martedì 30 agosto 2011

Le 20 crisi simbolo per cui scioperare

Da Repubblica, 2 settembre 2011

Il sindacato rilancia le ragioni della protesta: "Manovra depressiva: non c'è nulla per risolvere le vertenze industriali aperte e rilanciare lo sviluppo". I numeri: 187 tavoli aperti al Mise, 225mila lavoratori coinvolti, 500mila in cassa integrazione
Una manifestazione della Cgil a Bologna contro la manovra finanziaria

ROMA - Cento e 87 tavoli di crisi ancora aperti al ministero dello Sviluppo economico, 225mila lavoratori il cui futuro occupazionale è in bilico anche da due anni e poi 500mila dipendenti in cassa integrazione, 380mila dei quali in cassa straordinaria e in deroga. Sono i numeri che la Cgil ricorda nel rilanciare le ragioni dello sciopero generale del 6 settembre.

"La manovra - dice Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil - è depressiva e recessiva, priva di misure utili alla risoluzione delle tante crisi industriali ancora aperte nel nostro paese, alle quali è legato il futuro occupazionale di migliaia di lavoratori".

In gravi difficoltà, sottolinea la Cgil sono i macro settori produttivi, come testimoniano le numerose vertenze legate alla chimica, all'itc (information and communications technology), ma anche al settore farmaceutico, navalmeccanico, degli elettrodomestici, della ceramica, del mobile imbottito e dei trasporti. Ecco le 20 vertenze simbolo ricordate oggi dalla Cgil.

CENERENTOLA PER LO SCIOPERO - FOTO 1

Agile-Eutelia - Coinvolge 1.900 lavoratori. I sindacati rivendicano urgentemente la presentazione dei bandi relativi alla vendita dell'azienda. Risulta ancora mancante l'atto di indirizzo del ministero, mentre c'è una manifestazione di interesse da parte del manager italoamericano Mark De Simone.

Alenia - Il futuro del gruppo, a crisi non formalizzata la situazione, preoccupa soprattutto per l'impatto che avrebbe nel Mezzogiorno (Campania e Puglia su tutte) dove Alenia aeronautica impiega quasi 12mila lavoratori, 5mila dei quali concentrati in Campaniaa, mentre l'indotto ne occupa circa il doppio.

Atitech - Sindacati e lavoratori denunciano un inesorabile declino dello stabilimento di Capodichino di Napoli che si occupa di manutenzione aeronautica. Il calo progressivo delle commesse provoca un ricorso sempre più massiccio alla cassa integrazione straordinaria per i circa 700 lavoratori impiegati.

Basell - Punto focale della crisi della chimica in Umbria, la multinazionale Lyondell Basell ha aperto da oltre un anno una crisi che mette a rischio il lavoro di 150 operai in cassa integrazione e ormai prossimi al licenziamento. Centinaia poi i posti che gravitano nell'indotto. Si susseguono le proteste e i blocchi negli stabilimenti ternani per scongiurare la dismissione degli impianti.

Eaton - La fabbrica di Massa è occupata dal 6 ottobre 2010, da quando cioè la multinazionale Eaton ha deciso di chiudere uno stabilimento che impiegava oltre 300 operai nella produzione di componentistica per l'industria dell'auto. Al momento nessuna soluzione in vista.

Eurallumina - Allo stabilimento Eurallumina di Portovesme, in stand by da oltre due anni, sono ancora 800 gli operai parcheggiati in cassa integrazione mentre se ne contano appena 35 in attività e a rotazione.

Gruppo Fiat - Termini Imerese chiuderà le produzioni il 31 dicembre. Nessuno dei piani industriali al vaglio dell'advisor pubblico Invitalia può garantire occupazione ai 2.300 Lavoratori del sito siciliano e il loro futuro oscuro. Intanto, dopo la chiusura della fabbrica Cnh di Imola, avvenuta il primo giugno scorso, il Lingotto ha annunciato la cessione dello stabilimento Irisbus di Flumeri, in provincia di Avellino, al gruppo imprenditoriale molisano Di Risio. Circa 700 dipendenti (più l'indotto) sono contrari alla cessione. Lo stabilimento Irisbus dipende da Fiat Industrial ed ha prodotto finora autobus per trasporto pubblico.

Fincantieri - E' stato ritirato il piano industriale che prevedeva 2.551 esuberi più la chiusura dei cantieri di Sestri Ponente e Castellammare di Stabia, e il ridimensionamento drastico per Riva Trigoso, ma il confronto sul futuro del gruppo è fermo. Attualmente sono in cassa integrazione circa 2mila lavoratori pari al 25% del totale.

Ideal standard - La crisi di punta del distretto della ceramica di Civita Castellana, nel Lazio, che conta oltre 3.000 operai in cassa integrazione. Di questi in circa 700 sono in capo alla Ideal Standard.

Magona - A settembre parte la mobilità nello stabilimento Magona di Piombino che fa capo al gruppo Arcelormittal. L'azienda, specializzata nella produzione di acciai speciali, occupa tra diretti e indiretti circa 700 lavoratori. La scelta sarà su base volontaria almeno a settembre, per poi passare a ottobre a una fase di uscita incentivata sempre volontaria.

Gruppo Antonio Merloni - I commissari straordinari dell'azienda avrebbero restituito la caparra di 2 milioni all'azienda iraniana Mmd, che avrebbe dovuto rilevare gli stabilimenti. I lavoratori coinvolti sono 2.350, più qualche centinaio di piccole e piccolissime imprese dell'indotto. Sarebbero in corso contatti con altri imprenditori, ma non ci sono certezze nell'immediato.

Omsa - Sono in corso le verifiche sul riutilizzo dello stabilimento Omsa di Faenza e per la salvaguardia dell'occupazione. La scelta della capogruppo di spostare la produzione in Serbia lascia in bilico le 346 operaie del sito di Faenza e le circa 400 della Golden Lady di Gissi, in Abruzzo.

Pfizer - Si trascina senza soluzione in vista la vicenda del centro di ricerca farmaceutica Pfizer di Catania. Il sito del capoluogo etneo dell'azienda è in stato di agitazione dall'apertura della procedura di mobilità per 151 lavoratori dello stabilimento.

Phonemedia - Un caso drammatico di crisi irrisolta. L'ex Phonemedia, fino a tre anni fa colosso dei call center con 12 sedi sparse in tutta Italia, ha lasciato senza lavoro circa 5.200 addetti, solo una parte dei quali beneficia della cassa integrazione, spesso pagata con mesi e mesi di ritardo.

Porto Gioia Tauro - Dopo tre giorni di sciopero che hanno bloccato l'attività nello scalo, è passato il referendum sull'intesa siglata da sindacati e il terminalista Mct sulla cassa integrazione nel porto di Gioia Tauro. L'ipotesi di accordo prevede il ritiro dei 467 esuberi (su 1.067 dipendenti) annunciati da Mct in cambio di una cassa di 12 mesi a rotazione per 971 unità.

Severstal-Lucchini - C'è stato un accordo con le banche per l'avvio di un processo di ristrutturazione del debito da 770 milioni di euro delle acciaierie Lucchini. Ora va sondato il terreno per l'ingresso di nuovi acquirenti nell'azienda che vanta in Italia cinque stabilimenti (Piombino, Bari, Lecco, Trieste e Candove nel Torinese). Al momento dei 2.800 operai impiegati nel gruppo ce ne sono 500 ad alto rischio. Ad agosto nel sito di Piombino sono stati in cassa integrazione ordinaria 1.600 Lavoratori.

Sirti - Il gruppo specializzato nel settore della telefonia, impianti, apparecchi e reti, occupa circa 4.400 persone ed ha presentato una richiesta di cassa integrazione straordinaria con il preannuncio di alcune centinaia di esuberi.

Thyssenkrupp - La multinazionale dell'acciaio ha confermato l'intenzione di procedere allo scorporo dell'area inox, ma non sono ancora chiari tempi e modalità. La decisione avrebbe effetti diretti sullo stabilimento di Terni e sulle prospettive occupazionali dei suoi circa 3.000 lavoratori.

Videocon - L'azienda di Anagni, produttrice di televisori, si avvia ormai verso il fallimento con 1.300 operai che rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro. Al tavolo aperto presso il Mise si è deciso infatti nei giorni scorsi di abbandonare il percorso per la certificazione del debito dell'azienda, procedendo verso il concordato preventivo e la probabile apertura di una procedura fallimentare.

Vinyls - Sembra definitivamente tramontata l'ipotesi di una vendita in blocco dei tre stabilimenti (Porto Marghera, Ravenna e Porto Torres) a favore di uno 'spezzatino'. Per Ravenna l'ipotesi più accreditata sembra essere quella della Igs di varese. Mentre per Marghera e Porto Torres ogni ipotesi sul futuro è rimandata. Senza contare l'indotto che gravita intorno ai tre stabilimenti, i lavoratori del gruppo che rischiano sono 200 dei circa 450 complessivi.

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