Dopo il primo maggio, arriva il due. E speriamo che non carichino contro i mammelucchi come nel 1808.
Goya, "El dos de mayo, de 1808, la carga de los mamelucos". Madrid, Museo del Prado
Saremo in tanti ma non saremo tutti..
L'unico dato assolutamente certo sulla partecipazione alla festa dei lavoratori, oggi, ad inizio come a fine giornata, riguarda chi non c'è. Chi non c'è più. I 163 lavoratori morti dal 1º gennaio a ieri, 30 aprile (325 in realtà, se calcoliamo quelli morti sulla strada ed in itinere, ne dà notizia puntualmente questo blog).
La mappa dell'Italia è tutta macchiata dal sangue dei caduti sul lavoro e dal dolore degli infortuni. Dall'infamia delle misure di sicurezza prese sempre al ribasso, per tagliare i costi. Da nord a sud. Dagli schiavi del porfido del Trentino all'Ilva di Taranto, dove lavoro e morte vanno a braccetto e ci andranno per generazioni. Cosí come a Casale Monferrato e a Bari per le vittime dell'amianto.
E' il primo maggio anche per i morti della Thyssen e per le lavoratrici in nero di Barletta, non dimentichiamolo.
E mancheranno all'appello anche i morti suicida degli ultimi mesi, vanno nella stessa fossa comune.
Noi ancora ci saremo oggi, in piazza. A stento, barcollanti sotto il peso insostenibile di una democrazia ormai squassata. Ancora disposti a credere che siamo un incalcolabile valore per questo Paese e non un costo da abbattere come una preda di caccia a stagione aperta.
Buon primo maggio a tutti.
Goya, "Los fusilamientos del tres de mayo", Madrid, Museo del Prado
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