sabato 25 febbraio 2012

Salviamo la Grecia dai suoi salvatori

Un appello agli intellettuali europei
di Vicky Skoumbi, Dimitris Vergetis, Michel Surya, 
dal manifesto, 22 febbraio 2012 

el momento in cui un giovane greco su due è disoccupato, 25.000 persone senza tetto vagano per le strade di Atene, il 30 per cento della popolazione è ormai sotto la soglia della povertà, migliaia di famiglie sono costrette a dare in affidamento i bambini perché non crepino di fame e di freddo e i nuovi poveri e i rifugiati si contendono l'immondizia nelle discariche pubbliche, i "salvatori" della Grecia, col pretesto che i Greci "non fanno abbastanza sforzi", impongono un nuovo piano di aiuti che raddoppia la dose letale già somministrata. Un piano che abolisce il diritto del lavoro e riduce i poveri alla miseria estrema, facendo contemporaneamente scomparire dal quadro le classi medie.

L'obiettivo non è il "salvataggio"della Grecia: su questo punto tutti gli economisti degni di questo nome concordano. Si tratta di guadagnare tempo per salvare i creditori, portando nel frattempo il Paese a un fallimento differito.Si tratta soprattutto di fare della Grecia il laboratorio di un cambiamento sociale che in un secondo momento verrà generalizzato a tutta l'Europa. Il modello sperimentato sulla pelle dei Greci è quello di una società senza servizi pubblici, in cui le scuole, gli ospedali e i dispensari cadono in rovina, la salute diventa privilegio dei ricchi e la parte più vulnerabile della popolazione è destinata a un'eliminazione programmata, mentre coloro che ancora lavorano sono condannati a forme estreme di impoverimento e di precarizzazione.

Ma perché questa offensiva neoliberista possa andare a segno, bisogna instaurare un regime che metta fra parentesi i diritti democratici più elementari. Su ingiunzione dei salvatori, vediamo quindi insediarsi in Europa dei governi di tecnocrati in spregio della sovranità popolare. Si tratta di una svolta nei regimi parlamentari, dove si vedono i "rappresentanti del popolo" dare carta bianca agli esperti e ai banchieri, abdicando dal loro supposto potere decisionale. Una sorta di colpo di stato parlamentare, che fa anche ricorso a un arsenale repressivo amplificato di fronte alle proteste popolari.

osì, dal momento che i parlamentari avranno ratificato la Convenzione imposta dalla Troika (Ue, Bce, Fmi), diametralmente opposta al mandato che avevano ricevuto, un potere privo di legittimità democratica avrà ipotecato l'avvenire del Paese per 30 o 40 anni.

Parallelamente, l'Unione europea si appresta a istituire un conto bloccato dove verrà direttamente versato l'aiuto alla Grecia, perché venga impiegato unicamente al servizio del debito. Le entrate del Paese dovranno essere "in priorità assoluta" devolute al rimborso dei creditori e, se necessario, versate direttamente su questo conto gestito dalla Ue. La Convenzione stipula che ogni nuova obbligazione emessa in questo quadro sarà regolata dal diritto anglosassone, che implica garanzie materiali, mentre le vertenze verranno giudicate dai tribunali del Lussemburgo, avendo la Grecia rinunciato anticipatamente a qualsiasi diritto di ricorso contro sequestri e pignoramenti decisi dai creditori. Per completare il quadro, le privatizzazioni vengono affidate a una cassa gestita dalla Troika, dove saranno depositati i titoli di proprietà dei beni pubblici.. In altri termini, si tratta di un saccheggio generalizzato, caratteristica propria del capitalismo finanziario che si dà qui una bella consacrazione istituzionale.
Poiché venditori e compratori siederanno dalla stessa parte del tavolo, non vi è dubbio alcuno che questa impresa di privatizzazione sarà un vero festino per chi comprerà.

Ora, tutte le misure prese fino a ora non hanno fatto che accrescere il debito sovrano greco, che, con il soccorso dei salvatori che fanno prestiti a tassi di usura, è letteralmente esploso sfiorando il 170% di un Pil in caduta libera, mentre nel 2009 era ancora al 120%. C'è da scommettere che questa coorte di piani di salvataggio - ogni volta presentati come 'ultimi'- non ha altro scopo che indebolire sempre di più la posizione della Grecia, in modo che, privata di qualsiasi possibilità di proporre da parte sua i termini di una ristrutturazione, sia costretta a cedere tutto ai creditori, sotto il ricatto "austerità o catastrofe". L'aggravamento artificiale e coercitivo del problema del debito è stato utilizzato come un'arma per prendere d'assalto una società intera. E non è un caso che usiamo qui dei termini militare: si tratta propriamente di una guerra, condotta con i mezzi della finanza, della politica e del diritto, una guerra di classe contro un'intera società. E il bottino che la classe finanziaria conta di strappare al 'nemico' sono le conquiste sociali e i diritti democratici, ma, alla fine dei conti, è la stessa possibilità di una vita umana. La vita di coloro che agli occhi delle strategie di massimizzazione del profitto non producono o non consumano abbastanza non dev'essere più preservata.

E così la debolezza di un paese preso nella morsa fra speculazione senza limiti e piani di salvataggio devastanti diviene la porta d'entrata mascherata attraverso la quale fa irruzione un nuovo modello di società conforme alle esigenze del fondamentalismo neoliberista. Un modello destinato all'Europa intera e anche oltre. E' questa la vera questione in gioco. Ed è per questo che difendere il popolo greco non si riduce solo a un gesto di solidarietà o di umanità: in gioco ci sono l'avvenire della democrazia e le sorti del popolo europeo.

Dappertutto la "necessità imperiosa" di un'austerità dolorosa ma salutare ci viene presentata come il mezzo per sfuggire al destino greco, mentre vi conduce dritto. Di fronte a questo attacco in piena regola contro la società, di fronte alla distruzione delle ultime isole di democrazia, chiediamo ai nostri concittadini, ai nostri amici francesi e europei di prendere posizione con voce chiara e forte. Non bisogna lasciare il monopolio della parola agli esperti e ai politici. Il fatto che, su richiesta dei governanti tedeschi e francesi in particolare, alla Grecia siano ormai impedite le elezioni può lasciarci indifferenti? La stigmatizzazione e la denigrazione sistematica di un popolo europeo non meritano una presa di posizione? E' possibile non alzare la voce contro l'assassinio istituzionale del popolo greco? Possiamo rimanere in silenzio di fronte all'instaurazione a tappe forzate di un sistema che mette fuori legge l'idea stessa di solidarietà sociale?

Siamo a un punto di non ritorno. E' urgente condurre la battaglia di cifre e la guerra delle parole per contrastare la retorica ultra-liberista della paura e della disinformazione. E' urgente decostruire le lezioni di morale che occultano il processo reale in atto nella società. E diviene più che urgente demistificare l'insistenza razzista sulla "specificità greca" che pretende di fare del supposto carattere nazionale di un popolo (parassitismo e ostentazione a volontà) la causa prima di una crisi in realtà mondiale. Ciò che conta oggi non sono le particolarità, reali o immaginari, ma il comune: la sorte di un popolo che contagerà tutti gli altri.

Molte soluzioni tecniche sono state proposte per uscire dall'alternativa "o la distruzione della società o il fallimento" (che vuol dire, lo vediamo oggi, sia la distruzione sia il fallimento). Tutte vanno prese in considerazione come elementi di riflessione per la costruzione di un'altra Europa.

Prima di tutto però bisogna denunciare il crimine, portare alla luce la situazione nella quale si trova il popolo greco a causa dei "piani d'aiuto" concepiti dagli speculatori e i creditori a proprio vantaggio. Mentre nel mondo si tesse un movimento di sostegno e Internet ribolle di iniziative di solidarietà, gli intellettuali saranno gli ultimi ad alzare la loro voce per la Grecia? Senza attendere ancora, moltiplichiamo gli articoli, gli interventi, i dibattiti, le petizioni, le manifestazioni. Ogni iniziativa è la benvenuta, ogni iniziativa è urgente. Da parte nostra ecco che cosa proponiamo: andare velocemente verso la formazione di un comitato europeo di intellettuali e di artisti per la solidarietà con il popolo greco che resiste. Se non lo facciamo noi, chi lo farà? Se non adesso, quando? 



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La Grecia rischia di sparire

Pubblichiamo l'appello di Miki Theodorakis contro la trojka che affama la Grecia
da www.nazioneindiana.com 

Un complotto internazionale è in corso e mira a portare a termine la distruzione del mio paese. Gli assalitori hanno incominciato nel 1975 con, come bersaglio, la cultura greca moderna, poi hanno perseguito la decomposizione della storia recente e della nostra identità nazionale e oggi tentano di sterminarci fisicamente con la disoccupazione, la fame e la miseria.
Se il popolo greco non si ribella per fermarli, il rischio di scomparsa della Grecia è veramente reale. Lo vedo arrivare nei prossimi 10 anni. Il solo elemento che sopravvivrà del nostro paese sarà la memoria della nostra civiltà e delle nostre lotte per la libertà.

Fino al 2009 la situazione economica della Grecia non aveva nulla di gravissimo. Le grandi piaghe della nostra economia erano le spese senza moderazione per l’acquisto di materiali di guerra e la corruzione di una parte del mondo politico, finanziario e mediatico. Ma una parte di responsabilità appartiene anche agli stati stranieri tra cui la Germania, la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti che guadagnavano miliardi di euro ai danni della nostra ricchezza nazionale con la vendita annuale di materiale di guerra.

Questo sanguinamento costante ci ha schiacciati e non ci permetteva più di andare avanti, mentre costituiva la fonte di ricchezza di altri paesi. Si può dire la stessa cosa per il problema della corruzione. Per esempio la società tedesca Siemens aveva una branchia speciale per corrompere dei greci per meglio piazzare i propri prodotti sul mercato greco. Così il popolo greco è stato vittima di questo duo di predatori, tedeschi e greci, che si arricchivano a spese della Grecia. E’ evidente che queste due grandi piaghe avrebbero potuto essere evitate se i dirigenti dei due partiti politici pro americani non fossero stati infiltrati dalla corruzione. Questa ricchezza, prodotto del lavoro del popolo greco era così dirottato verso le casseforti dei paesi stranieri.

I politici hanno tentato di compensare questa fuga di denaro facendo ricorso a dei prestiti eccessivi che risultavano in un debito pubblico di 300 miliardi di euro, ovvero 130% del PIL. Con questa truffa, gli stranieri guadagnavano il doppio. Da un lato, attraverso la vendita di armi e dei loro prodotti e dall’altro, attraverso gli interessi sul denaro prestato al Governo, e non al popolo. Come abbiamo visto, il popolo greco era la principale vittima nei 2 casi. Un solo esempio basterà per convincervi. Nel 1986, Andreas Papandreou ha ottenuto un prestito di un miliardo di dollari da una banca di un grande paese europeo. Gli interessi di questo prestito sono stati rimborsati solamente nel 2010 e si elevavano a 54 miliardi di euro.

L’anno scorso, M. Juncker ha dichiarato di avere notato lui stesso la massiccia emorragia finanziaria dovuta a spese eccessive (e forzate) per l’acquisto di materiali bellici– dalla Germania e dalla Francia in particolare – ed ha concluso che questi venditori ci portavano ad un disastro certo. Purtroppo ha confessato che non aveva fatto nulla per opporsi a questo, per non nuocere agli interessi dei paesi amici. Nel 2008, la grande crisi economica è arrivata in Europa. L’economia greca non è stata risparmiata. Eppure, il livello di vita che era fin lì assai alto (la Grecia era classificata tra i primi 30 paesi più ricchi del mondo) è rimasto praticamente immutato nonostante l’aumento del debito pubblico. Il debito pubblico non si traduce necessariamente attraverso una crisi economica. Il debito di grandi paesi come Stati Uniti e Germania sono stimati in migliaia di miliardi di euro. I fattori determinanti sono la crescita economica e la produzione. Se questi due fattori sono positivi, è possibile ottenere dei prestiti presso le grandi banche ad un tasso di interesse inferiore al 5%, finché la crisi non sia passata. Nel 2009 (a novembre) al momento dell’arrivo di G. Papandreou al potere, eravamo esattamente in questa posizione. Per far capire perché il popolo greco pensa oggi della sua politica disastrosa, mi basti citare 2 cifre: alle elezioni del 2009 PASOK – il partito politico di G. Papandreou – ha ottenuto il 44% dei voti. Oggi i sondaggi gliene danno soltanto il 6%.

M. Papandreou avrebbe potuto far fronte alla crisi economica (che rifletteva quella dell’Europa) con prestiti di banche straniere al tasso abituale ovvero inferiore al 5%.
Se lo avesse fatto, il nostro paese non avrebbe avuto problemi. Siccome eravamo in una fase di crescita economica il nostro livello di vita sarebbe migliorato.
Ma M. Papandreou aveva già cominciato la sua cospirazione contro il popolo greco nell’estate del 2009, quando ha incontrato in segreto M. Strauss-Kahn, con lo scopo di far passare la Grecia sotto tutela del F.M.I.. Questa rivelazione è stata divulgata dal vecchio presidente del F.M.I..

Per riuscirci, la situazione economica del nostro paese doveva essere deformata affinché le banche straniere avessero paura ed aumentassero i tassi di interessi del prestito a cifre proibitive. Questa operazione onerosa è cominciata con l’aumento artificiale del deficit pubblico dal 12% al 15% per l’anno 2009. (nota del traduttore francese: M. Andreas Georgiou, presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Nazionale di Statistica, ELSTAT, ha improvvisamente deciso nel 2009 senza chiedere l’accordo né tanto meno informare il proprio Consiglio di Amministrazione, di contabilizzare nel calcolo del deficit pubblico certi organismi ed imprese pubbliche che non lo erano mai state prima in nessun altro paese europeo con eccezione della Norvegia. L’obiettivo era di far passare il deficit della Grecia al di sopra di quello dell’Irlanda – 14%- affinché fosse la Grecia ad interpretare il ruolo di anello debole dell’Europa.)

Per questo forfait il procuratore Peponis ha aperto un procedimento nei confronti di M. Papandreou e M. Papakostantinou, 20 giorni fa.
M. Papandreou e il ministro delle Finanze hanno fatto una campagna di discredito per 5 mesi, nel corso della quale hanno tentato di persuadere gli stranieri che la Grecia, come il Titanic sta affondando, che i greci sono corrotti, fannulloni e dunque incapaci di far fronte ai bisogni del paese. Dopo ognuna di queste dichiarazioni, i tassi di interesse salivano affinché la Grecia non potesse più fare prestiti e con lo scopo di dare un carattere di salvataggio alla nostra adesione alla F.M.I. ed alla Banca Europea. In realtà era l’inizio della nostra fine.
Nel maggio del 2010, un ministro, quello delle Finanze, ha firmato il famoso Memorandum (Mnimoniumo, in greco) ovvero la nostra sottomissione ai nostri creditori. Secondo il diritto greco l’adozione di un tale accordo necessita di essere messa ai voti ed approvata da 3/5 dei deputati. Dunque, il Memorandum e la Trojka che ci governa, funzionano illegalmente –non soltanto rispetto al diritto greco ma anche a quello europeo.

Da allora, supponendo che il nostro percorso verso la morte sia rappresentato da una scala di 20 gradini possiamo dire di averne percorso più della metà. Immaginate che il memorandum accorda agli stranieri la nostra indipendenza nazionale ed il tesoro pubblico, ovvero: i nostri porti, aeroporti, il rete stradale, l’elettricità, l’acqua, tutta la ricchezza naturale (sotterranea e sottomarina) ecc..
Persino i nostri monumenti storici, come l’Acropoli, Delfi, Olimpia, Epidauro, ecc. dopo aver rinunciato a tutti i nostri diritti.
La produzione è stata frenata, il tasso di disoccupazione è balzato al 18%, 80.000 negozi hanno chiusi, così come migliaia di fabbriche e centinaia di aziende artigianali. Un totale di 432.000 imprese hanno depositato il bilancio.
Decine di migliaia di giovani ricercatori lasciano il nostro paese che affonda sempre di più nelle tenebre del medioevo.
Migliaia di persone che erano benestanti fino a poco tempo fa, sono adesso alla ricerca di cibo nei cassonetti e dormono sui marciapiedi.

Intanto, si suppone che noi si viva grazie alla generosità dei nostri prestatori di soldi, le banche europee e l’F.M.I.. Di fatto, l’integralità del pacchetto di decine di migliaia di euro versati per la Grecia ritorna al mittente mentre noi siamo sempre più indebitati a causa di interessi insostenibili. E poiché è necessario far funzionare lo Stato, gli ospedali e le scuole, la Trojka carica la classe media ed inferiore della nostra società con tasse esorbitanti che portano direttamente alla fame. L’ultima volta che abbiamo vissuto una situazione di fame generalizzata nel nostro paese era all’inizio dell’occupazione tedesca nel 1941 con più di 300.000 morti in sei mesi soltanto. Ai nostri giorni lo spettro della fame ritorna nel nostro paese infortunato e calunniato.

Se pensate che l’occupazione tedesca c’è costata un milione di morti e la distruzione completa del nostro paese come possiamo accettare, noi greci, le minacce di Mme Merkel e l’intenzione dei tedeschi di imporci un nuovo Gauleiter che però questa volta indosserebbe una cravatta.
Il periodo di occupazione tedesca del 1941 fino all’ottobre del 1944, prova fino a che punto la Grecia sia un paese ricco, e a che punto i greci siano lavoratori e coscienti (coscienza del dovere della libertà e dell’amore per la patria).
Quando le S.S. e la fame uccidevano un milione di persone e la Wehrmacht distruggeva il nostro paese, confiscava tutta la nostra produzione agricola e l’oro delle nostre banche, i greci hanno potuto sopravvivere grazie alla creazione del Movimento di Solidarietà Nazionale e di un esercito di partigiani che contava centomila soldati –costringendo i tedeschi a mantenere 20 divisioni nel nostro paese.
Allo stesso tempo non soltanto i greci erano sopravvissuti grazie alla loro applicazione al lavoro, ma ha avuto luogo in condizioni di occupazione un grandissimo sviluppo dell’arte greca moderna più particolarmente nel campo della letteratura e della musica.
La Grecia ha scelto la via del sacrificio per la libertà e per la sopravvivenza contemporaneamente.

Siamo stati attaccati, abbiamo risposto con solidarietà e resistenza e siamo sopravvissuti. Facciamo ora esattamente la stessa cosa, con la certezza che il popolo greco sarà alla fine vincitore. Questo messaggio è rivolto a Mme Merkel e Mr. Schauble, sottolineando che rimango un amico del popolo tedesco ed un ammiratore del suo grande contributo alla scienza alla filosofia, all’arte ed in particolare alla musica. La migliore prova di questo è nel fatto che abbia affidato l’integralità della mia opera musicale a due editori tedeschi, Schott, e Breitkopf, che sono tra i più grandi editori al mondo e con cui la mia collaborazione è di grande amicizia.
Minacciano di espellerci dall’Europa. Se ci fosse almeno un motivo per fare a meno di noi, ne abbiamo almeno 10 noi per fare a meno di loro, dell’Europa di Merkel-Sarkozy.

Oggi, domenica 12 febbraio io e Manolis Glezos – l’eroe che ha strappato la svastica dall’Acropoli, dando così il segnale d’inizio, non solo della resistenza greca, ma di quella europea contro Hitler – ci prepariamo a partecipare ad una manifestazione ad Atene. Le nostre strade e piazze saranno riempite da centinaia di migliaia di persone che manifesteranno la loro rabbia contro il governo e la Trojka.
Ho sentito ieri il Primo Ministro banchiere dire, rivolgendosi al popolo greco, che abbiamo quasi toccato il fondo. Ma chi ci ha portato a questo punto in due anni? Sono gli stessi che invece di essere in prigione minacciano i deputati perché votino per il nuovo Memorandum, peggiore del primo, e che sarà applicato dalle stesse persone che ci hanno portato lì dove siamo. Perché? Perché quello che l’F.M.I. e l’Eurogroup ci costringono a fare dicendoci minacciosi, che se non obbediamo sarà fallimento.

Qui siamo al teatro dell’assurdo. I circoli che ci odiano (greci e stranieri) e che sono i soli responsabili della situazione drammatica del nostro paese ci minacciano e ci ricattano, per poter perseguire la loro opera distruttrice fino alla nostra estinzione definitiva.
Nel corso dei secoli siamo sopravvissuti in condizioni difficilissime. E’ certo che i greci non soltanto sopravvivranno ma potranno rivivere se ci portano con forza al penultimo gradino della scala prima della morte.
In questo momento consacro tutte le mie forze all’unità del popolo greco. Tento di convincerlo che la Trojka e l’F.M.I. non sono una strada a senso unico, che c’è un’altra soluzione: cambiare l’orientamento della nostra nazione.
Orientarsi verso la Russia per una cooperazione economica e la formazione di partnariati che ci aiuteranno a mettere in valore la ricchezza del nostro paese in termini favorevoli al nostro interesse nazionale.

Propongo di non acquistare più materiale bellico dai tedeschi e dai francesi. Faremo di tutto perché la Germania ci risarcisca i danni di guerra. Sanzioni che corrispondono con gli interessi a 500 miliardi di euro. La sola forza capace di fare questi cambiamenti rivoluzionari è il popolo greco unito in un Fronte di Resistenza e Solidarietà, perché la Trojka (F.M.I. e banche europee) sia cacciata dal paese. Parallelamente, bisogna considerare come nulli tutti gli atti illegali (prestiti, debiti, interessi, imposte, acquisti della ricchezza pubblica). Certamente i loro partner greci – che sono già stati condannati nell’animo del nostro popolo come traditori – devono essere puniti. Sono totalmente concentrato su questo scopo (unione del popolo in un solo fronte) e sono persuaso che lo raggiungeremo.

Mi sono battuto armi in pugno contro l’occupazione hitleriana. Ho visto i covi della Gestapo. Sono stato condannato a morte dai tedeschi e sono sopravvissuto per miracolo. Nel 1967 ho fondato il PAM (Patriotiko Metopo - Fronte Patriottico), la prima organizzazione di resistenza contro la giunta militare. Mi sono battuto nella clandestinità. Sono stato arrestato e imprigionato nel mattatoio della polizia della giunta ed alla fine sono ancora sopravvissuto.

Oggi, ho 87 anni, è molto probabile che non sarò vivo il giorno del salvataggio della mia tanto amata patria. Ma morirò con la coscienza tranquilla perché avrò continuato fino alla fine a fare il mio dovere verso gli ideali della libertà e del diritto.


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