Forse ha ragione Micromega quando parla del governo Monti premettendo che
rappresenta comunque una boccata d’aria fresca dopo essere stati governati da
malfattori per molti anni. Sarà sicuramente così, ma questo non vuol dire che il
governo dei tecnici rappresenti una svolta positiva nella politica italiana. Non mi
importa qui parlare del modo in cui è avvenuto questo passaggio di poteri, che
pure rappresenta un quasi unicum europeo, ma della sostanza politica di Monti,
del suo governo e dei suoi tanto sostenitori.
A cominciare da Repubblica e da Eugenio Scalfari, forse i più agguerriti
oppositori di Berlusconi ed ora i più entusiasti supporter di Monti. Tanto che
il fondatore e direttore ad honorem del quotidiano si è lanciato in una forte
polemica con Susanna Camusso che invece di aiutare il governo e cedere ad ogni
sua richiesta, si mette in mezzo e addirittura si oppone alla de-regolamentazione
del mercato del lavoro. E proprio questo è uno dei punti dirimenti, insieme alle
pensioni ed alla patrimoniale, su cui valutare l’operato di Monti.
Il governo attuale ha fatto una riforma delle pensioni molto dura, fortemente
punitiva verso i lavoratori, soprattutto quelli a basso reddito, il tutto sulla base di
una grande emergenza nazionale. Ora vanta i risultati raggiunti, l’abbassamento
dello spread, come un suo grande successo, e sull’onda di quello vuole aggredire
il tema lavoro, liberalizzando il mercato per aumentare la fiducia degli investitori
esteri. Ma a parte il fatto che non è certo il grado di tutela del lavoro a bloccare gli investimenti, qualche altro piccolo dettaglio andrebbe aggiunto per spiegare
che l’epica montiana si regge su una ben studiata demagogia e mistificazione,
assai più fine di quella grossolana del suo predecessore, ma non per questo
migliore.
Per esser chiari, la riforma delle pensioni non ha nulla a che fare con
l’abbassamento dello spread. Infatti, dopo l’approvazione della finanziaria la
distanza tra i rendimenti dei titoli italiani e quelli tedeschi era salita ai massimi
storici. In realtà, dietro l’apparente calma sui mercati finanziari c’è un altro
Mario, Draghi e non Monti. La gigantesca iniezione di liquidità data alle banche
ha sortito gli effetti voluti, fermando il fuggi fuggi generale dall’area euro e
permettendo l’acquisto di titoli “a rischio” che continuano comunque ad essere
assai redditizi dato l’accesso al credito all’1% di cui godono le banche. Ed infatti,
l’abbassamento dello spread è avvenuto contemporaneamente in Italia ed in
Spagna, proprio perché frutto di una azione concertata a livello eurpoeo e che
assai poco ha di nazionale – ovviamente a tutto vantaggio dei governi di Monti e
Rajoy appena entrati in carica e che godono di meriti non propri.
L’emergenza quindi è stata usata e viene usata ad arte per obiettivi prettamente
politici, cioè politiche marcatamente di destra, a favore del capitale, soprattutto
quello finanziario (basti pensare al fondo di garanzia per le banche, alla
mancata regolamentazione sui costi di transazione legati all’utilizzo del denaro
elettronico reso obbligatorio per legge, etc. etc.) e fortemente penalizzanti per il
lavoro. E mentre i grandi redditi non vengono toccati se non all’acqua di rose, il
salario viene aggredito violentemente (IVA, IMU che per i meno abbienti diventa
una tassa sul reddito e non sulla ricchezza, ed ora riforma della contrattazione
con l’obiettivo di una maggiore flessibilità, che diventerà inevitabilmente
precarietà).
Tutte queste sono politiche fortissimamente di destra, con conseguenze
molto più pericolose di quelle adottate dai vari governi Berlusconi che si
contraddistinguevano per un disgustoso uso ad personam del Parlamento ma che
si sono guardati bene dall’andare allo scontro frontale con il lavoro ed ogni volta
che ci hanno provato hanno dovuto battere in ritirata.
Il punto è che la figura politica di Berlusconi ha contribuito a creare una nuova
categoria politica, l’anti-berlusconismo, ed un gigantesco equivoco, che questo
anti-berlusconismo fosse di sinistra. Non lo era, non lo è, ed il governo Monti, di
destra, sta aiutando a svelare l’inganno.
Non a caso anche un partito timido come il PD si sta rendendo conto del
problema ed ormai Bersani ogni giorno tenta di distanziarsi da Monti&C.. La
fine di Berlusconi potrà dunque forse portare ad una più classica ricollocazione
dei partiti e delle idee attorno alle storiche categorie politiche che in Italia
sembravano essere state messe in soffitta dal lungo ventennio berlusconiano.
A patto però che si ponga fine, in fretta, ad un governo tecnico che obbliga la
sinistra parlamentare a fare il gioco della destra.
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