martedì 7 febbraio 2012

La fine dell'equivoco
Di Nicola Melloni

Forse ha ragione Micromega quando parla del governo Monti premettendo che rappresenta comunque una boccata d’aria fresca dopo essere stati governati da malfattori per molti anni. Sarà sicuramente così, ma questo non vuol dire che il governo dei tecnici rappresenti una svolta positiva nella politica italiana. Non mi importa qui parlare del modo in cui è avvenuto questo passaggio di poteri, che pure rappresenta un quasi unicum europeo, ma della sostanza politica di Monti, del suo governo e dei suoi tanto sostenitori. A cominciare da Repubblica e da Eugenio Scalfari, forse i più agguerriti oppositori di Berlusconi ed ora i più entusiasti supporter di Monti. Tanto che il fondatore e direttore ad honorem del quotidiano si è lanciato in una forte polemica con Susanna Camusso che invece di aiutare il governo e cedere ad ogni sua richiesta, si mette in mezzo e addirittura si oppone alla de-regolamentazione del mercato del lavoro. E proprio questo è uno dei punti dirimenti, insieme alle pensioni ed alla patrimoniale, su cui valutare l’operato di Monti. Il governo attuale ha fatto una riforma delle pensioni molto dura, fortemente punitiva verso i lavoratori, soprattutto quelli a basso reddito, il tutto sulla base di una grande emergenza nazionale. Ora vanta i risultati raggiunti, l’abbassamento dello spread, come un suo grande successo, e sull’onda di quello vuole aggredire il tema lavoro, liberalizzando il mercato per aumentare la fiducia degli investitori esteri. Ma a parte il fatto che non è certo il grado di tutela del lavoro a bloccare gli investimenti, qualche altro piccolo dettaglio andrebbe aggiunto per spiegare che l’epica montiana si regge su una ben studiata demagogia e mistificazione, assai più fine di quella grossolana del suo predecessore, ma non per questo migliore. 

Per esser chiari, la riforma delle pensioni non ha nulla a che fare con l’abbassamento dello spread. Infatti, dopo l’approvazione della finanziaria la distanza tra i rendimenti dei titoli italiani e quelli tedeschi era salita ai massimi storici. In realtà, dietro l’apparente calma sui mercati finanziari c’è un altro Mario, Draghi e non Monti. La gigantesca iniezione di liquidità data alle banche ha sortito gli effetti voluti, fermando il fuggi fuggi generale dall’area euro e permettendo l’acquisto di titoli “a rischio” che continuano comunque ad essere assai redditizi dato l’accesso al credito all’1% di cui godono le banche. Ed infatti, l’abbassamento dello spread è avvenuto contemporaneamente in Italia ed in Spagna, proprio perché frutto di una azione concertata a livello eurpoeo e che assai poco ha di nazionale – ovviamente a tutto vantaggio dei governi di Monti e Rajoy appena entrati in carica e che godono di meriti non propri. L’emergenza quindi è stata usata e viene usata ad arte per obiettivi prettamente politici, cioè politiche marcatamente di destra, a favore del capitale, soprattutto quello finanziario (basti pensare al fondo di garanzia per le banche, alla mancata regolamentazione sui costi di transazione legati all’utilizzo del denaro elettronico reso obbligatorio per legge, etc. etc.) e fortemente penalizzanti per il lavoro. E mentre i grandi redditi non vengono toccati se non all’acqua di rose, il salario viene aggredito violentemente (IVA, IMU che per i meno abbienti diventa una tassa sul reddito e non sulla ricchezza, ed ora riforma della contrattazione con l’obiettivo di una maggiore flessibilità, che diventerà inevitabilmente precarietà). 

Tutte queste sono politiche fortissimamente di destra, con conseguenze molto più pericolose di quelle adottate dai vari governi Berlusconi che si contraddistinguevano per un disgustoso uso ad personam del Parlamento ma che si sono guardati bene dall’andare allo scontro frontale con il lavoro ed ogni volta che ci hanno provato hanno dovuto battere in ritirata. Il punto è che la figura politica di Berlusconi ha contribuito a creare una nuova categoria politica, l’anti-berlusconismo, ed un gigantesco equivoco, che questo anti-berlusconismo fosse di sinistra. Non lo era, non lo è, ed il governo Monti, di destra, sta aiutando a svelare l’inganno. Non a caso anche un partito timido come il PD si sta rendendo conto del problema ed ormai Bersani ogni giorno tenta di distanziarsi da Monti&C.. La fine di Berlusconi potrà dunque forse portare ad una più classica ricollocazione dei partiti e delle idee attorno alle storiche categorie politiche che in Italia sembravano essere state messe in soffitta dal lungo ventennio berlusconiano. A patto però che si ponga fine, in fretta, ad un governo tecnico che obbliga la sinistra parlamentare a fare il gioco della destra. 


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