lunedì 24 ottobre 2011

Eppure c'è poesia
ovvero: l'attualità associata alla letteratura
Di Monica Bedana

Medio Oriente:


“Morto a 83 anni l'erede al trono dell'Arabia Saudita”. 83 tenere primavere arabe, praticamente una speranza in erba per il Paese. L'ottantaquattresima di sicuro sarebbe stata quella decisiva. Peccato.
Il fanciullino, Giovanni Pascoli.

Dopo l'autopsia: “Gheddafi morto per ferita di arma da fuoco”. Stentiamo a crederci. Ed è comunque ora di passare ai Sepolcri, Ugo Foscolo.

Europa:


La politica economica italiana sotto esame in Europa; Berlusconi: “Io non sono mai stato bocciato in vita mia”. Lo smentisce con prontezza la maestrina dalla penna rossa, Angela Merkel.
Edmondo de Amicis, Cuore.

Berlusconi sostiene in sede europea la piena validità delle misure contenute nel decreto di sviluppo.
“Ho convinto la Merkel”. Ma lei smentisce di nuovo, facendo sfoggio di intimità con Sarkozy. Lui cinico seduttore che insiste, lei che pare si innamori di un altro ma alla fine tutti finiscono a letto con tutti nell'alcova dell'eurozona. Chordelos de Laclos, Le relazioni pericolose.

Italia:


Confindustria critica il Governo invitandolo a non lasciarsi commissariare ulteriormente dall'Unione Europea. Berlusconi: “Non rispondo a ragazzotti”. Marcegaglia come donzelletta che vien dalla campagna, Galli e Kraus fanciulli gridando sulla piazzola in frotta.
Il sabato del villagggio, Giacomo Leopardi.

Ancora Berlusconi, nel nuovo libro di Bruno Vespa: “Non ho usato nessun cellulare panamense, Lavitola chiamava ripetutamente Alfredo”. Un maggiordomo tuttofare. Frottole raccontate come pura verità. Intrighi a non finire. La commedia dell'arte. Il servitore di due padroni, Carlo Goldoni.

Colucci a Lavitola su Giulia Bongiorno, presidente della commissione di giustizia alla Camera: “Comanda tutto lei, è una stronza che non finisce mai, una bisbetica”. Se lei tuona, è inevitabile che piova (sulle intercettazioni). Scontrosa e litigiosa, sempre piena d'ira e di menate tipicamente femminili. Vuoi mettere il buon Paniz...
“Socrate e Santippe", Noctes atticae, Aulo Gellio

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Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 24 ottobre 2011

"The City of London":
"C'è poco da ridere"
Il sarcasmo e l'ilarità del duo Sarkozy-Merkel sono davvero fuori luogo. Lungi da me, chiaramente, difendere il grottesco Berlusconi, impresentabile in Europa almeno tanto quanto lo dovrebbe essere in Italia, e preoccupato più di donnine che di conti pubblici...leggi tutto l'articolo.

"Rassegna stampa":
Bersani a "El País": "Bisogna ricostruire l'Italia"
Pier Luigi Bersani usa a menudo el verbo “reconstruir” cuando habla de su proyecto político para Italia. El concepto evoca la idea de un país dejado en ruinas por la era berlusconiana, aunque el líder del progresista Partido Democrático (PD) no llegue a explicitarlo...Leggi tutto l'articolo ed il commento

Europa, vengono al pettini i nodi di una politica senza rotta
Di Nicola Melloni da
"Liberazione" del 23/10/2011

 Il vertice europeo in corso in queste ore sta, finalmente, portando al pettine i nodi provocati dalla crisi. Nel corso dell’ultimo anno la situazione economica è deteriorata, come noi e tanti altri avevamo previsto e come la UE si era sempre rifiutata di riconoscere. La Grecia non è più in grado di pagare il proprio debito ed è sull’orlo della bancarotta e del disastro sociale. Il contagio si è allargato ad altri paesi fino a toccare l’Italia, mettendo dunque a rischio la sopravvivenza di tutta l’unione monetaria. La colpa è soprattutto dei vertici europei che non sono riusciti a fronteggiare seriamente la crisi, divisi da reciproci egoismi, e condizionati da una guerra diplomatica che ora divide anche Francia e Germania. Anche oggi, sull’orlo del baratro, non si riesce ad avere una visione politica d’insieme, ci si aggrappa al particolarismo, all’insegna di una politica meschina e suicida.

Per un anno e mezzo ci si è barcamenati con toppe che creavano altri buchi. Non si è mai messo l’interesse ed il futuro dell’Unione al centro del dibattito europeo. Quel che importava ai governanti europei era vincere le elezioni locali o difendere le banche in difficoltà, ma non risolvere la crisi, non rilanciare l’Europa. Tant’è che ora, per molti paesi è ormai diventato più conveniente uscire dall’unione monetaria. Anche oggi, le liti tra Germania e Francia sono di piccola bottega. La Francia non vuole l’haircut sui titoli greci perchè a pagare sarebbero soprattutto le banche francesi che sono molto più esposte di quelle tedesche sul mercato greco. La Germania invece non vuole aumentare il fondo salva stati (che sarebbe meglio definire salva banche) perchè sarebbero i contribuenti tedeschi a dover contribuire maggiormente. Sempre questione di vil denaro. Che potrebbe anche essere un buon motivo, non fosse che i soldi risparmiati oggi diventeranno perdite assai più pesanti una volta che la Grecia, e poi l’Italia salteranno in aria.

A Berlino poi si continua a difendere la struttura istituzionale e la governance della Banca Centrale Europea per ragioni a dir poco ridicole. Mentre tutte le banche centrali del mondo, a cominciare dalla FED americana, aiutano gli stati ad uscire dalla crisi, la Germania continua a volere una BCE che si occupi solo di inflazione e stabilità bancaria. Legati ancora ai fantasmi degli anni ‘20 e ’30, la politica tedesca teme ancora l’iperinflazione, come se un pericolo del genere fosse all’orizzonte.
Mentre invece un moderato aumento dell’inflazione ridurrebbe in maniera consistente gli interessi che pagano gli stati europei. Ed un aumento, altrettanto modesto, dell’inflazione tedesca contribuirrebbe a rilanciare la competitività degli stati europei in difficoltà, bloccati da un tasso di cambio che fa comodo solo alla Germania e all’Europa del Nord ed ha penalizzato irragionevolmente le economie degli stati mediterranei. Invece a Berlino si continua a spingere per misure di austerità di tutte le economie in difficoltà, incapaci di capire che proprio questa austerità ha peggiorato la crisi e portato Atene sull’orlo della rivolta sociale. Soprattutto si fa finta di ignorare che l’austerità porta dritti al fallimento e dunque al collasso dell’intero sistema bancario europeo.

Sicuramente rifornire di munizioni il fondo l’Efsf, coinvolgere la BCE e finalmente emettere euro-bond sarebbe la mossa giusta in questo momento perchè darebbe una copertura di livello europeo al debito greco, rassicurando i mercati e calmando momentaneamente le furie speculative. Si tratta però di una misura ormai tardiva. Fosse stata messa in atto un anno fa, immediatamente dopo i primi segnali della crisi greca, ora l’Europa navigherebbe in acque ben più tranquille. Invece si è aspettato che la crisi crescesse ed arrivasse a travolgere economie ben più difficili da salvare come la Spagna e soprattutto l’Italia, il cui bail out sarebbe impossibile anche per la BCE.

Soprattutto il compito dell’Efsf dovrebbe essere di salvare veramente gli stati, di provvedere liquidità per rilanciare l’economia e non per pagare i debiti contratti con le banche. Quel che davvero si stenta a capire è perchè fondi così ingenti debbano essere usati per perpetuare il potere delle banche e per salvarle dal fallimento e non, invece per salvare l’economia reale. Se davvero vale il principio che chi sbaglia paga, allora non si capisce perchè debbano essere solo i lavoratori greci a pagare e non le banche francesi o tedesche.


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Grecia: democrazia "non" rappresentativa, la cartolina perfetta dell'Europa
Di Nicola Melloni da
"Liberazione" del 21/10/2011

Da oltre un anno e mezzo, la UE e la Banca Centrale Europea lanciano piani di salvataggio e rassicurano i mercati dicendo che tutto è a posto. Illudono i cittadini greci facendo credere che le nuove misure salveranno la penisola ellenica. Ed intanto, in cambio, chiedono nuovi tagli e nuova austherity. Peccato che non sia mai abbastanza. Dopo aver strangolato l’economia greca, ora la trojka chiede un nuovo salasso in cambio dell’erogazione del prestito di 8 miliardi di euro, una cifra fondamentalmente inutile per risolvere la crisi greca ma indispensabile per evitare la bancarotta tecnica del governo di Atene che ha bisogno di liquidità per pagare salari e pensioni.

Dopo un anno e mezzo di sbagli e politiche criminali si continua a persistere negli stessi errori che hanno portato il paese alla catastrofe. Questa volta non solo si tagliano gli stipendi di oltre 30 mila dipendenti pubblici, ma si abolisce per legge la contrattazione nazionale nel settore privato, così da poter aggredire i salari anche nell’industria – come se questo avesse una incidenza positiva sui conti dello stato. Misure che umiliano i lavoratori a tal punto che anche un paio di deputati del PASOK si erano inizialmente detti disposti a votare contro. Ma la ragion di stato deve prevalere. Il ministro delle finanze Venizelos ha subito fatto sentire la sua voce: la legge deve essere approvata, o sarà la catastrofe. Ma non è forse già questa una catastrofe? Non conta che le piazze di tutta la Grecia siano piene di manifestanti. Non conta che la stragrande maggioranza della popolazione greca sia nettamente contraria ai nuovi piani di salvataggio. Non conta che negli ospedali manchino le medicine e che nelle scuole non ci siano più i libri. Non conta perchè il Parlamento di piazza Syntagma non risponde più all’elettorato greco ma è ricattato da istituzioni sovranazionali non elette. Non conta perchè in tutto l’Occidente le politiche economiche le dettano i mercati e le istituzioni rappresentative devono solo mettere il loro timbro su decisioni prese da altri.

La piazza di Atene non ci sta. Non solo contesta le misure anti-crisi, non solo reclama una vita più dignitosa, ma chiede il ritorno ad una vera democrazia. E’ quello che chiedono milioni di indignados in tutto il mondo. Chiedono di uscire dalla logica di Venizelos che copia la Thatcher e sostiene che non c’è alternativa. Ma che democrazia è quella in cui c’è solo una scelta possibile? Serve votare se alla fine decide sempre qualcun’altro? Per questo, nuovamente, i veri centri della democrazia non sono più i palazzi sordi dell’establishment, ma le piazze. Perchè come sostengono i manifestanti in piazza Syntagma, il voto del Parlamento greco non è illegale, no, ma è illegittimo. Illegittimo perchè un Parlamento deve difendere gli interessi del popolo che lo ha eletto e non di cricche finanziarie e burocratiche, non del capitale transnazionale.

L’unica soluzione è di mettere il tema della democrazia al centro dell’agenda politica. Questo vorrebbe dire rilanciare soprattutto la rappresentatività delle istituzioni europee, che vanno cambiate radicalmente con un vero governo eletto e giudicato dal popolo, con una Banca Centrale che risponda non solo ai mercati finanziari delle sue azioni. I palazzi del potere, invece, continuano a vivere sotto vetro, in una realtà parallela. Mario Draghi, novello drago ribelle pure lui, solidarizza con la piazza del 15 Ottobre, ma quando dirigeva il Financial Stability Board non ha fatto nulla per evitare la crisi greca e riformare il sistema bancario, e come Banchiere Centrale Europeo in pectore si preoccupa unicamente di difendere la grande finanza e non si cura certo di ascoltare le proteste e le proposte di Piazza Syntagma o degli indignados di tutta Europa. La BCE continua a ricapitalizzare la banche senza chiedere nessun intervento strutturale sulla loro governance, ma si rifiuta di salvare gli stati e i cittadini che invece devono pagare per colpe non loro.

Viviamo, per farla breve, in una democrazia non rappresentativa. I lavoratori greci che scioperano per due giorni e che assediano il Parlamento vogliono semplicemente che siano ascoltate le loro voci. I loro cosiddetti rappresentanti se ne stanno asserragliati nel loro Palazzo, difesi solo dalla polizia, ad approvare una legge che nessuno vuole. Mentre fuori Atene brucia. La cartolina perfetta della democrazia europea.

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