lunedì 9 gennaio 2012

Populismo distruttivo
Di Nicola Melloni

Il movimento 5 stelle è ormai un fenomeno politico rilevante e merita quindi qualche
considerazione. Alcune delle istanze che porta avanti sono condivisibili e, in qualche maniera, si può
pure capire il rifiuto a stringere alleanze, che potrebbe essere un pungolo importante per i partiti del
centro-sinistra: non ci si può più accontentare del meno peggio. Non starò dunque a stigmatizzare
il movimento per le sconfitte del centrosinistra in Piemonte e Molise, anzi. Nè mi soffermerò sulla
parificazione – invero forzatissima – che Grillo fece tra Moratti e Pisapia.

Epperò il movimento 5 stelle non può convincere e rappresenta, a mio parere, dei voti di protesta
fine a sè stessi e dunque, per definizione, deleteri. Partiamo da cosa manca: non una parola su come
uscire dalla crisi. Non può sorprendere da un partito o movimento che si dichiara post-ideologico.
Senza ideologie, cioè visioni del mondo, è difficile saper dare una chiave di lettura a fatti complessi e
dunque trovare le soluzioni. Non a caso il movimento si presenta agguerritissimo su micro-problemi
(che non vuol dire poco importanti!) in cui spesso un pò di buon senso può bastare per dire cose
condivisibili, dalla TAV all’uso delle biciclette. O alla denuncia degli intrighi del grande capitale.
Ottime idee per prendere voti a livello locale, poco o nulla quando si tratta di risolvere i problemi
nazionali, non parliamo di quelli europei.

Per far fronte a questo problema, Grillo si affida al populismo anche piuttosto becero. Semplifica
a spanne grossi problemi senza apprezzare le sfumature che fanno la sostanza delle cose. Insulta
ed aizza la folla. L’ultimo caso è il linciaggio mediatico del consigliere regionale del movimento in
Emilia-Romagna, additato al pubblico ludibrio solo per aver richiesto un aiuto in favore dell’Unità che
rischia di chiudere. Ma non è certo la prima volta, con Grillo che ha ingiuriato tutti quelli che con lui
avevano fatto un pezzo di strada, da Vendola a De Magistris.

D’altronde Grillo si presenta come un duro e puro, e ci puoi essere amico finchè accetti tutto quello
che dice, senza se e senza ma. Appena sgarri sei fuori, col furore tipico dei movimenti oltranzisti. E
come gli oltranzisti viene fatta di tutta l’erba un fascio. Tipico è il caso del finanziamento pubblico a
giornalie partiti. In entrambi i casi ci sono degli insostenibili scandali: si finanziano giornali inesistenti
come l’Avanti di Lavitola e si continuano a rimborsare le spesi folli delle campagne elettorali. Giusto
intervenire. Ma assai ingiusto dire che dati questi scandali vadano soppressi il fondo per l’editoria e
il rimborso elettorale. A Grillo che tanto critica il capitalismo attuale sembra piacere un pò troppo
il mercato selvaggio. Solo i giornali con molta pubblicità possono stare in edicola, solo i partiti con
finanziatori molto danarosi possono presentarsi alle elezioni. Il modello americano nella sua versione
più selvaggia.

Si rendono davvero conto gli elettori di Grillo che senza soldi pubblici solo i ricchi potrebbero farsi
un partito? E che comunque la sproporzione di mezzi comporterebbe che solo i partiti dei ricchi
avrebbero reali potenzialità di vincere le elezioni? Non sarebbe tanto più semplice fissare per legge
un massimo di spese elettorali (rimborsabili) e costringere tutti i partiti ad adeguarsi? E che dire dei
giornali? Pensa Grillo che solo quelli capaci di farsi un blog per i fatti loro debbano avere la possibilità
di parlare?

Se il discorso è questo – sopravvive solo chi è bravo, come ad esempio il Fatto Quotidiano – perchè
non estendere tale principio ad altri campi. Università private finanziate dalla capacità di attrarre
fondi. Ospedali privati con il pubblico pagante che decide quali sono i migliori. E via dicendo. Invece

la società ha dei costi che vanno finanziati pubblicamente e non possono essere lasciati al mercato.
Sanità ed istruzione sono tra questi, ma certo lo è anche la politica, bene pubblico per eccellenza. La
via di Grillo è semplicemente la via per l’oligarchia.

Infine lo stile, che in politica è anche parte della sostanza. Sorvolerò sulla costante camicia nera
degli inizi, sostituita ora da un più sobrio bianco, o sul grido di battaglia “Italiani!”, assai sinistro per
chiunque conosca un pò di storia. Ma è inevitabile stigmatizzare gli insulti rivolti a mezzo mondo
e comunque a tutti quelli che non sono d’accordo con lo stesso Grillo. Un “vaffanculo” può essere
anche catartico in alcuni momenti, ma non può diventare lo slogan principale di un movimento
democratico. Nel frattempo Grillo rifiuta qualsiasi discussione con gli avversari, preferendo
imperversare nel web senza contraddittorio. Quindi rifiuta interviste e confronti pubblici, affidandosi
solo a monologhi. Dove l’avevamo già visto questo comportamento? Ah, già, ad Arcore. Grillo da
ottimo comunicatore mischia un pò di celodurismo leghista con lo stile da piazzista di Berlusconi,
cioè i due fenomeni mediatici degli ultimi 20 anni. Ma per quanto di successo, rimangono due
modelli profondamente reazionari, basati sulla leadership carismatica e non democratica, sul
settarismo e sul populismo. Non proprio il nuovo che avanza.

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