In vacanza quest'anno non si può andarci, e non solo perché l'Istat dica che siamo sempre più poveri. L'estate bisognerà trascorrerla a vigilare come mastini sul territorio di casa, e non solo in Val di Susa.
In Veneto, tra Padova e Venezia, a ridosso di quella riviera palladiana del Brenta che il mondo ci invidia ma le cui ville si possono vedere solo nei libri perché son sempre chiuse, politica e speculazione aspettano il torpore estivo per fare approvare in via definitiva l'accordo di programma per la costruzione di Veneto City. Con la coscienza sempre in vacanza, sindaci e presidenti di Provincia e Regione attendono con impazienza la mezz'ora di pennichella estiva dell'ignaro cittadino per scaricargli addosso di soppiatto oltre due milioni di metri cubi di cemento, un paio di torri alte 150 metri ed una completissima città artificiale, con spazi per istituzioni finanziarie, centro congressi, hotels, centro commerciale, cinema e palestre; una novità assoluta nel campo della ricerca scientifica, insomma. E si baderà che siano Piano o Foster a rendere estetico il mostro, affinché si smetta di dire che in Veneto siamo capaci solo di fare capannoni.
L'illuminato Galan, l'uomo che amava gli ogm, l'aveva detto: “Veneto City non è un mostro che sconvolge il territorio. L’agricoltura qui ormai non ha più senso, lo sviluppo passa per la logistica”. E la logica della logistica ha come tappa obbligatoria l'immobiliare, la rendita fondiaria. In un momento in cui l'economia fa acqua da tutte le parti, l'industria si diluisce e i cartelli di “affittasi” si espongono abbondanti sui nostri mitici capannoni, il mattone è sempre la scelta più facile e, soprattutto, redditizia. Se lo fanno Fiat e Pirelli, perché non dovrebbero provarci Stefanel, Biasuzzi ed Endrizzi? Anche perché questo progetto rappresenta “il più grande centro polifunzionale d'Europa”, “la nuova vetrina del Veneto e dell'Italia del nord” ed una delle operazioni edilizie più grandi mai pensate in Italia. Ovvero, come dice Endrizzi, “qui stiamo competendo con con Tokio ed Hong Kong, non con Trebaseleghe”.
L'opacità del progetto è stata totale fin dagli esordi. Il copione è quello di sempre; un gruppo di speculatori immobiliari che negli ultimi anni ha comprato un'enorme quantità di terreno agricolo a prezzo di saldo, poi trasformato dai Comuni ad altra destinazione d'uso. Un progetto (il documento preliminare che lo costituisce è di sole 80 pagine, praticamente un tema scolastico) a cui la pubblica amministrazione ha concesso un iter brevissimo, in riunioni quasi carbonare. Ed ora, mentre si spera che la cittadinanza vada in ferie e distolga lo sguardo dal proprio futuro, la necessità di stringere -sotto la pressione delle banche- e di far approvare l'accordo di programma.
E' quasi un'evidenza lapalissiana esporre, anche solo brevemente, l'impatto sulla salute e sull'ambiente di un'opera del genere, destinata ad essere tutta costruita su un'area a elevato rischio idraulico. Eppure il progetto elude completamente la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). L'inquinamento atmosferico, già molto alto nella zona, si incrementerebbe a livelli intollerabili sotto la spinta di due discariche di rifiuti tossici nell'area del progetto e l'afflusso di oltre 70.000 veicoli al giorno (tanti ne muoverebbe Veneto City se diventasse una realtà).
Il cuore del Veneto quindi non va in vacanza; i Comitati Ambiente e Territorio del miranese e della riviera del Brenta hanno iniziato in questi giorni una campagna di raccolta di firme contro la ratificazione dell'accordo di programma e per chiedere l'applicazione della VAS ed una consultazione popolare. I moduli sono disponibili cliccando QUI per i residenti nella zona e QUI per i non residenti.
Perché siamo ancora in molti veneti ad essere convinti che la vocazione di questa terra non sia il cemento.
Per firmare la petizione clicca QUI
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