Scontato come il caldo in estate, abbiamo assistito al trucchetto di non far rientrare i due soldati italiani in India al termine del permesso di recarsi in Italia per votare. Non mantenendo la parola data e con una furberia da commedia all'italiana, l'Esecutivo italiano ha comunicato all'omologo indiano che i due imputati per omicidio rimarranno in Italia; adducendo di attenersi al diritto internazionale in attesa che il tribunale speciale indiano definisca quale giurisdizione sia competente nel caso. Lo stesso diritto internazionale con cui ci si è puliti il deretano quando le forze armate italiane sono intervenute direttamente in conflitti quale quelli in Jugoslavia ed in Iraq ed hanno fornito supporto a quelli in Libia e nel Mali. Tanta solerzia delle istituzioni istituzioni, al limite dell'incidente diplomatico, sembra sospetta se si considera che non tutti i cittadini italiani soggetti a procedimento penale in Paesi stranieri, allorché davanti alla legge dovremmo essere tutti uguali e dovremmo godere della medesima attenzione da parte dello Stato di cui siamo cittadini. Tant'è, le cronache giudiziarie giudiziarie nostrane ci hanno abituando al doppio standard per cui si è feroci con i piccoli criminali ed estremamente indulgenti con chi detiene il potere, per quanto piccolo come nel caso di coloro che indossano una divisa.
I non pochi sostenitori di questa decisione, a livello istituzionale e non, si trincerano dietro un presunto nazionalismo, venato di razzismo nei confronti di una nazione considerata inferiore, e cercano di giustificare l'azione di questi due cosiddetti eroi (devono aver aiutato qualche vecchietta ad attraversare la strada o salvato il gattino sull'albero per meritare cotanta definizione) in nome della difesa della patria, come se avessero ammazzato il nemico in trincea in difesa dei sacri confini e non due pescatori apparentemente inermi nel tentativo di proteggere una nave privata a spese dei contribuenti. Questo nazionalismo, questo rispetto della Patria di cartapesta, suona patetico ed offensivo in bocca a quella parte della società che spesso e volentieri ha lasciato potenze straniere ingerire nei nostri affari in nome della tutela di interessi individuali e di classe, arrivando anche a compiere stragi di innocenti per cui a distanza di anni, se non di decenni, i colpevoli ed i mandanti non sono stati affidati alle patrie galere. Una parte della società e delle istituzioni che ha accolto con deferenza supina il trattamento offerto dal governo statunitense alle vittime della strage del Cermis. Questo nazionalismo è talmente peloso e falso da irridere l'autorevolezza e la supremazia morale della Presidenza della Repubblica con gli atti di chi, ancora prima che una sentenza fosse stata emessa da qualsivoglia tribunale (italiano o indiano), accolse i due imputati per omicidio con grandi onori e con quell'orgoglio patriottardo su cui aveva sputato pochi mesi prima nel momento cui si era fatto portavoce di interessi stranieri nella promozione di Mario Monti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lo stesso che quando ricopri l'incarico presso il Ministero dell'Interno non ebbe il coraggio o la volontà di rendere pubblici i documenti relativi alle pagine più oscure della nostra storia repubblicana.