Vecchia politica quella del PD. Si, proprio del PD parlo, quello delle primarie che hanno innovato la politica italiana. Ma dato come vanno le cose, queste primarie sembrano sempre più una foglia di fico. Certo, bel dibattito, una campagna per una volta vera, con un vero sfidante (ed uno falso, Vendola, già rassegnato prima e che chiedeva già prima del primo turno di votare poi Bersani al secondo giro, va beh...). Ma poi? Primarie per scegliere i candidati, bene, anche se poi sono arrivati i barbari calati da - e non su - Roma, nelle vesti del listino di Bersani. Legittimo, ma copre un po' il valore della parlamentarie. Tutto nella norma, comunque. Il peggio è decisamente arrivato dopo. Prima si forma Rivoluzione Civile, e cosa succede? Partono emissari (Franceschini) sotto banco che vanno da Ingroia a proporre la desistenza camuffata al Senato: RC non si schiera, e il PD ospiterà due di RC nella sue liste, ma sotto mentite spoglie. Oh! Proprio un bell'esempio di politica trasparente, nuova, pulita. Giochetti di palazzo, come prima più di prima. Fantapolitica? Non direi. La cosa è stata denunciata da Ingroia e nessuno nel PD ha avuto il coraggio di smentire, un motivo ci sarà.
Ma il peggio deve ancora arrivare. Prima a parlare di alleanza col centro, mentre SEL, alleata di ferro del PD, nega. Poi Monti comincia a dar fastidio, ed allora il clima si surriscalda, attacchi anche abbastanza duri al Professore. E poi, dopo un giro a Berlino a farsi benedire da Merkel e Schauble, ecco tornare di moda lo stesso Monti. Si va alle elezioni da avversario, con programmi diversi, ma poi ci si vuole alleare, a prescindere. Qualcuno lo dica a Vendola che sembra l'unico a non essersene accorto. Ed è questa la politica nuova? Chiedere il voto per un programma sapendo di andare comunque a governare con altri?
Che il PD possa cercare alleati nel caso non abbia la maggioranza in Senato è giusto e legittimo, nelle democrazie parlamentari si fa così. Ma che gli accordi ci siano da prima - come ha ribadito in una intervista al Foglio recentemente il segretario dei socialisti Nencini - beh è un discorso diverso. Allora si va alle elezioni alleati, con programmi chiari. Il PD non può farlo, anche i suoi elettori più fedeli avrebbero qualche problema a votare Monti, Fini e Casini. Ma se li ritroveranno dopo.
Altro che primarie! Ancora una volta domina la politica di Palazzo, quella tanto amata da D'Alema&C. Una politica vecchia. E perdente.
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martedì 12 febbraio 2013
Al voto, al voto - 8
"Voto, anzi, ho già votato per SEL (la pseudo magia dell’italiana mezza all’estero).
Un voto sentito e voluto e pensato a lungo, che al tempo stesso vivo come una sconfitta, un po’ personale e un po’ della sinistra tutta.
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Un voto sentito e voluto e pensato a lungo, che al tempo stesso vivo come una sconfitta, un po’ personale e un po’ della sinistra tutta.
Voto convinta un programma che mette il lavoro al centro delle sue proposte elettorali e che sceglie Giovanni Barozzino tra i suoi rappresentanti in lista, sapendo che ce la metterà tutta per portare forte la voce del mondo reale dove potrà essere ascoltata; queste le sue parole nel nostro ultimo scambio di mails.
Voto per i diritti, quelli di tutti e di tutte. Voto per la lotta al femminicidio e mentre lo scrivo non mi tremano le mani, sí il cuore per lo strazio che mi provoca questo neologismo che una vera cultura dell’uguaglianza potrebbe averci risparmiato.
Voto per quel 40% di donne nelle liste del centrosinistra che in un momento cruciale per il rinnovamento della politica porteranno preparazione, volontà, capacità di guardare le cose anche da un altro punto di vista (e io continuerò ad essere contro le quote rosa e tutte loro lavoreranno perché domani le quote rosa non siano più necessarie a garantire la nostra presenza - a parità di possibilità e condizioni- laddove si costruisce il futuro del Paese).
Voto con la speranza che l’idea di sinistra di SEL pungoli i punti giusti di un partito grande come il PD, che potrebbe essere di gran lunga migliore sulle questioni sociali e farsi primo portavoce in Europa del cambiamento necessario ad uscire finalmente dal vicolo cieco del liberismo.
Voto inoltre per un uomo che sta facendo una campagna elettorale responsabile, basata semplicemente su un programma in cui crede, lontana dagli isterismi, dalle provocazioni e dalle promesse magniloquenti. In sostanza, una campagna elettorale educata. E per me la forma conta, soprattutto quando in gioco c’e il rispetto per gli altri.
La convinzione della scelta non allontana tuttavia la sensazione netta che si potesse fare di meglio; perché la frammentazione pratica, negli schieramenti, di una sinistra che si muove compatta su un piano ideologico è comunque una sconfitta. E si spera non si traduca in vittoria di Pirro alle urne.
(E quanto avrei voluto votare in un seggio italiano anziché per posta alla circoscrizione esteri)."
Monica, tra Padova e Salamanca
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