L'avevamo detto in questi mesi, non è una crisi solo economica. Quello che stiamo attraversando è un cambiamento di paradigma che coinvolge tutti gli aspetti del vivere sociale, a cominciare dunque dalla nostra democrazia.
In Francia la crisi non ha ancora avuto un suo aspetto virulento paragonabile ai tagli greci o alla disoccupazione spagnola. Eppure il Fronte Nazionale sfiora il 20%. Una Francia profonda che cerca risposte nell'identità nazionale, nel razzismo, nel rifiuto degli immigrati e dei diversi, nel rifiuto dell'Europa di Bruxells. Una risposta classica alle crisi sociali. Anche la Sinistra che rifiuta questo modello di sviluppo e questa economia cresce ed ottiene un ottimo risultato con Melanchon, ma non nascondiamoci dietro un dito: i vincitori sono quelli della destra xenofoba, che hanno scavato, pazienti, per anni, per lustri, ormai per decenni in quelle che erano una volta le roccaforti dell'operaismo e della militanza a sinistra.
Questi rapporti di forza, questi tragitti politici di lungo raggio non si possono invertire nel corso di una campagna elettorale, per quanto brillante. Bisogna ritornare nelle "officine, dentro terra, pei campi, al mar" alla ricerca di quella "plebe sempre all'oper china, senza ideale in cui sperar", abbandonata dalla democrazia dalle banche e, per troppo tempo, dalla sinistra che era corsa dietro il mito del mercato.
Ora bisogna ripartire, ripartire dall'ottimo risultato della Gauche francese e della Izquierda spagnola, ripartire da una sinistra europea perchè siamo tutti sulla stessa barca scossa dai venti procellosi della crisi. E solo una barca solida, in cui tutti remano nella stessa direzione e non legati alla differenze nazionali, può portare l'Europa democratica fuori dal gorgo. Prima che sia troppo tardi.
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