giovedì 16 agosto 2012

Un Paese che è Cosa Loro
La vicenda dell'ILVA di Taranto e le istituzioni serve di interessi privati

Di Simone Rossi

L'esperienza di questo blog e del gruppo alle sue spalle ebbero inizio un anno e mezzo fa con un appello a sostegno degli operai di Mirafiori e del sindacato FIOM, unico a sostenerli nell'opposizione alle condizioni di lavoro imposte dalla dirigenza FIAT. All'epoca i partiti politici e le istituzioni risposero con indifferenza, o addirittura si schierarono a fianco dell'uomo in maglioncino, motivando la propria posizione con il fatto che avere lavoro è già qualcosa di cui esser grati in tempi di crisi ragion per cui era necessario accettare sacrifici e condizioni inumane pur di tenerlo. Un principio, quello dei sacrifici, che lorsignori non sanno applicare a sé stessi però.

A distanza di quasi diciotto mesi ecco nuovamente i novelli paladini del lavoro all'opera. A Taranto, la magistratura è intervenuta a tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini avviando delle indagini sulle attività dello stabilimento siderurgico ILVA, sulla base di dati e prive che mostrerebbero una palese violazione delle norme ambientali e di quelle a difesa della sicurezza sul lavoro. Con ricadute negative sulla salute pubblica dei tarantini e sull'ambiente circostante la città. Dopo aver inizialmente indagato la dirigenza aziendale, all'ILVA è stato imposto il sequestro della produzione, probabilmente interpretato come l'unico modo per bloccare l’attivitá inquinante fino all’avvenuta regolarizzazione degli impianti. In un mondo dove regnasse il buon senso sarebbe un atto dovuto da parte della magistratura a fronte della violazione di una o più leggi; non in Italia. Dopo le prime proteste dei lavoratori, in qualche modo comprensibili, abbiamo assistito ad un attacco contro l'operato della magistratura tarantina, con una veemenza che non vedevamo da tempo; segno che sono stati pestati piedi grossi. Dopo gli interventi di giornalisti sono intervenuti alcuni esponenti di PDL e PD, ormai due facce della medesima medaglia, ed il messianico presidente della Regione Puglia, Vendola. Tutti a difesa dei posti di lavoro, tema che hanno dimostrato di avere sinceramente a cuore sinora, ed a spergiurare che l’azienda inquina meno che in passato e che la proprietà dell’azienda ha piani di risanamento. Sono parole al vento di fronte alle perizie effettuate su richiesta della procura e le immagini registrate dai carabinieri al di fuori dagli stabilimenti, ma che rischiano di sovrastare i fatti nel baccano mediatico scatenato a favore della famiglia Riva, con la nobile scusa di preservare l’impiego di circa ottomila persone.

In questa vicenda i più scomposti sino ad ora si sono dimostrati i membri dell'Esecutivo, i cosiddetti tecnici, acclamati al governo come i salvatori della patria ma di fatto esecutori materiali di un progetto politico per conto terzi. Con buona pace per la separazione dei poteri il Ministro della Giustizia ha richiesto copia degli atti del procedimento; una decisione che rientra nelle prerogative del ministro suona come un monito, un avvertimento in stile mafioso non dissimile dalle ispezioni cui ci abituarono Castelli, Mastella ed Alfano. Del resto il buon esempio arriva dal capo che, mentre è in vacanza, invia due dei suoi picciotti, tali Clini e Passera, a conversare con il procuratore, verosimilmente a presentargli “una proposta che non può rifiutare” come nei film statunitensi su Cosa Nostra. Infine, compostezza e pacatezza si è distinto il sottosegretario Catricalá, quello divenuto a suo tempo famoso come tutore degli interessi (in conflitto) di Berlusconi, affermando, senza tema del ridicolo, che l’Esecutivo avrebbe sollevato un conflitto di attribuzione presso la Corte Costituzionale perché l’intervento della magistratura interferirebbe con la politica industriale del Governo. Tralasciando che servirebbe un rabdomante per trovare uno scampolo di politica industriale tra gli atti dei “tecnici”, sarebbe interessante comprendere perché il Governo abbia messo in campo una strategia industriale che preveda il compimento di reati ambientali e contro la salute pubblica, non tenendo in conto le leggi dello stato.

Se le leggi ad personam di Berlusconi, le politiche dei presunti tecnici, le loro gaffe, le vicende oscure intorno alla presunta trattativa tra Stato e Mafia non sono state sufficienti, la questione dell’ILVA, giocata sul futuro degli operai e dei cittadini tarantini, conferma che quella che una volta era una repubblica democratica, oggi è “Cosa Loro”.Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete