domenica 26 maggio 2013

Il referendum di Bologna per una scuola di serie A

La fortuna è di essere bolognese, anche se emigrato. Così, preso un aereo, posso tornare per votare al referendum sui finanziamenti alle scuole paritarie. Una scelta che posso così sintetizzare: da una parte le ragioni della logica, del diritto, della Costituzione e pure del buon senso. Dall'altra una campagna scorretta, sguaiata, da anni 50. Il Comune invita a votare B come bambini come se i promotori del referendum volessero male ai bambini. Li vogliono lasciare in mezzo alla strada, dicono. E quando mai?
Il Comune finanzia ogni anno le scuole private paritarie con 1 milione di euro. 600 euro a bambino, contribuendo alla retta per chi decide (o è costretto) di andare nelle paritarie. Nel frattempo,  a inizio anno, 400 bambini sono rimasti esclusi da un posto al nido, poi ridotti con i salti mortali a 100. Col milione di euro si garantirebbero nella scuola pubblica 300 posti aggiuntivi, dunque non ci sarebbero più bambini a casa. Il Comune sostiene che se venissero però tolti i finanziamenti alla private ci sarebbero molti altri bambini impossibilitati ad andare all'asilo, non potendosi permettere il costo aggiuntivo. Non ci sono però dati che supportano tale tesi, la % di bambini nelle paritarie è rimasta immutata prima e dopo il finanziamento pubblico.
Non basta: le scuole paritaria, al 90% confessionali, già ricevono finanziamenti pubblici con l'8 per mille. Eppure vogliono ancora altri soldi per funzionare correttamente. Semplicemente sono scuole inefficienti, che vorrebbero dare libertà di scelta, che si mettono in concorrenza col pubblico e trasformano l'istruzione in un mercato. Ma sono incapaci di competere nel suddetto mercato, ciucciano la mammella pubblica perché non sono in grado di competere in maniera efficiente.
Sarà dunque un problema loro reperire risorse aggiuntive o migliorare il bilancio per attrarre altri bambini non ricchi - a meno che l'insegnamento confessionale non sia un diritto solo dei più abbienti.
Il sindaco di Bologna ed il PD tutto, con l'aiuto pure del Ministro della Pubblica Istruzione, accusano i referendari di fare una campagna ideologica, quando è ormai chiaro che si tratta di una battaglia in difesa della Costituzione e della Scuola Pubblica. Soprattutto, il Comune non sembra accorgersi che la B che invitano a votare, è la B di business, quello che gli istituti paritari fanno sulla testa dei bambini e dei genitori bolognesi. Propagano la loro fede, ma non a gratis. Fanno pagare le famiglie e pretendono che paghino anche i contribuenti.
Merola si è, un pò pateticamente rivolto a coloro che una volta erano bambini bolognesi e ora sono genitori affinchè votino per il sistema Bologna, quello che garantisce il diritto all'asilo. Si dimentica, ahimè di dire, che quando quei genitori andavano all'asilo non c'erano i finanziamenti alle scuole private (iniziati nel 95, in concomitanza con l'Ulivo, sarà un caso...). Eppure il diritto all'asilo era garantito meglio di adesso.
Si informi, Merola, prima di fare figuracce.