E’ sabato mattina, mi sono svegliata presto.
Le persone normali che non devono andare a lavorare probabilmente dormono.
Anch’io potrei restare a letto ma da giorni un forte raffreddore mi attanaglia
e cosi’, anche stamattina, mi sono svegliata prima del solito e ho iniziato a
pensare.
Leggevo le ultime notizie e articoli di
questo blog e hanno iniziato a impossessarsi della mia mente le parole cantate
da Fabrizio De Andre’ “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i
fiori”. E poi ho visto i video postati sul blog e con immenso piacere mi sono
ritrovata il compagno Fidel Castro. Allora il mio cuore ha cominciato a
traboccare di un sentimento piacevole, difficile da descrivere. E cosi’
continuando nel girone delle mie emozioni mi sono venute in mente altre parole
bellissime, questa volta pronunciate da un rebelde:
Ernesto Guevara de la Serna, piu’ noto come El Che. Il Che diceva “Senza
perdere la tenerezza” e questa frase ha dato vita anche a un libro.
Con queste due splendide frasi, che hanno
sempre ispirato la mia militanza politica, ho provato un sentimento raro.
Queste parole riecheggiano spesso nella mia mente ma non le avevo mai collegate
tra di loro. Che cosa significano per me? Il concetto e’ semplice ma non lo e’
altrettanto esplicitarlo. Ci provo.
Spesso ho sentito dire che per fare
politica ci vuole una buona dose di sangue freddo, direi quasi di cinismo,
perche’ gli interessi che sono da considerare sono molteplici. Questo comporta che
alle volte certi diritti fondamentali, come quello alla vita o ad avere un
ambiente incontaminato, vengano svuotati per superiori esigenze nazionali o
internazionali. Normalmente queste esigenze sono affari che i Paesi fanno con
altri Paesi o che le multinazionali fanno con i Paesi o, ancora, che privati
fanno con i Paesi. Insomma, per dirla banalmente, tutto si riduce a una
questione di interesse monetario e quindi di potere.
Ecco come le parole cantate da De Andre’ e
quelle pronunciate dal Che entrano, a mio giudizio, in modo dirompente in
questo contesto che rappresenta la quotidianita’ della nostra politica
occidentale. Il modello di politica che
ne verrebbe fuori, se prendessimo come riferimento quelle parole, sarebbe un
modello che metterebbe l’uomo e l’umanita’ al centro della vita, del pensiero e
dell’azione politica ricordandoci che non e’ principalmente dalle cose
materiali che una societa’ si evolve. Ricordandoci che una societa’ deve essere
pensata e costruita nell’interesse dell’intera collettivita’ e non per il
vantaggio di pochi potenti. Ricordandoci che la politica, per essere esercitata
con la P maiuscola, non deve MAI PERDERE LA TENEREZZA. Questa, infatti, ci
consente di rimanere a contatto con la societa’ vera, quella formata da
lavoratori e lavoratrici, pensionate e pensionati, studentesse e studenti,
ricercatori e ricercatrici che sono il vero motore di una societa’ perche’
senza di loro non esisterebbe la FIAT e nessun altro settore produttivo e di
ricerca del paese.
Troppo spesso, credo, non si capisce
l’importanza che i lavoratori hanno nella vita di una societa’. Si finisce col
considerare anche gli imprenditori come appartenenti a questa categoria.
Certamente anche loro svolgono il loro lavoro, ma il termine lavoratori e’
quello storicamente adottato dalla sinistra per rappresentare la vera classe
produttiva del paese, ossia quella costituita da migliaia e migliaia di donne e
uomini che ogni giorno, per otto ore al giorno producono nel paese (e qui mi
viene da citare altre parole di una nota canzone dei lavoratori: “Se otto ore
vi sembran poche provate voi a lavorare… e proverete la differenza tra lavorare
e comandar…”).
L’imprenditore fa altro, come noto, e si
limita ad organizzare i mezzi di produzione, come anche il nostro codice civile
stabilisce quando da’ una definizione di imprenditore. Ma se non ci fossero i
lavoratori che cosa organizzerebbe un imprenditore? Un bel nulla!
E allora credo che la politica per farsi
sentire e rispettare dovrebbe partire da tutto questo e forse i cittadini e le
cittadine sentiranno che la Politica si sta occupando davvero di loro, dei loro
problemi, del loro presente e del futuro. E forse i giovani non saranno piu’ la
generazione di disperati condannati dalla pochezza dei nostril dirigenti a un futuro
di precarieta’ e senza la possibilita’ di progettare il domani.
Quando chiediamo alla politica di cambiare
io credo che le stiamo chiedendo di lanciare una nuova primavera, simbolo della
rinascita perche’ in primavera tutto fiorisce, e di riacquistare la tenerezza
per cosi’ saper stare vicino ai cittadini e alle cittadine e interpretare le
loro esigenze.
Carla
"Hay que endurecerse, sin perder jamás la ternura", che bello ricordare questa frase...per non essere semplici "numeri" di questa società: un cartellino da timbrare, la cifra della disoccupazione, quella del precariato, quella mai chiara dell'economia sommersa...dobbiamo indurirci ed esigere, come cittadini e come elettori.
RispondiEliminaE' un articolo bellissimo.
rivoluzionaria, grazie Carla.
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