Monti si è scatenato oggi. Soprattutto contro Berlusconi, e questo va sempre bene. Anche se racconta balle quasi al livello del nostro Silvio. Certo son bugie meno crasse, meno volgari, ma sempre bugie. Quando dice che sarebbe demagogia dire che lo spread si è abbassato grazie alla BCE e non grazie al suo governo, dice semplicemente balle. Altrimenti deve giustificare l'innalzamento dello spread dopo il Salva-Italia e dopo la riforma del lavoro, quelle misure che dovevano riconquistare la fiducia dei mercati. Ma è un Monti demagogico, come d'altronde lo sono quasi tutti i liberali. E il suo governo, fatto di slogan, di ricette pre-confezionate, di formulette da libri, senza nessuna attenzione all'economia reale lo dimostrano. E d'altronde se il metro del successo è lo spread basso mentre siamo in recessione e con la produzione industriale a picco, beh, allora forse questo signore non ha le idee tanto chiare in economia come in politica.
Ma poi, dopo l'attacco a Berlusconi, Monti se l'è presa con la CGIL ("La riforma del lavoro è stata frenata da una componente sindacale, che trova difficile evolvere") e Vendola ("Il presidente Vendola... ha detto di me che sono un liberale conservatore. Liberale
sì, conservatore sotto molto profili è Vendola"). Altra demagogia in serie. Ma cosa dovrebbe fare la CGIL? Fare gli interessi di Marchionne? E' questa l'idea di sindacato di Monti? E quanto a Vendola, forse sarà pure conservatore, che vuole difendere dei diritti che Monti giudica vecchi. E Monti ha ragione, non è un conservatore, è un reazionario, vuole riportare indietro le lancette della storia. Un pò come sentire De Maistre e Metternich dare dei conservatori ai repubblicani francesi che volevano conservare la Repubblica, invece di tornare indietro alla Monarchia.
E poi, per finire, la retorica sui giovani, il cui futuro non ha svenduto. Cosa abbia fatto lui, non si capisce. Ha aumentato il debito. Li costringe e lavorare fino a 70 anni. Aumenta la disoccupazione sia con politiche restrittive sia con la riforma delle pensioni. Aumenta il precariato e diminuisce i diritti (il vero tesoro a cui ogni giovane avrebbe diritto) con la riforma del lavoro. E ha il coraggio di parlare in favore dei giovani.
Più serio, più onesto, meno offensivo di Berlusconi. Ma Monti rimane un uomo di potere a difesa della banche, dei poteri forti, dei ricchi. Un reazionario.
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domenica 23 dicembre 2012
Il ricatto dei mercati e la grande bugia dello spread
Riproponiamo oggi un articolo uscito su Ombre Rosse appena all'indomani della caduta del governo Monti, quando gia' si vagheggiava di un attacco contro l'Italia dei mercati finanziari. Come si e' visto, l'ennesimo falso ideologico costruito a favore del governo.
di Nicola Melloni
di Nicola Melloni
da Ombre Rosse
E dunque, lo scorso weekend è stato tutto un piangersi addosso. Ha iniziato Napolitano che invece di tranquillizzare ha deciso di buttare benzina sul fuoco, con parole torve e minacciose: «I mercati? Vedremo cosa fanno lunedì». E poi han continuato Corriere e Repubblica e tutti gli altri grandi sponsor del governo tecnico: «Comunità internazionale che non capisce e da lunedì ci farà pagare un prezzo assai alto» (De Bortoli), «Le dimissioni di Monti sono arrivate come un fulmine. Non certo un fulmine a ciel sereno perché sereno non è affatto ed anzi è rigonfio di nubi nere e cariche di tempesta….una campagna elettorale con l'insegna del "tanto peggio tanto meglio", con i mercati in agguato e la finanza pubblica a rischio di grave pericolo» (Scalfari). Il messaggio era chiaro: non si può mettere in discussione la linea di politica economica finora adottata.
Lunedì la Borsa ha aperto in ribasso, lo spread è salito, ed ecco che tutti i giornali titolavano sul grande rischio che correva l’Italia. Intanto Monti ribadiva: «I mercati? Li capisco». E di questo, almeno, nessuno ha mai dubitato. Forse allora avevano avuto ragione l’anno scorso quando ci era stato imposto il governo tecnico, una sorta di male necessario per evitare il peggio.
Ed invece… Mercoledì l’asta dei Bot è stata un successo coi rendimenti in ribasso, nonostante la crisi di governo. E giovedì è intervenuto addirittura Moody’s con una dichiarazione che ha tagliato la testa al toro: «Le turbolenze politiche in Italia hanno conseguenze limitate sull'affidabilità creditizia del Paese». Ma che sorpresa! Allora si può andare a votare senza mettere a rischio la stabilità del Paese, come d’altronde, nel mezzo della crisi, avevano fatto in Spagna, Portogallo, Irlanda e perfino, per ben due volte, in Grecia.
Attenzione però, ci dicono ora. Votare va bene, ma bisogna votare in un certo modo. Non a caso la preoccupazione principale del centrosinistra è quella di rassicurare i mercati e i partner europei (così giorni fa l’Unità ed anche Bersani intervistato dal Wall Street Journal). Che tradotto vuole circa dire, votate, vinciamo, ma la famosa agenda rimane sempre la stessa perché lo vogliono i mercati. E chi la discute è demagogico, populista, irresponsabile.
Ma siamo sicuri che sia proprio così? Chi sono questi mercati e cosa vogliono esattamente? Occorre fare chiarezza. I mercati sono entità astratte, composte da migliaia di operatori. I mercati, in fondo, siamo anche noi quando compriamo un Bot o un CCT. Gli investitori, quelli cioè che hanno messo i soldi, vogliono semplicemente una cosa, che i debiti vengano onorati. Che lo si faccia tassando i ricchi o i poveri, per loro ha poca importanza. Altra cosa, invece, è quella che vogliono i grandi capitalisti (anche se non tutti, per fortuna): loro vogliono meno tasse per i ricchi, libertà di licenziamento, salari bassi. C’è una bella differenza.
Per un anno e più ci hanno detto che l’austerity non si poteva discutere se non si voleva fallire. E che austerity non vuol dire, ad esempio, patrimoniale, ma Iva maggiorata e tagli a sanità e scuola. Ma eran tutte balle. In America, dove non c’è stata austerity, ed il debito è salito, i tassi di interesse sono scesi, non saliti. E recentemente, l’ex vice presidente di Moody’s ha attaccato Monti e Draghi, responsabili dei pessimi risultati dell’Italia. Ed anche un editoriale del Financial Times ha festeggiato le dimissioni di Monti, le cui politiche si sono rivelate inadeguate. Tanto per citare alcune autorevoli voci dei mercati finanziari che non credono in questo tipo di politica economica che arricchisce alcuni ma mette a rischio la tenuta proprio di quei famosi mercati di cui tanto parliamo. Gli investitori, infatti, sarebbero ben più contenti se l’Italia crescesse, perché soltanto con la crescita, e non certo con l’austerity, si possono pagare i debiti.
In realtà in questo anno, sotto il cosiddetto ricatto dello spread, si è approfittato della crisi per scassinare la Costituzione e far passare a tamburo battente le contro-riforme del lavoro e delle pensioni. L’agenda Monti è stata l’agenda del grande capitale che si approfitta di crisi, disastri ed emergenze per imporre politiche altrimenti inaccettabili, come spiegato già qualche tempo fa da Naomi Klein nel suo Shock Doctrine. Ora ci vorrebbero far votare sotto lo stesso ricatto, ripetendo le stesse bugie.
fonte: http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2012/12/15/29354-il-ricatto-dei-mercati-e-la-grande-bugia-dello-spread/
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