lunedì 30 gennaio 2012

La sfida di vivere con solo 100 cose
Di Monica Bedana

Se qualcosa non può andar male, lo farà lo stesso
(Sunto dei corollari di Schnatterly)


Consumare, di per sé, non è un gran verbo.
Implica, al tempo stesso, voracità e spegnimento.
Eppure ci dicono che la crescita si riattiverà solo se riprendiamo a consumare.

Ma ora, davanti al baratro delle disuguaglianze e allo spettro della povertà, vogliamo ancora continuare a consumare ciò che in realtà non possiamo permetterci? 
Si è frantumato lo specchietto per allodole del credito facile, accessibile a tutti, a prova di ogni desiderio. E non c'è Stato che ci protegga dall'insaziabile mercato che ci ha resi tutti consumatori, annullandoci come cittadini e come persone. Anzi, ne è complice asservito; e mentre il capitale rimane impunito, è al lavoro che si chiede di pagare i cocci rotti. Li stiamo pagando sotto forma di tasse e di smantellamento dello stato sociale, di democrazia svuotata del proprio valore perché anch'essa ridotta a merce. Una merce quotidianamente svilita, che vale poco o vale ancor meno in funzione del debito pubblico, della percezione che il mercato ha della nostra capacità di ridurlo e ripagarlo.

Il sistema non si rassegna e continua a vederci e volerci consumatori. 
Se cosí è, disponiamo di un'arma potentissima per cambiare le cose radicalmente, dal basso: iniziare a consumare in modo diverso. Con coscienza. Nella consapevolezza che la popolazione mondiale cresce a ritmi vertiginosi mentre le risorse del pianeta si esauriscono inesorabilmente. Imparando che non sempre è necessario possedere per usufruire, che si può condividere. Dicendo no con discernimento all'eccesso dell'offerta, che rende tutto vecchio e superato in tempi brevissimi e ci impone il superfluo.
E' questo il primo passo per affrancarsi in modo personale dalla schiavitù del mercato: smettere di essere consumatori e tornare ad essere uomini e donne che decidono di non lasciare alle generazioni future solo i miseri avanzi del nostro banchetto.

Negli Stati Uniti imperversa  "100 thing challange" di Dave Bruno, la sfida di vivere con solo 100 cose, né più né meno. E moltissima gente ha iniziato a vuotare soffitte e cantine, disfarsi (anche vendendo o barattando, non necessariamente gettando via) di tutto ciò che in un passato recente sembrava loro indispensabile e che presto è diventato inutile perché soppiantato velocemente dal nuovo.

E' solo questione di riconoscere, finalmente, che abbiamo abbastanza. E' questione sociale, politica ed etica; i tre vincoli -sempre più fragili- da cui il mercato vorrebbe sganciarsi definitivamente. Dipende anche da noi, dalle nostre scelte di vita quotidiana, impedirlo.


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