mercoledì 26 settembre 2012

Sallusti, il carcere e la difesa di casta

Ebbene sì sono un giustizialista, termine che solo in Italia può assumere valenza negativa. Giustizialista vuol dire che bisogna rispettare le leggi e chi le viola paga. Ma si sa, in Italia il concetto di legalità è molto relativo. 
Oggi la Cassazione ha condannato Sallusti, il direttore del Giornale, a 14 mesi di carcere per diffamazione. Apriti cielo, il Giornale grida alla vergogna e un po' tutti i giornalisti si sono schierati a difesa del collega che finirà presto al fresco. La difesa si basa su 2 punti: (1) Sarebbe addirittura in pericolo la libertà di stampa, anche Travaglio sostiene che non si possono processare le opinioni. (2) In realtà non è stato nemmeno Sallusti a scrivere l'articolo ma un redattore sotto pseudonimo e Sallusti viene condannato come direttore responsabile.E' intervenuta pure la Ministro Severino secondo cui questi reati dovrebbero essere puniti al massimo con pene pecuniarie.
Roba da pazzi. Sallusti è stato condannato non per aver espresso la sua opinione ma perchè l'articolo in questione ha offeso e diffamato un magistrato, il giudice Cocilovo. Che non abbia scritto lui l'articolo cambia poco, direi nulla. Se esiste un direttore responsabile, è giusto che paghi. Sallusti conosceva benissimo i suoi doveri e li ha ignorati, deliberatamente. E poi quale sarebbe l'alternativa? Che tutti possono scrivere sotto pseudonimo offese ed ingiurie senza che si possa processare nessuno?
I giornali non possono essere usati per sputare in faccia alla gente e i giornalisti non possono essere franchi tiratori usati per killeraggio politico e personale. Questa sentenza, sacrosanta, ristabilisce un po' di ordine e serietà. E sarebbe vergognoso che si passasse alla ammenda pecuniaria - così tanto i giornali dei ricconi potrebbero scrivere quel che gli pare, tanto basterebbe pagare una multa. In piazza si picchia la gente che esprime le proprie opinioni e i giornalisti diffamatori non dovrebbero andare in carcere? E' proprio vero che c'è sempre qualcuno più uguale degli altri. 


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