Con meno clamore mediatico, ma forse con un pathos più autentico, altrove si ricorda un altro 11 settembre, di ventott'anni anteriore a quello di New York e Washington. Quello che diede l'avvio a diciassette anni di una dittatura sanguinaria, assurta al potere con il supporto determinante dei servizi segreti e delle forze armate statunitensi e che operò una pulizia del dissenso e dell'opposizione attraverso rapimenti, sparizioni, torture, stupri e omicidi. Un'operazione preliminare all'introduzione di un modello economico che avrebbe fatto scuola in gran parte del mondo ed avrebbe trovato in Margareth Thatcher e Ronald Reagan due estimatori. Due ricorrenze che in qualche modo dividono, che finiscono per esser contrapposte in una diatriba che perde di vista i morti e la radice comune della questione. Da duecento anni, la nazione che si è autoproclamata faro della democrazia e della libertà, promuove i propri interessi commerciali e geopolitici a suon di golpe, invasioni, guerre, dittature fantoccio spesso e volentieri dal sapore fascista. Una lotta per lo spazio vitale che ha lasciato milioni di morti in tutti i continenti ed ha portato i governi statunitensi a stringere un forte legame con quelle stesse monarchie assolute finanziatrici degli integralisti di ogni risma. Purtroppo non sarà la stampa asservita all'editore di turno, né saranno i governi con le mani sporche a chiudere il cerchio ed a far fare agli statunitensi ed a noi europei i conti con la nostra storia. Con buona pace dei benpensanti.
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