martedì 28 maggio 2013

Diritti da romanzo epistolare

Di @MonicaRBedana

Vabbè che all’origine di tutto c’è sempre un manoscritto.
E’ l’artifizio, il pretesto, il nome della rosa.
Ma non può essere una cosa seria che le leggi per i diritti delle coppie dello stesso sesso vengano ora scritte all’improvviso sul filo dello scambio epistolare lacrimogeno  tra un adolescente wertheriano e la Presidente della Camera. E che il giorno dopo, il giornale che ospita la schermaglia dichiari che perfino il PDL si è finalmente convinto e convertito (e di sicuro è a sostegno di questa tesi che Galan, noto alfiere dell’apertura mentale e della tolleranza, fintamente rintuzza in radio quel Giovanardi a cui mai bisognerebbe porgere un microfono per il bene dell’umanità intera, non solo di genere. Patetiche macchiette).
E quindi si proclama un precipitoso lieto fine mediatico, e vissero tutti felici e contenti fino alla prossima rimbombante dichiarazione. A cui seguirà il solito nulla di fatto come un' eco lontana.




L'Italia contro la politica

Ha vinto il PD? Di certo ai democrats è andata molto ma molto meglio di quello che ci si aspettava. In testa in quasi tutti i comuni. Mica male. Ma da qui a parlare di vittoria, ce ne passa. Praticamente ovunque il PD ha perso voti, e non ne ha neanche persi pochi. Solo che gli altri ne hanno persi di più.
Il caso di Roma è emblematico.


Marino è riuscito nell'impresa mica da ridere di perdere 1/3 dei voti che Rutelli prese al primo turno. Insomma, un disastro a tutto tondo. A cui però gli altri guardano con invidia. Il Pdl ha dimezzato i suoi voti, un tracollo. In realtà però non è una sorpresa. Lo stesso Pdl aveva perso il 40% dei suoi voti alle elezioni politiche. Eppure lo si era accreditato di una grande vittoria. No, era stata una sconfitta clamorosa. Non vista solo dal PD e dal suo gruppo dirigente che hanno deciso di andare a fare un inciucione con un partito ormai derelitto.
La consunzione del PDL non è finita, nonostante la bombola d'ossigeno data da Bersani e soci. E questo ha favorito i democratici, pure in clamorosa ritirata. Per altro, emerge con forza un trend ormai consolidato negli ultimi 5 anni. Il PD nazionale e la sua dirigenza, quella che ha sostenuto Monti, quella che si allea con Berlusconi, quella che vota il fiscal compact, viene bastonata dagli elettori. Alle elezioni amministrative, invece, soprattutto con candidati di rottura (Pisapia, Zedda, Marino, ma anche De Magistris) la sinistra vince. Forse davvero esiste un problema di rottamazione della classe dirigente nazionale.
Quel che rimane, in ogni caso, è una Italia allo sbando, in cui il sistema politico si sta trasformando, con una quota sempre maggiore di elettori che si allontana dalla vita democratica. Insomma, si tratta di una crisi organica, per dirla con Gramsci. Tutta la vecchia classe dirigente annaspa, perde voti e legittimità. Ma una alternativa non si vede, come chiarito dal deludente risultato del M5S. Forse uno stop momentaneo, o forse era stato un fuoco di paglia quello delle politiche. Difficile da dire ora, di sicuro però una alternativa di sistema non emerge.
In tutto questo la sinistra, l'unica rimasta in Italia, traccheggia. Non va male, ma certo non sfonda, vista soprattutto la crisi del PD. Vendola infine inverte la tendenza che lo ha visto in costante arretramento negli ultimi due anni, raddoppiando i voti rispetto alle politiche, ma rimanendo ancora attorno al 5-6%. In diverse realtà locali, però, la sinistra di opposizione viene premiata, toccando o sfiorando il 10% a Siena e Pisa (senza SEL), Ancona ed Imperia (con un fronte unito). Bisognerà ripartire da questi dati per cominciare a ricostruire un vera opposizione.


A Bologna il PD dà i numeri

A Bologna si è votato per il referendum sui soldi alle scuole private. Un netto successo di coloro che li vogliono togliere (quasi il 60%) ma l'affluenza è stata bassa, poco sotto il 30%. Ed allora, tutti a parlare di affluenza bassa, bassissima. Addirittura di soldi buttati via per il referendum che non ha avuto seguito. Ma è andata davvero così?
Certo l'affluenza non è stata lusinghiera, ma le cose andrebbero messe nel giusto contesto. Per prima cosa guardiamo le forze in campo. Per l'opzione B, quella perdente, sono scesi in campo il Sindaco, il PD, il PDL, il Governo, la CEI, le associazioni industriali e commerciali, la CISL. Eppure non sono riusciti a motivare il loro blocco sociale di riferimento, che è rimasto a casa. Dall'altra parte c'erano il comitato referendario, SEL, Rifondazione, la FIOM. Il risultato dell'A (il 16% circa dei voti assoluti, tra il 22 ed il 25% se traslati sulle elezioni amministrative) va ben oltre la forza elettorale di quei soggetti. Dunque, se i numeri assoluti sono deludenti, lo sono quasi soltanto per il PD, il Sindaco e chi sosteneva che il modello Bologna funzionasse benissimo.
Per nascondere questo smacco, e per cercare di defraudare i referendari di una chiara vittoria, si tenta allora di concentrarsi sull'affluenza assoluta. Dimenticandosi però che a Bologna si votava per un referendum consultivo, con il Sindaco che aveva già detto a chiare lettere che se ne sarebbe comunque infischiato del risultato. In generale, poi, c'è una grande disaffezione per le tornate elettorali, giudicate a torto o ragioni inutili (e certo le parole del Sindaco Merola non migliorano la situazione). A Roma hanno votato a malapena il 50% degli aventi diritto, ma per il sindaco, una campagna che ha avuto una risonanza nazionale ben superiore alla consultazione bolognese. E nelle sedi del PD si canta vittoria per il risultato di Marino, pure con un crollo di voti rispetto a quelli presi da Rutelli (!!!!). Ma la partecipazione, si sa, conta solo quando si perde.
Ed infatti nel PD ci si dimentica che alle primarie - quelle che hanno mobilitato il popolo del centrosinistra, quello impegnato, quello attivo - a Bologna votarono 28 mila persone, 1/3 di quelle che hanno votato per il referendum. In entrambi i casi si tratta di partecipazione civica. In un caso è un successo, nell'altro un flop. Mah...
Ma la prova del nove arriva quando il segretario bolognese del PD sostiene che trattandosi solo di una piccola minoranza, il risultato non è significativo e dunque non vincola il Comune. Eppure a livello nazionale si è sostenuto che non si poteva non tenere conto del 22% di Berlusconi (che sul totale avente diritto, era circa il 16%...pensa un po', circa la % presa dai promotori del referendum!). E proprio su questa base si è cercato prima di votare Marini e si è poi scelto Napolitano e le larghe intese. A Roma, un 16% così importante da affondare 20 anni di pseudo-contrapposizione. A Bologna, un 16% che disturba l'oligarchia al comando.