Ogni anno nel mese di ottobre fioriscono papaveri rossi su giacche e cappotti degli inglesi; una fioritura che comincia discreta e rada a metà mese ed esplode ai primi di novembre. Il papavero è il simbolo del Giorno del Ricordo, Remembrance Day, che si celebra ogni anno il 11 novembre, anniversario dell'armistizio con cui si concluse la Grande Guerra nel 1918. Pur ricorrendo nella data dell'armistizio, la giornata è un momento di ricordo ed omaggio per i caduti, militari e civili, delle due grandi guerre e, un po' vagamente, degli altri conflitti in cui hanno combattuto le forze armate britanniche. Nelle settimane precedenti al Giorno del Ricordo, l'organizzazione dei veterani delle forze armate, la Royal British Legion, predispone presidi e banchetti nelle zone nevralgiche di paesi e città per raccogliere fondi da destinare alle attività di assistenza agli invalidi di guerra, alle famiglie dei caduti ed ai pensionati; ad ogni donatore è appuntato un papavero rosso, artificiale, al bavero.
L'occasione diventa un momento di raccoglimento sugli orrori delle guerre mondiali, di unità intorno alla memoria storica nazionale, in cui, però, trovano anche spazio il sentimento patriottardo, dal sapore imperialista, che giace latente nella società britannica e che rende normale una presenza delle forze armate nella vita quotidiana che può apparire alquanto pervasiva per chi proviene dall'Italia. Tale presenza può essere da un lato un sintomo del fatto, peraltro positivo, che le forze armate non siano un corpo estraneo alla società, uno stato nello stato, ma dall'altro appare il residuo di un passato che non passa, fatto di imperialismo e di sciovinismo. Un tratto che emerge chiaro nei suoi toni nel momento in cui entrano in gioco le missioni di guerra all'estero, quando nella retorica dei politici e dei mezzi di informazione le truppe diventano "nostre" ed i caduti sul campo "eroi", senza troppo spazio alla critica verso le motivazioni che spingono i governi di Sua Maestà ad intervenire con la forza in terre lontane. Una critica che non è neanche ammessa nel momento in cui lo Stato, con una campagna pubblicitaria a tratti martellanti, invita i giovani ad arruolarsi, per imparare un mestiere, per svolgere un'esperienza lavorativa da inserire nel curriculum personale, magari viaggiare. Insomma, la guerra un lavoro come un altro, la morte un incidente di percorso.
Secondo il Tenente Generale Sir John Kiszely le celebrazioni del Giorno del Ricordo sono un’occasione per tessere una rete di contatti e lui, all’epoca presidente della Royal British Legion, ha buoni contatti presso il Ministero della Difesa. Questo il consiglio dato dall’ufficiale britannico a colui che pensava essere il lobbysta di un’impresa che opera nel settore degli armamenti, cui proponeva di offrire i propri servigi. Parole di troppo, incautamente proferite ad un giornalista in incognito, che gli sono costate il posto presso la Legion e che hanno brevemente aperto uno squarcio sul legame tra affari, politica e guerra. La prassi di offrire buoni uffici alla lobby delle armi sembra estendersi al singolo caso di Kiszely, sebbene al momento solo egli abbia in qualche modo pagato, forse più per la propria loquacia che non per il fatto in sé. Secondo un’indagine effettuata dal quotidiano The Guardian, negli ultimi sedici anni circa tremilacinquecento impieghi in aziende che producono armamenti sono stati affidati ad ufficiali delle forze armate ed a funzionari della Difesa, con un incremento di nuove assunzioni nell’ultimo biennio, in cui il Regno Unito si è imbarcato nella guerra in Libia e sta scaldando i motori per il prossimo conflitto in Medio Oriente. Di questo sistema “delle porte girevoli” beneficiano non solo coloro che si dilettano con il mesterie della guerra, ma in generale molti di coloro che ricoprono incarichi di responsabilità pubblica ed ottengono impieghi o consulenze ben retribuite nel settore privato.una volta lasciatili. Non è un mistero che la guerra sia un affare delle élite al potere in ogni Paese, ma ricordarlo alle anime belle che si lasciano affascinare dalla retorica sulla patria, sulla guerra umanitaria , sull’esportazione della democrazia in salsa occidentale è doveroso. Specialmenete alla vigilia del Giorno del Ricordo in cui tutti, volenti o nolenti, tributeremo il minuto di silenzio per i “nostri” “eroi” e saremo pressantemente chiamati a lasciare un obolo per quella Royal British Legion che fino a pochi giorni fa era guidata da Kiszely.
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L'occasione diventa un momento di raccoglimento sugli orrori delle guerre mondiali, di unità intorno alla memoria storica nazionale, in cui, però, trovano anche spazio il sentimento patriottardo, dal sapore imperialista, che giace latente nella società britannica e che rende normale una presenza delle forze armate nella vita quotidiana che può apparire alquanto pervasiva per chi proviene dall'Italia. Tale presenza può essere da un lato un sintomo del fatto, peraltro positivo, che le forze armate non siano un corpo estraneo alla società, uno stato nello stato, ma dall'altro appare il residuo di un passato che non passa, fatto di imperialismo e di sciovinismo. Un tratto che emerge chiaro nei suoi toni nel momento in cui entrano in gioco le missioni di guerra all'estero, quando nella retorica dei politici e dei mezzi di informazione le truppe diventano "nostre" ed i caduti sul campo "eroi", senza troppo spazio alla critica verso le motivazioni che spingono i governi di Sua Maestà ad intervenire con la forza in terre lontane. Una critica che non è neanche ammessa nel momento in cui lo Stato, con una campagna pubblicitaria a tratti martellanti, invita i giovani ad arruolarsi, per imparare un mestiere, per svolgere un'esperienza lavorativa da inserire nel curriculum personale, magari viaggiare. Insomma, la guerra un lavoro come un altro, la morte un incidente di percorso.
Secondo il Tenente Generale Sir John Kiszely le celebrazioni del Giorno del Ricordo sono un’occasione per tessere una rete di contatti e lui, all’epoca presidente della Royal British Legion, ha buoni contatti presso il Ministero della Difesa. Questo il consiglio dato dall’ufficiale britannico a colui che pensava essere il lobbysta di un’impresa che opera nel settore degli armamenti, cui proponeva di offrire i propri servigi. Parole di troppo, incautamente proferite ad un giornalista in incognito, che gli sono costate il posto presso la Legion e che hanno brevemente aperto uno squarcio sul legame tra affari, politica e guerra. La prassi di offrire buoni uffici alla lobby delle armi sembra estendersi al singolo caso di Kiszely, sebbene al momento solo egli abbia in qualche modo pagato, forse più per la propria loquacia che non per il fatto in sé. Secondo un’indagine effettuata dal quotidiano The Guardian, negli ultimi sedici anni circa tremilacinquecento impieghi in aziende che producono armamenti sono stati affidati ad ufficiali delle forze armate ed a funzionari della Difesa, con un incremento di nuove assunzioni nell’ultimo biennio, in cui il Regno Unito si è imbarcato nella guerra in Libia e sta scaldando i motori per il prossimo conflitto in Medio Oriente. Di questo sistema “delle porte girevoli” beneficiano non solo coloro che si dilettano con il mesterie della guerra, ma in generale molti di coloro che ricoprono incarichi di responsabilità pubblica ed ottengono impieghi o consulenze ben retribuite nel settore privato.una volta lasciatili. Non è un mistero che la guerra sia un affare delle élite al potere in ogni Paese, ma ricordarlo alle anime belle che si lasciano affascinare dalla retorica sulla patria, sulla guerra umanitaria , sull’esportazione della democrazia in salsa occidentale è doveroso. Specialmenete alla vigilia del Giorno del Ricordo in cui tutti, volenti o nolenti, tributeremo il minuto di silenzio per i “nostri” “eroi” e saremo pressantemente chiamati a lasciare un obolo per quella Royal British Legion che fino a pochi giorni fa era guidata da Kiszely.
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