lunedì 25 marzo 2013

Dopo Nicosia, Londra e Lussemburgo!

di Nicola Melloni
da Liberazione

Ed infine si trovò un accordo a Cipro. Dopo una settimana di isterie, proposte assurde e piani fatti e passati alla rinfusa, finalmente si è trovata una soluzione, per quanto parziale, ai problemi più pressanti dell’isola.
La differenza fondamentale rispetto al primo piano è che tutti i conti correnti sotto i 100 mila euro saranno garantiti e salvati. Non è una cosa da poco, per una volta non si colpiscono, almeno in maniera diretta, i più poveri e si vanno a cercare i soldi dai più ricchi. Ovviamente, subito dopo si inizierà con i soliti programmi di austerity e privatizzazione, quindi non c’è da brindare per l’accordo raggiunto – e tantissime imprese rischiano ora la chiusura vedendosi i loro conti drasticamente tagliati. Ma l’accordo di ieri è sicuramente un deciso passo avanti rispetto alla settimana scorsa.
Inoltre, una sostanziale fetta dei prelievi dai conti correnti più ricchi verrà dai depositi degli stranieri che hanno usato Cipro come un centro off shore, soprattutto i famosi e famigerati oligarchi russi, ma anche inglesi e tedeschi che hanno sfruttato i vantaggi fiscali concessi dall’isola. Una soluzione, dunque, che ricorda in parte l’Islanda dove le perdite delle banche vennero coperte da prelievi forzosi sui conti esteri – in quel caso soprattutto inglesi (ancora!) ed olandesi. Conseguentemente, i giorni di Cipro come paradiso fiscale sono sostanzialmente finiti. Il settore bancario, così enorme rispetto all’economia di Cipro (quasi 8 volte il valore del Pil) si sgonfierà velocemente e gli investitori esteri, appena le banche saranno riaperte, se ne andranno di gran furia.
Per andare dove però? Perché che le banche cipriote fossero da normalizzare non ci sono dubbi, ma non è certo un caso unico in Europa. Il Lussemburgo ha un sistema bancario che vale 24 volte il Pil del paese senza che nessuno abbia nulla da dire al proposito – forse perché molti capitali sono tedeschi, o più in generale europei e quindi è conveniente per tutti tenere aperto un bel paradiso fiscale nel cuore dell’Europa. E che dire della City di Londra che, in un paese di 60 milioni di abitanti, e non in una piccola isola, ha delle passività quattro volte superiori al Pil della Gran Bretagna? Anche lì con molti russi, oltre arabi e tanti altri capitali di dubbia provenienza. Come mai ora tutti puntano il dito contro Nicosia e le sue allegre pratiche finanziarie e nessuno ha nulla da dire su quello che succede nel resto d’Europa?
Se la Ue avesse intenzione di riportare la finanza sotto controllo non potremmo che rallegrarcene. Nuovamente, però, a Bruxelles sembrano procedere a tentoni, senza nessun piano strategico. Oggi si punisce Cipro, dopo aver colpito la Grecia e già si aspetta un prossimo intervento in Slovenia. Ma di una riforma organica non si sente proprio parlare. Della famosa unione bancaria si sono per ora perse le tracce, osteggiata dai tedeschi, il che ovviamente mette in difficoltà le banche dei Piigs esposte a potenziali fughe di capitale. Più in generale si continua a non discutere degli altri passi fondamentali per dare una struttura stabile all’area monetaria: una banca centrale che sia un vero prestatore di ultima istanza; un sistema che intervenga sui disequilibri macroeconomici sia dalla parte dei debitori (come ora) che dei creditori (cosa che invece non avviene); ed infine un governo che possa organizzare trasferimenti fiscali per alleviare le conseguenze sociali dei suddetti disequilibri e delle crisi.
Senza tutto questo la soluzione ideata per Cipro sarà solo l’ennesima pezza per tappare un buco ben più grande. Deprimerà l’economia dell’isola e sposterà in avanti il redde rationem a livello continentale. In attesa della prossima crisi.

Due o tre cose che potrebbe fare il PD

Dentro il PD si è già scatenata la battaglia, da una parte quelli, alla Fassina, che vogliono un governo di rottura, dall'altra chi, come i seguaci di Renzi (e, immaginiamo, tanti vecchi big), vuole un governo di scopo con Berlusconi, probabilmente con l'appoggio del Colle. Circa sulla stessa linea si dividono i grandi giornali, col Corriere che parla di aperture a Monti, Cancelleri, addirittura Bombassei, mentre la Repubblica racconta di un Bersani con Rodotà e altre personalità d'area.
Il problema non è di poco conto. Berlusconi vuole l'accordo ma non il cambiamento; Grillo invece, dice di voler cambiare le cose ma non vuole nessun accordo. A soffrirne sarebbe solo il Paese che ha bisogno di un vero e proprio cambio di marcia.
Partendo magari dalle cose più semplici che sono anche quelle di maggiore impatto. Per esempio sul Corriere di domenica Dario di Vico ha raccontato la situazione disastrosa dei pendolari italiani, tra chi va in macchina, chi in bus, chi in treno, con una disorganizzazione totale, una rete obsoleta, infrastrutture inadeguate. Ebbene, in una situazione del genere, con pochi soldi e quindi con la necessità di fare scelte, non sarebbe un segnale di grandissima discontinuità sospendere a tempo indeterminato la TAV Torino-Lione e dedicare tutte quelle risorse al problema dei pendolari? La TAV, si dice, porta investimenti (sicuramente), lavoro (in parte), crescita (tutto da dimostrare) ma poco o nessun miglioramento nella qualità della vita delle persone. Una modernizzazione del sistema pendolare invece potrebbe allo stesso tempo avere un effetto benefico sulla vita di milioni di persone ed anche migliorar notevolmente la produttività (niente ritardi, meno stress, meno tempi morti e persi, etc etc..).
Nella stessa maniera si potrebbe decidere di cancellare completamente il programma degli F 35. Non una riduzione degli apparecchi comprati, proprio una rinuncia al programma, come per altro fatto senza scandali da altri Paesi, anche in virtù di un prodotto che, secondo molti mezzi di informazione tra cui il NYT, ha una spesa completamente fuori controllo e difetti tecnici disastrosi. Anche qui, i soldi per la ricerca servirebbero come il pane, per costruire basi solide per il presente e soprattutto il futuro del paese, per non perdere più talenti e intelligenze ma per attirarle, per rendere un servizio al sistema economico integrato, per investire in uno dei settori chiavi del Paese, l'Università.
Ed infine, la scuola pubblica. A Bologna a Maggio si terrà un referendum per togliere i fondi alle scuole private paritarie. Come si ricorderà il dettato costituzionale spiega chiaramente che alle scuole private è riconosciuta pari dignità ma senza oneri per lo Stato. Cosa puntualmente disattesa da Governo, Regioni e Comuni, comprese indubbiamente tante amministrazione di centrosinistra. Ecco, sarebbe bello che per rispetto sia ai cittadini che alla legge il PD chiudesse immediatamente questo assurdo movimento di soldi verso le private. Nella scuola pubblica non ci sono i soldi per la carta igienica e intanto paghiamo parte della retta (che rimane comunque più cara che nel pubblico) finanziando le scuole private?
Qui non si tratta diciamolo chiaramente, di fare niente di rivoluzionario, semplicemente di buon senso. Di stare dalla parte dei cittadini. Di non trincerarsi dietro interessi più grandi e spesso intangibili per i più. Ma di concentrarsi in progetti che migliorino, giorno per giorno, la vita degli italiani. Programmi inattaccabili cui dovrebbero dare il voto tutti quelli cui interessa il futuro dell'Italia.