venerdì 15 giugno 2012

Che succede se vince Syriza?

Di Nicola Melloni

Le elezioni di domenica si preannunciano come un evento storico per la Grecia e per l'Europa tutta. Dopo il fallimento della tornata elettorale di un mese fa ci si avvia ad un testa a testa tra Syriza e Nuova Democrazia. Si tratta di una scelta vera, non la solita minestra riscaldata di centro-destra contro centro-sinistra con programmi simili, politiche uguali e conferma di decisioni già prese altrove. No, questa volta si parla di austerity, di licenziamenti, di salari, soprattutto si parla di democrazia, se le vite dei greci debbano essere decise a Berlino e Bruxells o dal Parlamento di Atene. Elezioni vere, dunque, e proprio per questo temutissime nei palazzi del potere europei che accettano da sempre un solo risultato. Basta ricordare i referendum confermativi dell'Unione. Quando fallivano venivano rifatti fino a che non si raggiungeva il risultato giusto. Una pratica che dice tutto sul grado di democrazia della UE.
E di fatti la campagna elettorale è stata accompagnata da continui avvertimenti semi-mafiosi da parte di Merkel e Lagarde (le donne al potere...brrrrr) sul fatto che rimanere nell'Euro dipende dalla volontà politica dei greci. E che vorrà mai dire?
Da un lato si cerca di far passare l'idea che Syriza voglia fare uscire la Grecia dall'Euro e che i greci stiano in effetti votando un referendum sulla permanenza all'interno della UE. Ma non è vero, Syriza e i greci vogliono rimanere nella UE e nell'euro, solo non alle condizioni di Berlino che in questi 3 anni hanno dimostrato di non funzionare.
Ma proprio queste premesse svelano la realtà della minaccia. In caso di vittoria di Syriza è più che probabile che la Trojka e la Merkel cercheranno di punire il nuovo governo sospendendo i fondi europei, e decretando di fatto l'espulsione della Grecia. Che verrà però fatta ricadere sui greci, tipico esempio di profezia autoavverante: senza soldi in cassa per pagare stipendi e pensioni e bisognerà per forza stamparli. Ovvero, tornare alla sovranità monetaria.  
In realtà però ha ragione chi parla di referendum sull'euro. La Grecia sarà destinata inevitabilmente a fallire se vincerà Nuova Democrazia e se si ripeteranno ancora i falliti esperimenti di austerity. La Grecia e l'Europa si potranno salvare solo se vincerà Syriza e se questo porterà ad un drastico ripensamento della politica europea. E' però indispensabile che Italia, Spagna e Francia facciano muro e aprofittino di una possibile vittoria di Syriza per mettere la Merkel nell'angolo. Ne hanno tutto l'interesse: Spagna ed Italia perchè conviene anche a loro, la Francia per dare seguito alle promesse di Hollande (e per tornare al vertice della politica europea). Eurobond, garanzie a livello europeo sui depositi bancari (che fermerebbero immediatamente il bank run di cui parlava ieri il Corriere) ed inevitabilmente trasferimenti fiscali, non prestiti, per rilanciare la Grecia. Ancora meglio, un piano Marshall per il Sud Europa. Salvare la Grecia vorrebbe dire salvare la UE.
 Ma non è solo la moneta unica ad essere in ballo. Le elezioni di domenica sono un referendum sulla democrazia, sulla capacità della UE di dare la parola ai popoli e non solo alle burocrazie, ai lobbysti, alle banche. Perchè democrazia da sempre vuol dire governo del popolo per il popolo, e non per i pochi. Quelle si chiamano oligarchie, ed in Grecia lo sanno benissimo.  



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Riflessioni anti-anti-politiche

Di Simone Rossi

In ogni relazione le dinamiche coinvolgono sempre ambedue le parti.
Lo scollamento tra i cittadini ed i loro rappresentanti non può esser imputata esclusivamente ai secondi. La cosiddetta casta ha potuto formarsi e consolidarsi in queste forme perché dall'altra parte non c'è stata una reazione adeguata. Per questo guardo con diffidenza costoro che, usciti ieri mattina dal cilindro, gridano alla casta e sparano sul mucchio dei partiti per rifarsi una verginità. Com'è che non avevano alcunché da gridare quando per diciassette anni i principi costituzionali e l'impalcatura repubblicana venivano scardinati? Dov'erano nel luglio del 2001 quando duecentomila persone manifestavano la loro opposizione al modello predatorio che ci ha portato alla crisi economica e morale? Dov'erano quando si faceva uno spezzatino del patrimonio pubblico, si creavano leggi oscurantiste su immigrazione e procreazione assistita? Cosa avevano da dire sulla trasformazione del lavoratore in una delle tante variabili del costo di produzione, sull'introduzione del precariato selvaggio, sulla manomissione di scuola ed università? Perché hanno lasciato fare?
Il sistema nella sua interezza, non solo la rappresentanza dei cittadini, va riformato. In Italia ed in gran parte d'Europa, dove lo svuotamento della democrazia e dei suoi principi è ormai perfetto; è ormai chiaro chi abbia realmente il potere e come parlamenti ed esecutivi siano meri esecutori, se mai qualcuno avesse avuto un dubbio. E la riforma del sistema ha bisogno di una visione d'insieme, di un modello nuovo cui guardare per il futuro e per cui lottare, nei luoghi di lavoro, in quelli della formazione delle coscienze, nelle strade. La critica nichilista urlata, le piccole soluzioni immediate a problemi puntuali sono un ottimo viatico ad una riforma gattopardesca della politica e della società.
Io non ho interesse nel gattopardo.


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