SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
In un film di Woody Allen uscito alcuni anni fa, intitolato Match Point, il destino del protagonista, un giovane arrampicatore sociale che uccide l'amante per non perdere il proprio status, si gioca sulla traiettoria di un anello, prova incriminante che tocca un parapetto mentre egli tenta di gettare nel Tamigi: cadendo dal “lato giusto” l'anello è raccolto da un vagabondo che, alla fine, pagherà le colpe del protagonista. Questa crudele metafora mi pare esemplificativa della società in cui viviamo; la collocazione geografica e lo status sociale del grembo in cui un essere umano è concepito ne deciderà le sorti a venire, nonostante tanta retorica sulla meritocrazia e l'uguaglianza delle opportunità.
Dopo quattro giorni e tre notti di saccheggi, di guerriglia urbana e di incendi, la città di Londra sembra esser tornata alla normalità, mentre altrove gli strascichi delle rivolte sono continuati per alcune ore, causando la morte di tre giovani nei pressi di Birmingham. Alle dirette televisive degli scontri seguono le interviste ai rappresentanti nelle istituzioni ed i commenti su quotidiani, forum, network sociali. Finalmente, martedì mattina appaiono in televisione il Primo Ministro David Cameron ed il Sindaco dell'area metropolitana Boris Johnson, entrambi esponenti del partito dei Conservatori, tornati di fresco dalle loro vacanze all'estero, pronti a stringere mani ed a dispensare frasi ad effetto. Johnson, uno strenuo difensore dei tagli alla spesa pubblica fino al giorno prima e che ha già messo alla porta centinaia di dipendenti della Metropolitan Police dal 2008 ad oggi, ci fa sapere che in un tale momento i tagli alle forze di polizia sono dannosi; Cameron, dimentico del discorso pronunciato nel 2006 e conosciuto come Hug a Hoodie [letteralmente 'abbraccia un incappucciato', con riferimento alle felpe con il cappuccio tipicamente utilizzate dai giovani delle periferie] ha promesso che la polizia avrà la necessaria copertura legale (e politica) nei confronti di qualsiasi tipo di misura che sarà presa per assicurare alla giustizia i responsabili dei saccheggi e delle devastazioni, anche a scapito del rispetto dei diritti umani. Oltre all'inversione di cento ottanta gradi del sindaco in tema di tagli ed all'esibizione muscolare e retorica del capo dell'Esecutivo, non abbiamo udito, sinora, una parola che metta in discussione il modello sociale che ha costituito il brodo di coltura di questi incidenti, non una considerazione sulla necessità di mettere in atto politiche rivolte ai giovani delle aree marginali, per sottrarli al”fascino” delle bande di quartiere. Dall'opposizione Laburista si ode, invece, un assordante silenzio, rotto dalle dichiarazioni di alcuni esponenti come la deputata Diane Abbott, sfidante di Ed Milliband nella corsa alla Segreteria del partito, e di Ken Livingston, già Sindaco della capitale e probabile candidato laburista alle amministrative del prossimo anno, che hanno messo in luce quali siano le cause sociali e politiche in cui prosperano le gang, chiamando le forze di governo ad assumersi le proprie responsabilità.
Toni non molto differenti da quelli dei leader di partito si riscontrano nelle interviste e nei commenti rilasciati dai cittadini ai mezzi di informazione o in Rete, nei forum di discussione e nei commenti agli articoli dei quotidiani. Al comprensibile e giustificato desiderio di inquadrare gli eventi degli scorsi giorni per per ciò che sono stati, atti di vandalismo e di criminalità, troppo spesso subentra il disperato tentativo di rimuovere qualsiasi connotato alla rivolta, negando il contesto di degrado, povertà ed alienazione da cui provengono molti dei rivoltosi; in tal senso assumono tonalità preoccupanti i richiami di alcuni cittadini alla questione razziale, a dispetto della varietà etnica dei moti, e lo sforzo di dipingere gli abitanti delle aree marginali come dei fannulloni, dipendenti dai sussidi, parassiti. A riportarci sul piano della realtà ed a richiamare i cittadini all'empatia sono alcuni operatori sociali intervistati dalla BBC ed alcuni cittadini che spiegano nei forum cosa significhi esser nato al limite del parapetto e come sia facile scivolare dal lato sbagliato e finire in una spirale di violenza e di delinquenza. Parole che una parte della cittadinanza, per convenienza o per ottusità, sembra non comprendere, così come paiono esser rimbalzate via da una classe dirigente figlia dell'alta borghesia, poco avvezza alla quotidianità del cittadino comune e, lapalissiano quanto ignorato dai più, inadatta a guidare il Paese in una fase critica e delicata come quella che stiamo attraversando. Il rischio è che a pagare l'inadeguatezza della classe dominante siano nuovamente i cittadini comuni, in particolare i più poveri, con un incremento della tensione sociale, della criminalità e la sempre più frequente esplosione di una rabbia incontrollata, unita al desiderio di rivalsa.
venerdì 12 agosto 2011
I frutti avariati del liberalismo e della crisi
Di Nicola Melloni
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
Londra è in fiamme e l’incendio si sta velocemente propagando al resto d’Inghilterra. Dopo aver proseguito
per diversi giorni la sua vacanza toscana, David Cameron è tornato fuori tempo massimo a Downing Street
e non ha trovato niente di meglio da dire che queste violenze sono pura e semplice criminalità. Bella
scoperta! Che sia criminalità non c’erano dubbi, che la distruzione di negozi, che l’incendio di appartamenti,
che il saccheggio siano atti da condannare è fuori discussione. Un politico serio, però, avrebbe il dovere di
farsi alcune domande e darsi le relative risposte, e non semplicemente costatare l’ovvio.
Perché dunque queste rivolte? Perché a Tottenham e poi Croydon, Vauxhall e Hackney, perché poi si è
passati a Birmigham, Liverpool e Manchester? Perché ora? Cerchiamo di vedere oltre la coltre di fumo dei
fuochi della rivolta. La Gran Bretagna che il New Labour ha lasciato in eredità a Cameron è il paese
dell’Europa occidentale con il più alto tasso di diseguaglianza e quello in cui, secondo la London School of
Economics, la mobilità sociale è più bassa – fa peggio addirittura dell’Italia. Il problema, che ha molti risvolti
e sfaccettature, trova il suo fulcro in un sistema educativo essenzialmente classista, con scuole private per
le élites che portano direttamente alle grandi università, e scuole pubbliche per chi non può permettersi
l’istruzione privata. L’accesso alle università più prestigiose garantisce ai figli dei ricchi (essenzialmente
bianchi) un accesso privilegiato al mercato del lavoro, soprattutto nel settore finanziario e in posti
dirigenziali. L’istruzione pubblica, invece, di modestissimo livello fa sì che i figli delle periferie nere, ma non
solo, rimangono esclusi da qualsiasi opportunità di riscatto sociale e non a caso pochi mesi fa il Guardian
denunciava che molti dei college di Oxford e Cambridge non accettavano studenti di colore, non per
razzismo ma perché non abbastanza preparati in quanto provenienti dalle state school. Questa situazione,
bisogna essere chiari, è figlia di una struttura sociale e di una certa cultura inglese di lunga data, ma anche e
soprattutto delle politiche economiche e sociali degli ultimi tre decenni, prima con la Thatcher e poi con
Blair. Il nuovo governo di coalizione, poi, ci ha messo del suo. Le rette scolastiche aumenteranno fino a
9.000 sterline e dunque anche quegli studenti che, tra mille difficoltà, riescono ad emergere dalla scuola
pubblica saranno costretti o a rinunciare all’istruzione superiore o ad indebitarsi fino al collo. In tempi di
crisi, inoltre, la disoccupazione è notevolmente aumentata, colpendo, come sempre, in maniera
sproporzionata le fasce più deboli della popolazione su cui il governo Tory si è ulteriormente accanito con
l’aumento dell’IVA e, soprattutto, con i tagli ai servizi sociali, soprattutto a quelli gestiti dalle comunità
locali. Ecco dunque che le nostre domande trovano facili risposte. Le rivolte di questi giorni sono la risposta
dei senza speranza che aspettavano solo un pretesto per dar sfogo alla propria rabbia; avvengono
soprattutto nei quartieri “etnici” periferici perché li si annidano la povertà e l’emarginazione più eclatanti –
si tratta dunque di una questione squisitamente sociale che diventa razziale solo in seconda istanza, in
quanto, come sempre, i poveri e gli sfruttati vengono soprattutto dalle minoranze; infine la scintilla è
scoccata ora perché i governi Labour, pur colpevolssimi di questi disastro sociale, avevano più risorse con
cui tenere tranquille le comunità locali e, bisogna ammetterlo, un approccio comunque più intelligente ed
inclusivo alle politiche sociali. Cameron ed il governo di coalizione, invece, sono andati dritti verso lo
scontro, in tipico stile Tory. Certo avevano contato molto sulla passività di un Labour in grande difficoltà e
ormai senza capacità di mobilitazione e sulla debolezza dei sindacati che ancora non si sono ripresi dalla
botta data loro dalla Thatcher. Dunque che questa rivolta, essenzialmente sotto-proletaria, non abbia un
carattere politico ma soprattutto teppistico non può sorprendere, data la totale assenza di forze politiche e
sindacali in grado di rappresentare il disagio sociale. La sinistra, inglese e non, dovrebbe ricordarsi che gli
sfruttati senza coscienza di classe diventano solo cani sciolti, così come accade negli USA, paese dalle
diseguaglianze estreme che per tenere a bada il conflitto sociale utilizza un sistema repressivo durissimo ed
una politica carceraria indegna di una democrazia. La nuova linea politica del liberismo, ormai incapace di
coniugare crescita economica e pari opportunità, sembra ormai quella della repressione.
Da Liberazione dell'11 agosto 2011.
Londra è in fiamme e l’incendio si sta velocemente propagando al resto d’Inghilterra. Dopo aver proseguito
per diversi giorni la sua vacanza toscana, David Cameron è tornato fuori tempo massimo a Downing Street
e non ha trovato niente di meglio da dire che queste violenze sono pura e semplice criminalità. Bella
scoperta! Che sia criminalità non c’erano dubbi, che la distruzione di negozi, che l’incendio di appartamenti,
che il saccheggio siano atti da condannare è fuori discussione. Un politico serio, però, avrebbe il dovere di
farsi alcune domande e darsi le relative risposte, e non semplicemente costatare l’ovvio.
Perché dunque queste rivolte? Perché a Tottenham e poi Croydon, Vauxhall e Hackney, perché poi si è
passati a Birmigham, Liverpool e Manchester? Perché ora? Cerchiamo di vedere oltre la coltre di fumo dei
fuochi della rivolta. La Gran Bretagna che il New Labour ha lasciato in eredità a Cameron è il paese
dell’Europa occidentale con il più alto tasso di diseguaglianza e quello in cui, secondo la London School of
Economics, la mobilità sociale è più bassa – fa peggio addirittura dell’Italia. Il problema, che ha molti risvolti
e sfaccettature, trova il suo fulcro in un sistema educativo essenzialmente classista, con scuole private per
le élites che portano direttamente alle grandi università, e scuole pubbliche per chi non può permettersi
l’istruzione privata. L’accesso alle università più prestigiose garantisce ai figli dei ricchi (essenzialmente
bianchi) un accesso privilegiato al mercato del lavoro, soprattutto nel settore finanziario e in posti
dirigenziali. L’istruzione pubblica, invece, di modestissimo livello fa sì che i figli delle periferie nere, ma non
solo, rimangono esclusi da qualsiasi opportunità di riscatto sociale e non a caso pochi mesi fa il Guardian
denunciava che molti dei college di Oxford e Cambridge non accettavano studenti di colore, non per
razzismo ma perché non abbastanza preparati in quanto provenienti dalle state school. Questa situazione,
bisogna essere chiari, è figlia di una struttura sociale e di una certa cultura inglese di lunga data, ma anche e
soprattutto delle politiche economiche e sociali degli ultimi tre decenni, prima con la Thatcher e poi con
Blair. Il nuovo governo di coalizione, poi, ci ha messo del suo. Le rette scolastiche aumenteranno fino a
9.000 sterline e dunque anche quegli studenti che, tra mille difficoltà, riescono ad emergere dalla scuola
pubblica saranno costretti o a rinunciare all’istruzione superiore o ad indebitarsi fino al collo. In tempi di
crisi, inoltre, la disoccupazione è notevolmente aumentata, colpendo, come sempre, in maniera
sproporzionata le fasce più deboli della popolazione su cui il governo Tory si è ulteriormente accanito con
l’aumento dell’IVA e, soprattutto, con i tagli ai servizi sociali, soprattutto a quelli gestiti dalle comunità
locali. Ecco dunque che le nostre domande trovano facili risposte. Le rivolte di questi giorni sono la risposta
dei senza speranza che aspettavano solo un pretesto per dar sfogo alla propria rabbia; avvengono
soprattutto nei quartieri “etnici” periferici perché li si annidano la povertà e l’emarginazione più eclatanti –
si tratta dunque di una questione squisitamente sociale che diventa razziale solo in seconda istanza, in
quanto, come sempre, i poveri e gli sfruttati vengono soprattutto dalle minoranze; infine la scintilla è
scoccata ora perché i governi Labour, pur colpevolssimi di questi disastro sociale, avevano più risorse con
cui tenere tranquille le comunità locali e, bisogna ammetterlo, un approccio comunque più intelligente ed
inclusivo alle politiche sociali. Cameron ed il governo di coalizione, invece, sono andati dritti verso lo
scontro, in tipico stile Tory. Certo avevano contato molto sulla passività di un Labour in grande difficoltà e
ormai senza capacità di mobilitazione e sulla debolezza dei sindacati che ancora non si sono ripresi dalla
botta data loro dalla Thatcher. Dunque che questa rivolta, essenzialmente sotto-proletaria, non abbia un
carattere politico ma soprattutto teppistico non può sorprendere, data la totale assenza di forze politiche e
sindacali in grado di rappresentare il disagio sociale. La sinistra, inglese e non, dovrebbe ricordarsi che gli
sfruttati senza coscienza di classe diventano solo cani sciolti, così come accade negli USA, paese dalle
diseguaglianze estreme che per tenere a bada il conflitto sociale utilizza un sistema repressivo durissimo ed
una politica carceraria indegna di una democrazia. La nuova linea politica del liberismo, ormai incapace di
coniugare crescita economica e pari opportunità, sembra ormai quella della repressione.
Da Liberazione dell'11 agosto 2011.
Il lusso è un diritto
Di Monica Bedana
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
Tra le tante immagini di Londra che ho scorso con gli occhi in questi giorni, l'attenzione mi si è soffermata su un cumulo di auto in fiamme sopra le quali campeggiava un cartellone pubblicitario che risulterebbe odioso e idiota perfino in tempi utopici di perfetta equità sociale. Anche se vivessimo nel migliore dei mondi possibili, un annuncio pubblicitario del genere fa come minimo venir voglia di appiccargli un fuoco immediato.
E' evidente che il concetto di lusso, di questi tempi, va ridefinito.
La democrazia, nel pieno delle sue funzioni e prerogative, che mette cioè al riparo i suoi cittadini dalla disuguaglianza sociale e dai conflitti che essa genera, è oggi il lusso più ambito ovunque e un diritto sacrosanto al tempo stesso.
E un lusso sarebbero le strade di questo mondo, da Londra a Bombay, da Washington a Kandahar, finalmente ripulite anche da campagne pubblicitarie senza ritegno come questa. E sarà un caso che questa idea del lusso, completamente priva di humanitas e profondamente ricca invece di dileggio morale, sia stata partorita dal gruppo Fiat, quello di Marchionne, un tipo che di diritti (del capitalismo) se ne intende davvero.
Tra le tante immagini di Londra che ho scorso con gli occhi in questi giorni, l'attenzione mi si è soffermata su un cumulo di auto in fiamme sopra le quali campeggiava un cartellone pubblicitario che risulterebbe odioso e idiota perfino in tempi utopici di perfetta equità sociale. Anche se vivessimo nel migliore dei mondi possibili, un annuncio pubblicitario del genere fa come minimo venir voglia di appiccargli un fuoco immediato.
E' evidente che il concetto di lusso, di questi tempi, va ridefinito.
La democrazia, nel pieno delle sue funzioni e prerogative, che mette cioè al riparo i suoi cittadini dalla disuguaglianza sociale e dai conflitti che essa genera, è oggi il lusso più ambito ovunque e un diritto sacrosanto al tempo stesso.
E un lusso sarebbero le strade di questo mondo, da Londra a Bombay, da Washington a Kandahar, finalmente ripulite anche da campagne pubblicitarie senza ritegno come questa. E sarà un caso che questa idea del lusso, completamente priva di humanitas e profondamente ricca invece di dileggio morale, sia stata partorita dal gruppo Fiat, quello di Marchionne, un tipo che di diritti (del capitalismo) se ne intende davvero.
Le rivolte di Londra secondo Chris Knight
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
Per leggere l'articolo che ci è stato segnalato da Genny Carraro clicca QUI.
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