'I personaggi e i fatti qui narrati sono
immaginari, e' autentica invece la realtà' sociale ed ambientale che li
produce.'
E' con questa frase
sovraimpressa, mentre sotto scorre una veduta aerea dei nuovi quartieri di
Napoli, che si chiude Le Mani sulla Citta', il film di Francesco Rosi che fu
premiato con il Leone d'oro a Venezia nel 1963.
Altrettanto forti e significative le immagini iniziali del film,
quelle in cui l'imprenditore Nottola illustra ad un gruppo di colleghi e
politici locali le proprie intenzioni di cambiare il piano regolatore per
potere espandere la citta' la' dove sorgono terreni agricoli da acquistare a basso
costo. Alti profitti e basso rischio, e' così che un suadente Nottola,
probabilmente progenitore di odierni palazzinari, da' avvio al film.
Se non fosse per il bianco e nero ed altri dettagli di costumi si
potrebbe pensare che questo film sia stato girato ieri, o dieci anni fa, oppure
venti. Poco e' cambiato nel meridione a parte il panorama fisico delle città'.
Le Mani sulla Citta' parla dei compromessi tra potere economico e
politico e di come essi abbiano trovato un equilibrio perfetto che e' stato
capace di devastare non solo il paesaggio, ma anche l'uomo e la sua cultura.
Nella maggior parte dei casi la vita nei centri storici ha dovuto lasciare il
posto a grandi periferie la cui costruzione non e' stata accompagnata dalla
creazione di servizi pubblici che avrebbero dovuto migliorare la qualità' della
vita dei ceti popolari.
Il regista stesso parla di questo film come un film di fatti, la cui
efficacia e' frutto di una narrativa semplice e lineare. L'analisi delle
vicende che scaturiscono dal crollo di un immobile del centro storico -causato
dalla costruzione di nuovi edifici adiacenti ai vecchi- si ricollega a trame di
abusi di potere, conflitti di interessi, corruzione, clientelismo, immobilismo
ed 'ozio' burocratico.
La Napoli descritta da Rosi nel film, peraltro sua città natale, e'
ancora terra di latifondo in cui governanti e governati sono legati da un
immutabile rapporto paternalistico. Non solo il sistema politico viene
descritto come immobile, ma anche la coscienza del popolo e' lontana dall'evolversi,
al contrario di quanto in quegli stessi anni stava avvenendo per la classe
operaia del Nord Italia.
Se il boom economico che l'Italia visse al Nord all'inizio degli
anni '60 abbia assunto le vesti di speculazione edilizia al Sud, questo e' stato
possibile grazie alla "realtà' sociale ed ambientale che ha prodotto i
fatti". Un sistema sociale e politico che più' che a sopravvivere e'
riuscito a dominare immutato per più di mezzo secolo ed e' tutt'ora lungi
dall'essere smantellato.
Cio' che fa orrore e' che nonostante l'esistenza di una visione
critica, come quella data da Rosi in Le Mani sulla Citta' già' a partire dai
primi anni '60, sia ancora possibile alla speculazione di mascherarsi in
sviluppo, ad imprenditori di portare avanti interessi personali in nome del
bene della comunità' intera, e che questo metodo forte dei successi e dei
meriti ottenuti al meridione si stia oggi affermando sull'intero Paese.
Giulia Pirrone
Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete