di Nicola Melloni
da Liberazione
Ed infine si trovò un accordo a Cipro. Dopo una settimana di isterie,
proposte assurde e piani fatti e passati alla rinfusa, finalmente si è
trovata una soluzione, per quanto parziale, ai problemi più pressanti
dell’isola.
La differenza fondamentale rispetto al primo piano è che tutti i conti
correnti sotto i 100 mila euro saranno garantiti e salvati. Non è una
cosa da poco, per una volta non si colpiscono, almeno in maniera
diretta, i più poveri e si vanno a cercare i soldi dai più ricchi.
Ovviamente, subito dopo si inizierà con i soliti programmi di austerity e
privatizzazione, quindi non c’è da brindare per l’accordo raggiunto – e
tantissime imprese rischiano ora la chiusura vedendosi i loro conti
drasticamente tagliati. Ma l’accordo di ieri è sicuramente un deciso
passo avanti rispetto alla settimana scorsa.
Inoltre, una sostanziale fetta dei prelievi dai conti correnti più
ricchi verrà dai depositi degli stranieri che hanno usato Cipro come un
centro off shore, soprattutto i famosi e famigerati oligarchi
russi, ma anche inglesi e tedeschi che hanno sfruttato i vantaggi
fiscali concessi dall’isola. Una soluzione, dunque, che ricorda in parte
l’Islanda dove le perdite delle banche vennero coperte da prelievi
forzosi sui conti esteri – in quel caso soprattutto inglesi (ancora!) ed
olandesi. Conseguentemente, i giorni di Cipro come paradiso fiscale
sono sostanzialmente finiti. Il settore bancario, così enorme rispetto
all’economia di Cipro (quasi 8 volte il valore del Pil) si sgonfierà
velocemente e gli investitori esteri, appena le banche saranno riaperte,
se ne andranno di gran furia.
Per andare dove però? Perché che le banche cipriote fossero da
normalizzare non ci sono dubbi, ma non è certo un caso unico in Europa.
Il Lussemburgo ha un sistema bancario che vale 24 volte il Pil del
paese senza che nessuno abbia nulla da dire al proposito – forse perché
molti capitali sono tedeschi, o più in generale europei e quindi è
conveniente per tutti tenere aperto un bel paradiso fiscale nel cuore
dell’Europa. E che dire della City di Londra che, in un paese di 60
milioni di abitanti, e non in una piccola isola, ha delle passività
quattro volte superiori al Pil della Gran Bretagna? Anche lì con molti
russi, oltre arabi e tanti altri capitali di dubbia provenienza. Come
mai ora tutti puntano il dito contro Nicosia e le sue allegre pratiche
finanziarie e nessuno ha nulla da dire su quello che succede nel resto
d’Europa?
Se la Ue avesse intenzione di riportare la finanza sotto controllo non
potremmo che rallegrarcene. Nuovamente, però, a Bruxelles sembrano
procedere a tentoni, senza nessun piano strategico. Oggi si punisce
Cipro, dopo aver colpito la Grecia e già si aspetta un prossimo
intervento in Slovenia. Ma di una riforma organica non si sente proprio
parlare. Della famosa unione bancaria si sono per ora perse le tracce,
osteggiata dai tedeschi, il che ovviamente mette in difficoltà le banche
dei Piigs esposte a potenziali fughe di capitale. Più in generale si
continua a non discutere degli altri passi fondamentali per dare una
struttura stabile all’area monetaria: una banca centrale che sia un vero
prestatore di ultima istanza; un sistema che intervenga sui
disequilibri macroeconomici sia dalla parte dei debitori (come ora) che
dei creditori (cosa che invece non avviene); ed infine un governo che
possa organizzare trasferimenti fiscali per alleviare le conseguenze
sociali dei suddetti disequilibri e delle crisi.
Senza tutto questo la soluzione ideata per Cipro sarà solo l’ennesima
pezza per tappare un buco ben più grande. Deprimerà l’economia
dell’isola e sposterà in avanti il redde rationem a livello continentale. In attesa della prossima crisi.
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