mercoledì 18 gennaio 2012

Sempre meno uguali davanti alla giustizia?
Di Monica Bedana

Il giudice Garzón, ieri, durante il processo che gli potrebbe costare l'espulsione dalla Magistratura (foto "El País")


Non esiste il modo giusto per fare una cosa sbagliata
(Legge di Kelly)

“La crisi economica potrebbe fornire un'occasione irripetibile per riformare il sistema giudiziario italiano”. Lo dice il ministro Paola Severino in Parlamento, sottolineando che i ritardi della giustizia italiana ci costano l'1% del Pil.
Non parla di scontro tra toghe e politica il ministro, ma il suo mettere l'accento soprattutto sull'inefficienza del nostro sistema giudiziario e sui suoi costi in termini economici equivale in fondo a dar continuità ad uno dei vari filoni berlusconiani di attacco alla magistratura: giudici sempre lenti, a volte o spesso incapaci, perennemente costosi. Quanto basta per renderli odiosi agli occhi dei cittadini già esasperati da tasse, spese, tagli. Ed equipararli, sottilmente, ad una casta in più da mantenere.

Ancora una volta la politica punta critici riflettori sulla giustizia ed invoca le solite riforme epocali del settore, quando invece ne basterebbero poche, veloci e a costo zero per migliorare di fatto il sistema (le elenca spesso Gian Carlo Caselli: meno “procedure” nei processi, redistribuzione sensata degli uffici giudiziari sul territorio nazionale, riaprire le assunzioni, bloccate da almeno 15 anni, di segretari e cancellieri, personale chiave per lo smaltimento della burocrazia).

La politica che imbriglia la giustizia e la modella ai propri interessi sta offrendo in questi giorni in Spagna lo spettacolo, indegno per la democrazia, del giudice Garzón seduto sul banco degli imputati accusato, da quella politica che ora sta al Governo, di aver applicato la legge.
Questo sí ha un costo insopportabile per la società e per i cittadini: il costo di una giustizia sempre meno uguale per tutti e sempre più legata agli interessi di pochi.

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