Gli indignati del 15 maggio (15 M) hanno camminato senza vacillare fino al 19 giugno (19 J, 200.000 persone pacificamente indignate che riempivano strade, piazze e perfino gli angoli più remoti della penisola iberica) ed ora corrono verso il 15 ottobre (15 O), all'appuntamento con uno sciopero generale che sarà probabilmente convocato a nome loro da un sindacato minore.
Le date, in questo Paese, sono importanti. Nel bene e nel male, espresse in linguaggio colloquiale da numero e lettera, qui segnano sempre una pietra miliare, un antes y un después nella storia contemporanea. E gli scioperi generali non sono uno scherzo; forma di protesta utilizzata con grandissima parsimonia, quando colpisce mette in ginocchio l'intera nazione. La classe politica lo sa e ieri il Parlamento ha avviato il primo dibattito, con la partecipazione di tutti i partiti (su proposta della sinistra repubblicana della Catalogna, ERC), sul movimento del 15 M.
La macchina politica che, per una volta, si ferma a tendere l'orecchio al cittadino; da disincantata italiana e romantica della politica questo fatto ha per me un valore quasi magico.
Poco o nulla significano in realtà le conclusioni a cui sono giunti i parlamentari; generiche promesse di accelerare la legge sulla trasparenza e di migliorare il funzionamento democratico. Aria fritta, in pratica. Ma anche il puro tramite vale la pena quando ascolti la casta che, finalmente in imbarazzo, tenta di giustificare i propri privilegi (limitatissimi peraltro, rispetto a quelli dei parlamentari italiani e di buona parte del resto dei colleghi europei) e sente il fiato della piazza sul collo.
Gli indignati siamo, dobbiamo essere tutti. Sulle pagine dei giornali, nelle immagini della tivù, parla per noi quel 43% di giovanissima popolazione spagnola che non trova lavoro, che denuncia una classe politica che non ci rappresenta ed i loro privilegi, che esige pulizia e trasparenza nelle Istituzioni e che ora alza il tiro, esce dai confini della Spagna e punta dritto al “patto dell'euro”, la strada giusta per trascinare le coscienze dell'Europa intera.
Dice Stéphane Hessel, quasi 94 anni, eroe della Resistenza francese, che gli indignati sono i Resistenti dei nostri giorni e questa idea mi piace. Dice che il nemico di oggi, la dittatura del mercato, è molto più insidioso e duro da combattere del nazismo di ieri e che l'indifferenza è senza dubbio l'atteggiamento peggiore. E nessuno può essere indifferente al fatto che non può esistere democrazia se non siamo padroni del nostro destino.