mercoledì 29 febbraio 2012

Il delirio del "Corriere"

di Nicola Melloni

E poi ci domandiamo perche' la liberta' di stampa e' importante, perche' i giornali controcorrente devono vivere anche se non fanno profitti. 
Qui di seguito riportiamo un pezzo del corriere della sera di oggi 29 Febbraio:

Guardateli bene il No Tav e il carabiniere, fissate quel video di Corriere Tv, ascoltate le parole intrise di arroganza e disprezzo.
«Ehi, pecorella, sei venuto a sparare? Per quello che guadagni non ne vale la pena... ». Arrivano come uno sputo sulla visiera dell'uomo in divisa, provocano, irridono, sono la gratuita offesa di chi si ritiene impunito nei confronti di un servitore dello Stato chiamato a compiere il proprio dovere.
Non domandatevi nient'altro, adesso, non pensate all'Alta velocità o alla difesa della valle, fermatevi su una sequenza che più di ogni altra mostra dove può sfociare la cieca cattiveria di questi giorni in val di Susa. «Che Pecorella sei?», ripete il giovane manifestante appoggiato a un guard rail. «Hai un numero, un nome? Mi sa che sei illegale... Sei venuto per sparare, vuoi sparare?.. », chiede con una certa tracotanza al giovane carabiniere che lo fissa davanti.
E' difficile non riandare ad altri tempi, alle inquietudini di altre stagioni, agli incubi, alla violenza, alla gratuità di certe minacce, e non si può evitare di pensare a Pierpaolo Pasolini, alla sua invettiva in difesa di altri uomini in divisa, quei poliziotti che più di quarant'anni fa a Valle Giulia, a Roma, vennero presi a botte dai sessantottini con le facce di figli di papà e lo stesso occhio cattivo. Oggi, quarant'anni dopo, facciamo nostre le parole del poeta davanti a questo tracotante no Tav che si abbandona all'insulto nei confronti del giovane carabiniere: «Quando ieri a valle Giulia aveva fatto a botte con i poliziotti, io simpatizzavo per i poliziotti. Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono dalle periferie, contadine o urbane che siano... ».
Non c'è Pasolini oggi a difendere i poliziotti e i carabinieri schierati sui ponti di un'autostrada o davanti ad un cantiere in difesa della libertà di altri cittadini, ma bastano pochi frammenti del filmato di Corriere tv per capire da che parte stare. Perché è violenza a senso unico quella che si sente e si vede nelle immagini che adesso viaggiano su Internet. E va elogiata la calma del giovane militare, ripetutamente provocato. «Pecorella, ascolta, io pago anche per te. Vi siete divertiti, eh». Silenzio. «Fatti riconoscere. Io non so chi sei. Parla. Noi ci divertiamo un sacco a guardare voi stronzi... ». Ancora silenzio. E' difficile trattenere il fiato, lasciandosi scorrere addosso la lunga sequela di accuse. Il giovane militare ci riesce, e gli va detto pubblicamente grazie, per non aver fatto precipitare una situazione incandescente in un nuovo incidente, in uno scontro.
Era come se qualcuno non aspettasse altro. Gli animi sono surriscaldati in val di Susa. La tensione è alta. Ma certe scene di scherno i no Tav se le potevano risparmiare. Con gli insulti, con le scritte brigatiste nei confronti del giudice Caselli, con la tracotanza esibita in questo modo, si isolano da soli.
 
 Per non farci mancare nulla, mettiamo anche il link al pezzo dove si vede la scena incriminata
http://www.corriere.it/cronache/12_febbraio_29/ehi-pecorella-vuoi-sparare-giangiacomo-schiavi_2028862a-62ad-11e1-8fe6-00ac974a54fa.shtml


Scena per altro che non possiamo che stigmattizare. Al contrario del Corriere, pero', ci piace dare una informazione completa. Il giornalista da' una gran lezione di etica, ritira fuori il 68, fuori contesto e senza aver letto Pasolini per bene (che cmq va bene solo quando fa comodo...) e ci dice quanto son bravi i poliziotti e, in grande sintesi, quanto son stronzi i NO TAV.
Caro Schiavi, hai qualcosa da dirci sulle manganellate a gratis ricevute dai manifestanti a Porta Nuova, quelli che noi abbiamo pubblicato e voi no? Anche li dobbiamo ammirare la compostezza dei carabinieri? 
O forse quelle teste sfasciate dovevano essere la giusta risposta anche in autostrada, come in stazione? La pecorella deve trasformarsi in mazziatore per difendere il suo onore?
Non vedi anche tu, caro Schiavi, una sproporzioni tra un fastidioso ed insultante fare canzonatorio, e una testa grondante di sangue, senza manco aver avuto la gravissima colpa di aver preso in giro un militare?


Ecco, la liberta' di stampa serve perche' oltre Schiavi ed il Corriere, ci piacerebbe leggere anche Liberazione che ci mostra le foto del corpo di Federico Aldrovandi, martirizzato da poliziotti che forse avevano un po' meno senso del dovere di quelli cosi' solennemente immortalati dal Corriere.





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Io ci metto la faccia
Gli amici di "Resistenza Internazionale" per "Il Manifesto":
Zavorka


Sono nato in Cecoslovacchia da madre boema e padre emiliano, al terzo anno ci siamo trasferiti in Italia, a Torino, vicino alla Fiat Materiale Ferroviario, quando le fabbriche erano nel tessuto urbano e del quartiere, e si andava in fabbrica in bicicletta. Vivo oggi in un paese della provincia del sud, dai terrazzi piatti su cui si stende la biancheria, e dove un tempo si sentiva cantare e tante grida di bambini... i vecchi li vedi fermi agli angoli delle strade, sembrano spaesati, ma a pensare meglio sono più di tutti gli altri il tessuto sociale: guardano la vita, il paese, e una comunità che loro hanno contribuito a formare, con i loro tanti anni di lavoro, di rapporti umani, la seconda dimensione di un grafico, gli individui che compongono una società...

Ho nell'albero genealogico una nonnina delle campagne boeme, teta (zietta) Mackovic, una figura minuta ma vivace, a conoscerla non le si dava un ruolo importante, ma era stata una sindacalista del partito, prima e durante la guerra, vendeva il burro al mercato, al ritorno passava dal nonno e diceva: non vorrete che mi riporti a casa quello non venduto! A mia madre, chiese se si fosse avvicinata al PCI, al suo diniego le disse: ti tolgo la parola! Oggi il Repubblica Ceca è rimasto il rancore contro quegli anni, ma la loro società va avanti verso un domani oscuro e pieno di incognite. Dopo anni in cui si diceva che avrebbero dato spazio ai giovani, al merito, alle eccellenze, adesso tornano a nominare dirigenti scientifici vicini agli apparati dei ministeri, alla politica. E si sentono traditi, lasciati nella scarsità di finanziamenti e con i salari più bassi, ridotti rispetto all'anno scorso, con i terreni che dovrebbero essere partimonio del loro Ente pronti a essere oggetto di speculazioni edilizie.

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martedì 28 febbraio 2012

One Big Union


 
One Big Union è l'ultima fatica letteraria di Valerio Evangelisti. Un romanzo storico, genere in cui Evangelisti si era già esercitato con il "Collare di Fuoco", che è in realtà di grandissima attualità e ci aiuta a ricordare non solo fatti ed eventi sconosciuti ai più, ma tematiche che ci riguardano da vicino e che in tanti sembrano ignorare.
Il romanzo è ambientato nell'America a cavallo tra Ottocento e Novecento ed ha per protagonista un infiltrato nei movimenti sindacali che assiste, spesso con ruolo attivo, ai più importanti scontri tra lavoratori e padronato nell'industria ferroviaria americana. Non è tanto il ruolo degli infiltrati e delle spie, pur così importante e sinistro, a fare del libro una lettura indispensabile, quanto piuttosto la storia dei "dannati della terra", lavoratori senza diritti, con salari da fame, sfruttati e trattati alla pari di bestie. Lavoratori, che pur sconfitti di volta in volta, han continuato a lottare, a sacrificare le loro vite, in nome di un mondo migliore, che in effetti hanno lasciato in eredità ai loro figli.
La storia di quei lavoratori è più che mai attuale in un mondo in cui il lavoro è nuovamente consierato una variabile dipendente, alla mercè del capitale, in cui le vite umane e la dignità delle persone non sono considerate nel sistema produttivo. Cento anni fa, come ora, il tema rimane attuale. Per quelli che pensano che nel XXI secolo si debba guardare avanti e dimenticarsi del conflitto tra capitale e lavoro, questo libro non potrà che essere un brusco ma salutare risveglio.





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