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Ma chi sta con chi? nella Sicilia "insultata da Grillo", i partiti della colalizione pro-Monti non fanno meglio. Casini e Rutelli e pure il PDL con Bersani in certe città, caos a Palermo...Segretario del PD fischiato nonostante cerchi di difendere la "buona politica" dalla "cattiva politica"...detto a Palermo suona un po complicato... per il PD a Torino non va meglio...
ma insomma quando si capirà con chi sta il Partito Democratico? perché se la sola preoccupazione strategica é quella di marginalizzare Grillo siam messi maluccio..
SG
Tutti contro tutti dopo il buco abissale lasciato da Cammarata. A sinistra sfida tra l'ex sindaco e il vincitore delle primarie.
PALERMO
- «Mammina, sei pronta? Io sono pronto». Visto in tivù lo show
dell'aspirante sindaco di Palermo, il blogger Tony Troja si è
precipitato a farne una parodia alla Beniamino Gigli: «Maaaamma! Hanno
bisogno di uno che s'immola / Maaaamma! Il "problem solving" l'ho
imparato a scuola».
Ride tutta Palermo, su quella parodia. Anche lui, Massimo Costa, il giovane scelto da Casini e Alfano per tentare un triplo salto carpiato con avvitamento: far dimenticare Diego Cammarata, il sindaco che lascia un buco abissale e zero rimpianti. Ragazzo di spirito, sa che quella imitazione se la doveva aspettare. Lui stesso, già campione europeo di kick-boxing (boxe e arti marziali) e poi giovanissimo capo del Coni isolano, sa che i colpi si danno e si prendono.
Ride tutta Palermo, su quella parodia. Anche lui, Massimo Costa, il giovane scelto da Casini e Alfano per tentare un triplo salto carpiato con avvitamento: far dimenticare Diego Cammarata, il sindaco che lascia un buco abissale e zero rimpianti. Ragazzo di spirito, sa che quella imitazione se la doveva aspettare. Lui stesso, già campione europeo di kick-boxing (boxe e arti marziali) e poi giovanissimo capo del Coni isolano, sa che i colpi si danno e si prendono.
E lui era andato a cercarsela, arringando la folla così: «Io sono
pronto. Rinuncio a tutto. Mamma preparati: cambierà la tua vita. Oltre
che la mia. Sei pronta al successo di tuo figlio se riuscirà a cambiare i
destini di questa terra? Mammina, sei pronta? Io sono pronto». Il
coetaneo Fabrizio Ferrandelli, candidato della sinistra, sceglie lo
slogan in dialetto «Amunì, Palermo», cioè «andiamo, Palermo»? Lui va
sull'english: «Voglio prendere in mano il destino di questa città. La
voglio liberare dal peccato e dai peccatori. Impossible is nothing». E
già qui si vede come lui stesso dia per complicata, al di là della
sicurezza da «vincente» che ostenta, l'operazione di rimuovere, in
quella che è stata forse la più berlusconiana delle grandi città
italiane, quel sindaco uscente che cinque anni fa incassò al primo turno
il 53,5%. Capiamoci, senza tornare a Goethe che scriveva di come ognuno
badasse solo a se stesso e spazzasse i propri rifiuti nella strada così
che questa «diventa sempre più sudicia e finisce col restituirvi, a
ogni soffio di vento, il sudiciume che vi avete accumulato», Palermo era
una città piena di problemi anche prima. Ma certo gli ultimi anni sono
stati così disastrosi, agli occhi dei cittadini, da spingere lo stesso
Alfano a rassicurare Costa: «Mi ha detto: il nostro partito peserà come
una piuma».
Del resto, anche se con le sue giacche blu, la cravattina e il
sorriso Durban's pare uscito dalla fabbrica del «perfetto
berlusconiano», l'alfiere della riscossa pidiellina non era stato scelto
dai berlusconiani. Al contrario: dai suoi nemici Casini, Lombardo,
Fini. I quali avevano individuato in lui l'uomo giusto per scardinare il
sistema di potere: giovane, nuovo, sveglio, parlantina sciolta... Un
politico nato che titilla sentimenti antipolitici: «Se sarò eletto, via
tutti gli assessori degli ultimi venti anni, via tutte le prebende e
stipendi a me e agli assessori di 2000 euro, via tutte ma proprio tutte
le auto blu, trasparenza, "diretta" sul Web dei consigli comunali». Non è
un'idea di Beppe Grillo, che a Palermo candida il giovane analista
aziendale Riccardo Nuti e dello stesso Ferrandelli? «Le buone idee non
sono monopolio di nessuno».
Avviato verso una probabile batosta e privo di un nome da
spendere, Angelino Alfano ha deciso di metterci il cappello sopra: lo
votiamo pure noi. Perché, ha spiegato l'altro ieri, «è figlio della
Palermo vera: ha speso l'intera buonuscita dei genitori per sostenere la
sua campagna elettorale». Sul serio? Lui conferma: «In tutto 120 mila
euro. Miei, di mio papà e mia mamma». Ironie degli avversari: «Ma se
costa 70 mila da solo il manifesto gigantesco in piazza Croci!» Fatto
sta che a quel punto sono saltati su lombardiani e finiani: allora non
lo votiamo noi. E hanno puntato sul deputato regionale ed ex assessore
«cammaratesco» («ma in rotta dal 2008») Alessandro Aricò. Che spiega:
«Da noi si dice che occorre guardare i compagni di processione. E in
processione dietro a Costa c'è il peggio del peggio. Basti dire che
nelle sue liste ci sono 32 ex assessori e consiglieri della vecchia
maggioranza». Quindi all'eventuale ballottaggio... «Neanche a parlarne.
Non vogliamo ridare il potere a chi ha devastato la città e le
municipalizzate».
Riassunto: l'Amia costrinse un paio di anni fa Berlusconi,
terrorizzato all'idea di una nuova emergenza-rifiuti nonostante il
record di spazzini (mezzo migliaio più che a Torino, per raccogliere 164
tonnellate l'anno a testa contro 491 dei piemontesi) a tappare tra i
mal di pancia leghisti un buco di 80 milioni. Quanto alla Gesip, un
carrozzone delegato a un sacco di cose, basti un dettaglio: i suoi
operai potano gli alberi fino a 249 centimetri di altezza, poi dai 250
in su tocca a quelli del settore ville e giardini. Un delirio. Per non
dire di scelleratezze come la decisione del Comune di assumere per
destinarli all'azienda dei trasporti 110 autisti da autobus tutti senza
la patente d'autobus e smistati all'Amat, che fu costretta a
prenderseli, dopo corsi di autoscuola pagati dal municipio un occhio
della testa.
«Quando ero sindaco io, giravano 480 autobus», tuona Leoluca
Orlando, «adesso solo 180, gli altri sono rotti, in deposito e talvolta
li usano per i pezzi di ricambio. Una vergogna!» Quel discolo di Tony
Troja non ha risparmiato neanche lui. E ha messo on-line una parodia di
«Quando» di Pino Daniele: «Tu dimmi quando, Orlando / finalmente anche
tu farai persuaso / che magari è proprio il caso / di non candidati
ancora...». Macché, il vecchio zazzeruto che fondò la Rete ci riprova.
La zazzera è ingrigita. E le borse sotto gli occhi sembrano bisacce. Il
mitico «Nino u ballerinu», maestro con coppola e pizzetto dei panini con
la milza («No che non ballo: mi dicono "u ballerinu" pecché sono
dinamicu») giura però che «stavolta vince lui, Luca!» E nel caos del
mercato al Capo, l'uomo della cosiddetta «primavera di Palermo» si muove
con l'irruenza d'un tempo. Bacia, abbraccia, saluta nome per nome
decine di bottegai e clienti, appioppa a questo e quello manciate di
santini: «Dai che ce la facciamo». Conta sull'illusione di chi spera
tornino i «bei tempi» in cui imbottì il Comune di migliaia di lsu? «A
parte che quelli, in un momento particolare, li pagava lo Stato, è
cambiato tutto. Io voglio rifare la città. Rifarla! Torno per entrare
nella storia. Se uno non lavora lo butto fuori e finisco in prima sul
New York Times. Capito? Qui si fa la storia».
Fabrizio Ferrandelli, a lungo il pupillo dipietrista di Orlando
del quale dicono abbia preso a modello perfino il ciuffo, ha vissuto
l'irruzione in campagna elettorale del suo ex-mito come una coltellata:
«Era schierato con la Borsellino. Invitava a votare "BorsOrlando". Poi,
all'ultimo istante, dopo la mia vittoria, ha deciso di provarci. Non
capisco. Dopo i disastri di Cammarata avremmo vinto al primo turno».
Spaccata la destra, spaccata la sinistra, spaccato il centro (anche
Saverio Romano presenta una sua candidata, Marianna Caronia), si è
spaccato perfino il fronte ribelle. Carrettino siciliano al passo,
Rossella Accardo gira per la città chiedendo voti in nome del «Movimento
dei forconi». Ma in tanti si sono rivoltati: «Come osa usurpare il
nome?» E via coi ricorsi. Dai forconi alle carte bollate.
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