lunedì 21 novembre 2011

La Spagna ha votato contro
Di Monica Bedana


Il risultato, scontato.
Prima, la campagna elettorale lunga quattro mesi, da quando, in luglio, Zapatero annunciò la data del voto.
La noia dei comizi elettorali: inutilmente appassionati quelli di Rubalcaba, in lotta per una sconfitta dignitosa non ottenuta, vuoti di contenuto quelli di Rajoy - l'eterno secondo finalmente premiato dai capricci dei mercati-; vuoti perché il futuro presidente della Spagna non sa davvero cosa si possa promettere agli elettori, ai cittadini, di questi tempi, senza dover giurare il falso.
Infine la piazza, gli indignati, qui liberi di manifestarsi ma incredibilmente silenziosi in questi giorni, a differenza di quanto sta accadendo nel resto del mondo.
Le loro, le nostre proteste, sono state senz'altro un mezzo importante di pressione ed espressione della società in questi ultimi mesi, ma alla fine il Paese si è dimostrato pienamente consapevole del fatto che solo nel voto risiede l'essenza della democrazia ed è da lí che bisogna partire ogni volta che si pretende di cambiare qualcosa. La rabbia della piazza dovrebbe far riflettere tutto l'arco politico, ma è un controllo parlamentario rigoroso quello che di fatto deve tener d'occhio l'agire di un governo. E ieri, in Spagna, fortunatamente è stato il voto ad esprimere la più vera e sentita protesta.

A Rajoy l'Europa non concederà quella “mezz'ora” che lui ha metaforicamente chiesto per farsi conoscere: tra domani e dicembre sono fissate cinque difficili aste del Tesoro pubblico ed il futuro presidente sarà già obbligato dai mercati a dare chiare indicazioni in materia, un mese prima della sua investitura. La crisi economica con cui si dovranno misurare i Popolari non è come quella del '96 e di cui, durante la campagna elettorale, si sono attribuiti continuamente il merito di esserne usciti. La Spagna di allora aveva sí livelli di disoccupazione uguali a quelli di oggi, ma anche un PIL che cresceva per la svalutazione della peseta, i tassi di interesse che scendevano, le entità di credito che non avevano grossi problemi, il settore privato che disponeva di finanziamenti...un contesto generale ben diverso da quello in cui è incastrato oggi il Paese.

Paradossalmente, mai come in questo momento storico, politico ed economico una maggioranza assoluta alle urne significa l'esatto contrario di avere carta bianca per governare in autonomia. Quello di ieri è senz'altro un voto contro: contro Zapatero, la sua erratica gestione economica e il tradimento lampante di tutto il suo programma di politiche sociali. Ma è anche un atto di fede: perché solo un miracolo potrebbe conciliare le urgentissime necessità di crescita del Paese e l'attuazione di un programma politico il cui unico punto chiaro è che, "a parte le pensioni, bisognerà tagliare in tutto". E la potatura di rami già pesantemente recisi può portare alla morte l'albero dello Stato sociale di cui la Spagna è stata a lungo un simbolo in Europa.


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Nasce un nuovo progetto politico: la DC
Di Nicola Melloni

Da "Liberazione" del 18 Novembre 2011

Col governo Monti si chiude probabilmente la seconda Repubblica. Così come la prima era finita con i governi tecnici Amato e Ciampi, anche il ventennio berlusconiano finisce sotto i colpi della scure del mercato. Un sistema politico impaludato e sottosviluppato non riesce a rigenerarsi senza un qualche shock esterno. Prima la fine dell’Urss e la crisi dello Sme, ora il tracollo del capitalismo liberale ed il caos finanziario che rischia di far scomparire l’Euro. Ma in Italia, come nella Sicilia del Gattopardo, apparentemente, tutto cambia perché nulla cambi davvero. D’altronde, appunto, questi cambiamenti di regime non sono il risultato di una crisi organica, come avrebbe detto Gramsci. Questi crolli non arrivano in momenti di avanzamento di un blocco storico alternativo ma, anzi, durante la sua ritirata. Almeno la fine della Dc e del Psi aveva portato a sperare in una nuova stagione politica – ma il Pci era sparito, il sindacato firmava una resa quasi incondizionata ed il liberismo avanzava trionfante. E nei fatti l’emblema di questa fase è stato Berlusconi, non certo quello che in molti sognavano quando si sperava di non morire democristiani. Berlusconi si presentava come novello Cesare con l’intento evidente di difendere interessi consolidati che rischiavano di scomparire dopo la fine della guerra fredda, quel capitalismo all’amatriciana fatto di di commesse pubbliche e corruzione di cui il Caimano era il miglior esempio.

L’esperimento berlusconiano di modernizzazione si è rivelato però una barzelletta finita in una grottesca farsa, prolungatasi ben oltre la sua naturale scadenza, il 2006, perchè nuovamente, come nel caso mussoliniano, una borghesia troppo debole per essere egemonica si era fatta sfuggire di mano la situazione. Ora a mandare via il Biscione ci hanno pensato forze assai più vaste, quelle della speculazione. E le forze nostrane più tradizionali, la borghesia industrial-finanziaria ed il mondo cattolico si candidano con forza a tornare sulla plancia di comando, sotto la tutela europea.

La composizione del governo è inequivocabile. Passera a rappresentare la grande finanza, Gnudi l’industria, Ornaghi il mondo cattolico conservatore e Riccardi quello più progressista. Con Monti a gestire il tutto. Sembra quasi il governo del Terzo Polo (Bocchino, sfacciato ed ingenuo, se l’è pure lasciato scappare), non fosse che questo Terzo Polo è destinato a diventare il primo, riassorbendo l’elettorato in fuga dal coacervo berlusconiano proprio come Forza Italia era andata a raccattare i vecchi voti del pentapartito. Terzo Polo che si nasconde sotto le insegne del governo tecnico, contando molto sulla ventata fortissima di antipolitica che spira da diversi anni a questa parte. Ma è meglio non farsi illusioni, si tratta di un governo prettamente politico, che presenterà un programma economico forte e con un programma politico ancora più ambizioso.

L’obiettivo, in maniera lapalissiana, è il superamento dell’attuale assetto politico, a partire dalla scomposizione del Pd, una parte del quale verrà assorbita (basti pensare a Letta, Veltroni e all’astro nascente Renzi), mentre l’altra verrà marginalizzata, insieme alla sinistra extraparlamentare e l’Idv. A destra ritorneranno fuori dalle stanze del potere la Lega e le parti più impresentabili del berlusconismo. Mentre davvero non si capisce perchè il Pd si presti a questo gioco da cui non può che uscire perdente. La leadership del partito si è fatta cogliere, una volta di più, di sorpresa, con la linea dettata non tanto da Bersani, ma dal vero regista di tutta questa operazione, Giorgio Napolitano, che ha praticamente imposto a Pd e Pdl il nome di Monti e la svolta centrista.

Non illudiamoci, questo riallineamento è destinato a durare ben oltre la prossima scadenza elettorale ed oltre il gabinetto Monti. Il padronato italiano deve essere salvato (in primo luogo da se stesso e dalla sua storica incapacità), perchè ora a rischio c’è la sopravvivenza stessa dell’economia ed addirittura del paese. Addirittura dell’Europa. Alcuni (come Marchionne) hanno già abbandonato la barca, altri, che non possono fare altrettanto, si affidano ad un nuovo, ma vecchissimo progetto politico. Prima la sinistra (tutta) se ne accorge, meglio è.
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Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 21/11/2011

"The City of London":
La sinistra ai tempi della crisi
Le elezioni spagnole rappresentano un segnale importante che va letto nel contesto della crisi europea. Negli ultimi 20 anni, dalla caduta dell'URSS in avanti, le differenze tra destra e sinistra si erano andate sempre più affievolendo, in fondo era la fine della storia ed il capitalismo aveva trionfato.
La sinistra era salita in corsa sul carro del vincitore e la solida e classica socialdemocrazia dell'europa occidentale ne era stata travolta non meno del comunismo. Negli anni 90 andava di moda la terza via, che in realtà era solo una prima via, neanche troppo edulcorata. Mercato, mercato, mercato...leggi tutto l'articolo
"Rassegna Stampa"

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"La scommessa di un tecnico" , di Barbara Spinelli da "Repubblica"
"Export alimentare italiano in forte crescita. La produzione al palo" , da "Teatro Naturale"
"Dai diritti ai privilegi. A passo di gambero" da "The Guardian" , articolo segnalato e commentato da Simone Rossi