lunedì 22 ottobre 2012

Verona, Torino ed il calcio violento, razzista, fuori controllo

Forse, per una volta, aveva ragione Monti. Fermare il calcio per qualche tempo e fare pulizia. Ormai è un mondo totalmente fuori controllo. Scandali su scandali, scommesse su scommesse. Regole e penalità all'insegna dell'impunità. E poi il mondo che circonda il pallone.
A cominciare dai tifosi, quelli del Verona sono il nuovo eppur vecchio esempio. Cori a Livorno contro PierMario Morosini, morto sul campo qualche mese fa. Svastiche. Tentativi di marce sul lungomare di Livorno a passo dell'oca. Son quegli stessi personaggi che in giro per Verona pestavano a sangue chiunque potesse sembrare un "comunista". O che anni fa intonavano cori razzisti contro neri e meridionali. D'altro canto non è che abbiano dei buoni esempi davanti agli occhi. Mandorlini, allenatore invasato del Verona, si era già distinto la scorsa stagione per intonare cori contro i napoletani - una goliardata, ovvio. Questa volta, prima della partita ha usato parole concilianti: "odio Livorno". Durante il match ha ribadito: dito medio alzato contro la tribuna livornese. Ed ora? Daspo per gli ultras, si spera (i soliti pochi imbecilli, sarà, ma gli altri tifosi muti?). E per Mandorlini? Multa? Squalifica? E perché non Daspo anche per lui?

Intanto a Torino il TG3 regionale fa anche di peggio, se possibile.  Sentire per credere:


In attesa del big match Juve-Napoli manda in onda un servizio che inizia con 4 idioti che cantano "Vesuvio lavali tu". E poi compare il buon giornalista che chiacchierando con qualche altro imbecille ("i napoletani sono come i cinesi, sono ovunque"), chiosa bello felice: "li distinguete dalla puzza". Patetiche le scuse del TG3 del Piemonte: la fretta di montare il servizio ha portato a questo infortunio. Per fortuna, dopo la pioggia di critiche, la direzione nazionale della RAI ha corretto il tiro - "servizio inqualificabile e vergognoso" e giornalista sospeso. Il personaggio in questione potrebbe forse appellarsi - a la Sallusti - al reato d'opinione. L'opinione di un razzista che non merita un posto nella tv pubblica.
Che gabbia di matti.

p.s. Il giornalista in questione, Amandola, ha detto di essere stato frainteso (ma dai!) e che il suo servizio era di grande civiltà e contro il razzismo. E come no. Anche questo post, se letto in un certo modo, è un ode alla sua bravura di giornalista. O forse no.


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Ma in provincia qualche dubbio resta

Abbassare i costi della politica, da qualche anno è questo lo slogan principale che il Paese si è dato. Non che sia sbagliato, anzi. Ma ci sarebbe da valutare su cosa risparmiamo e su cosa è politica. Le provincie sono più che altro enti amministrativi, i costi degli eletti sono davvero pochi e dimezzarli non è che ci farà scialare nell'oro, anzi. E' un piccolo primo passo, si potrebbe dire. D'accordo. 
Ma qualche dubbio mi resta. 
Parto dall'esempio più ovvio e quello che conosco meglio per assidua frequentazione, la mega provincia Grosseto-Siena-Arezzo. Già prima della fusione le provincie di Grosseto e Siena erano tra le più ampie d'Italia, ora le abbiamo unite e per buona giunta vi è stata messa pure Arezzo. Mi pare che la gestione del territorio - cioè il compito principale delle Provincie, che soprattutto si occupano di strade - sia un po' complessa. Vasta zona costiera con le sue specificità, montagna (il Monte Amiata), le colline di Montalcino e del Chianti, ora la Val Chianina. La provincia a più alta densità eno-gastronomica (Reggio e Parma son andate in direzioni opposte). Ma come farà la nuova provincia ad occuparsi con efficacia di tutto questo? O i soldi e il personale amministrativo rimangono gli stessi - per altro con divisione pseudo-geografica-funzionale degli uffici - ed allora di risparmi veri non ce ne è, tutta fuffa. Oppure i soldi calano ma allora si riduce drasticamente la cura del territorio. Se, ad esempio, uno dei tanti paesini della Maremma, avrà bisogno di nuovi collegamenti stradali (non proprio un caso impossibile, dato il progetto di trasformare l'Aurelia in Autostrada) a chi si dovrà rivolgere? A qualcuno a Siena, troppo distante per capirne i problemi?
Per altro le Provincie sono gli unici enti a non esser stati travolti da scandali in questi anni, hanno funzioni limitate ma non sembrano un particolare spreco. Più che longa manu dello Stato (data la corrispondenza geografica con le prefetture) sono un organo di raccordo, a volte indispensabile su un territorio come quello italiano, montuoso e non sempre ben collegato. Le Provincie mettono in collegamento piccoli paesi con le Regioni, spesso troppo distanti per poter seguire i mille problemi locali. Ed, allo stesso tempo, rappresentano bene le specificità culturali del nostro Paese. Chiedete ad un modenese se si sente reggiano. O ad un pisano se è anche livornese. Saran diatribe stupide, ma rappresentano anche una parte delle nostre identità, sviluppatesi nei secoli. Fondere storie e culture diverse come se si potessero cancellare con un tratto di penna non credo sia la via giusta per fare un'Italia moderna e migliore.


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Galizia e Paesi Baschi: ben oltre il nazionalismo

Di Monica Bedana

Quando l'economia si risana, tutto il resto si ammala
Legge di Buchwald

Trionfo del nazionalismo e del centro destra, cosí potremmo riassumere il risultato elettorale di ieri in Spagna, che vedeva impegnate alle urne la Galizia, patria e feudo di Rajoy ed i Paesi Baschi. In Galizia i popolari ottengono la maggioranza assoluta ed il risultato elettorale rappresenta una bombola di ossigeno per la politica di tagli di Rajoy, un breve respiro alla sua politica asmatica. In realtà proprio ieri Goldman Sachs vaticinava che il peggio per la Spagna deve ancora arrivare e che per tutto il 2013 la recessione sarà durissima.
Nei Paesi Baschi l'opzione nazionalista ritorna con forza spettacolare dopo la parentesi di grande alleanza tra socialisti e popolari. Un patto coraggioso a suo tempo, che nonostante l'onesto lavoro svolto dal presidente López non è servito a conservare la logorata fiducia dei cittadini verso chi si è irrimediabilmente compromesso con l'idea europea di austerità fine a sé stessa. I socialisti di Rubalcaba, a quasi un anno dalla pesantissima sconfitta delle elezioni generali, vengono definitivamente cancellati dalla mappa politica del Paese.


Dicono molto i 21 seggi ottenuti dalla sinistra radicale basca (contro i 27 del Partito Nazionalista; insieme rappresentano quasi il 60% del voto basco ed iniziano già a "pensare come Paese"). Sul piano interno spingeranno per fare avvicinare i detenuti dell'ETA alle carceri basche ed incarneranno la scelta del dialogo politico, la fine della lotta armata e, si spera, la riconciliazione sociale che ha come prima tappa obbligatoria il chiedere e dare perdono.

Nell'ambito dell'egemonia dei Popolari in Galizia dice molto anche il successo dell'Alternativa Galiziana di Sinistra, che nasce dalla storica figura di Xosé Manuel Beiras, anch'essa sulla base del nazionalismo. Come per la colizione radicale basca, il discorso politico si fa durissimo ed loro programma è di trasportare in Parlamento le rivendicazioni delle lunghe mobilitazioni sociali dell'ultimo anno. Dicono no al protettorato che esercita il capitale finanziario sugli Stati, di cui rivendicano la sovranità politica. Con l'obiettivo di rendere di nuovo attuali tre grandi correnti dei tempi moderni: la lotta di classe, i movimenti di decolonizzazione posteriori alla Seconda Guerra Mondiale ed i movimenti civili degli anni Sessanta.

Cosí non è più nazionalismo, è quel filo che unisce questa sinistra spagnola a Siryza, al PRC, ad Izquierda Unida, e vuol mettere in moto un'altra Europa, riaccendere il motore dell'azione politica all'interno di ogni Parlamento.
I risultati delle urne danno speranza a questo progetto: la sovversione di questa sovversione della democrazia che la politica decisa nelle banche ci ha imposto.

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