di Emiliano Fittipaldi
La forbice tra ricchi e poveri aumenta. I super manager guadagnano cifre assurde e l'1 per cento della popolazione ha il 13 per cento della ricchezza. Mentre sparisce la classe media. Rapporto dal Paese delle nuove disuguglianze)
La Ferrari FF è stata presentata alla stampa qualche giorno fa. Costa 250 mila euro, quanto un appartamento, ed è la prima supercar di Maranello pensata per le famiglie: nel bolide ci sono quattro posti confortevoli e un bagagliaio enorme. Luca Cordero di Montezemolo ha detto che entro il 2011 si ipotizzava di venderne 800. Ce la faranno con la crisi? "Sono state vendute tutte a gennaio, prima ancora che la macchina finisse sotto i flash dei fotografi al salone di Ginevra".
Sul mercato italiano la Ferrari è una delle pochissime case che nel 2010 ha piazzato più macchine rispetto all'anno precedente. Insieme alla Dacia, la casa low-cost sottomarca della Renault che vende modelli base a 7.500 euro. Negli ultimi due anni le loro auto sono andate a ruba: più 150 per cento, da quando è iniziata la recessione. Le macchine che non si vendono più sono invece quelle "medie", come la Fiat Bravo, quelle dei cosiddetti segmenti C e D. Secondo i dati dell'Anfia, l'associazione dei costruttori di automobili, il mercato si è polarizzato. Così chi nel 2001 aveva una berlinetta e ha fatto i soldi è passato a un fuoristrada o a un Suv, chi si è impoverito ha fatto un salto (all'indietro) di status e scorrazza con un'utilitaria.
Il ceto medio, prendendo come metafora il parco macchine del Paese, negli ultimi dieci anni si è assottigliato. Ma anche allo stadio le classi sociali sembrano solo due: i poveri affollano le curve, i ricchi e i potenti siedono in tribuna vip. Da Verona a Napoli i distinti, nell'immaginario collettivo rifugio domenicale di colletti bianchi e famiglie di operai, sono quasi semideserti. Il presidente della Triestina, ora in serie B, vista la penuria di spettatori sulle gradinate centrali del "Nereo Rocco" ha deciso addirittura di sostituirli con le sagome di tifosi dipinti. I piccolo borghesi in carne e ossa che le abitavano si sono sparpagliati tra i settori popolari e le poltroncine riservate, ma la massa - come ha commentato sulla "Stampa" Massimo Gramellini - è finita davanti alla comoda, ed economica, tv.
CHI SALE E CHI SCENDE
Che cosa sta succedendo in Italia? "La crisi economica sta aggravando uno schiacciamento delle classi medie, quelle composte soprattutto da impiegati, artigiani, piccoli commercianti e tute blu. A vantaggio della base e del vertice della piramide sociale", ragiona Giacomo Vaciago, economista e professore all'Università Cattolica di Milano, "negli ultimi anni in molti hanno perso posizioni, ma molti altri ne hanno guadagnate". In sintesi: ricchi sempre più ricchi, poveri (o impoveriti) sempre più poveri. Un fenomeno che gli studiosi più attenti avevano già individuato all'inizio degli anni Duemila, certificato poi dall'Ocse in uno studio di due anni fa, che puntava il dito sugli effetti devastanti della crisi economica dei primi anni Novanta. Il gap, scrivevano gli esperti, "è stato colmato attraverso l'aumento delle tasse sulle famiglie e il boom della spesa per prestazioni sociali", in primis scuola e sanità.
Ora la nuova stagnazione rischia di far precipitare la situazione: l'Italia della crescita zero e dei governi Berlusconi non si comporta come una livella, ma mostra i difetti di una modernizzazione zoppa che può farci avvitare in una dinamica tipica da Terzo mondo, dove la distanza tra chi ha di più e chi ha di meno diventa siderale. Dei trenta Paesi che aderiscono all'Ocse l'Italia è gia oggi il sesto nella classifica dei più diseguali dell'Occidente, e le ultime elaborazioni del Conference Board del Canada ci mettono addirittura (vedi il grafico qui sotto) alla pari degli Stati Uniti. Anche i consumi si sono radicalizzati, e le tabelle dell'Istat insieme a qualche giorno passato a fare shopping tra Roma, Napoli e Torino aiutano a fotografare la situazione. L'istituto di statistica segnala che nel 2010 gli italiani hanno speso sempre meno per mangiare. Ma se supermarket e salumieri di quartiere fanno fatica, gli hard-discount sono affollatissimi. Ci va chi deve fare attenzione a chiudere in pari il budget mensile, e i registratori di cassa (soprattutto il sabato e la domenica) sono in piena attività. Ma c'è sempre la fila anche davanti ai delicatessen più esclusivi che propongono un chilo di pane a cinque euro nelle strade più chic. Qui va a far la spesa quel 10 per cento degli italiani che possiede quasi la metà della ricchezza totale della nazi
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