in grado di armonizzare i tassi europei che sono al momento la maggior fonte di tensione sui mercati e per le economie reali.
Quindi il mercato non crede nell'Italia e non crede nell'Europa. Ma sembra che non lo faccia tanto neanche la Germania che un qual certo controllo sulle proprie banche lo ha, e non pare davvero un caso che con il debito tedesco ai massimi storici la liquidità delle banche di Francoforte e Berlino rientri nei i confini patri per finanziare il governo della cancelliera Merkel. Alla faccia della cooperazione europea.
Come sempre, di fronte alle crisi, gli Stati pensano sempre al proprio tornaconto, a salvare il salvabile. Il problema principale dell'Europa sta proprio nel fatto di non essere capace di fornire una risposta politica e di sistema alla crisi. Al contrario, gli egoismi politici ed i calcoli elettorali tendono a privilegiare risposte nazionali che avvantaggiano gli stati più forti e coesi politicamente, è il caso della Germania, a danno dei paesi più deboli, dalla Grecia alla Spagna all'Italia. Non ingannino le riunioni europee ed i piani di salvataggio comunitari che servono solo a salvare gli istituti di credito tedeschi e francesi immersi fino al collo nella voragine del debito greco. Quel che sta avvenendo è in realtà uno scambio tra politica e finanza, con i prestiti di Berlino alla Grecia utilizzati per salvare le banche tedesche, e le stesse poi impegnate a finanziare il debito della Germania.
Ciò che sinistramente si delinea è un ritorno a quel capitalismo finanziario descritto da Lenin e Hilferding giusto un secolo fa, un capitalismo in cui lo stato viene colonizzato dagli interessi della grande industria e della grande finanza che dettano le linee guida di politica economica e di politica estera nel loro interesse, lo stato dispensatore di privilegi nella dizione del mai abbastanza studiato economista austriaco. Dunque, l'interesse privato diventa parzialmente pubblico - e d'altronde il fallimento delle banche tedesche, ad esempio, non potrebbe non avere conseguenze sociali devastanti sulla popolazione - con l'inevitabile conseguenza che il governo, pubblico per eccellenza, diventerebbe parzialmente privato, ed impegnato soprattutto a difendere il capitale nazionale, inasprendo dunque le relazioni con gli altri paesi impegnati a fare altrettanto. L'analisi economica di Hilferding, e quella sull'imperialismo di Lenin furono talmente azzeccate che nel giro di pochi anni scoppiò il primo conflitto mondiale. Meglio riflettere sulla storia prima che la crisi economica si trasformi in inarrestabile crisi politica.
Da Liberazione .
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