mercoledì 20 marzo 2013

Il Re è nudo


di Nicola Melloni
da Liberazione

Il Parlamento cipriota ha detto no all’ennesimo ricatto della Trojka. Dopo che le minacce di Schauble e Merkel – o così o fuori dall’Euro – e la pistola alla testa puntata da Draghi – o accettate o tagliamo i fondi alle vostre banche (con che autorità, non è dato sapere) – non hanno sortito alcun effetto, ora le élite europee sono in pieno panico. Si aspettavano, come sempre, che i cittadini ed i loro rappresentanti piegassero la testa. Invece a Cipro sono andati a vedere il bluff. Hanno cioè fatto quello che la Grecia, la Spagna e l’Italia avrebbero dovuto fare negli anni scorsi. Il Parlamento di Nicosia ha rigettato la palla nel campo della EU, facendo di fatto sapere che se l’alternativa è tra prelevare forzosamente i risparmi dei cittadini e lasciare l’Eurozona, allora Cipro è pronta a ritornare alla sterlina.
Già lunedì a Bruxelles e dintorni avevano capito la malaparata. Dopo l’arroganza e le minacce di Sabato – quando si erano volutamente ignorate le rimostranze del Presidente Anastasiades che aveva provato a spiegare che il Parlamento non avrebbe mai votato misure così punitive – si era cominciato a lavorare su un nuovo deal che salvasse almeno i conti correnti più bassi sotto i 20 mila euro. La UE per la prima volta si trovava davanti la reale possibilità di un rifiuto e, per la prima volta, accettava di ridiscutere i termini del bail out. Troppo tardi. Il Parlamento cipriota ha detto no anche alla seconda proposta della Trojka: i soldi del bail out vanno trovati altrove, i risparmi non si toccano.
Il risultato è che ora il re è nudo. Finalmente un governo ha alzato la voce e ha detto quello che è sotto gli occhi di tutti, che i cosiddetti pacchetti di salvataggio stanno peggiorando la crisi europea invece di risolverla. E che l’Unione Monetaria è importante ma non a tutti i costi. Il problema di Cipro è minuscolo, parliamo di appena 16 miliardi di euro, eppure la UE non è in grado neanche di risolvere nemmeno questo piccolo grattacapo, dimostrandosi ancora una volta meschina e vendicativa. Si ripete nuovamente lo stesso assurdo comportamento adottato in Grecia tre anni fa, quando la crisi si sarebbe potuta evitare con un modesto esborso di denaro ed aiuti mirati. I tedeschi giocano ad essere inflessibili con i soldi degli altri – facendo passare l’idea, falsa, che siano solo loro a pagare i debiti dei paesi in crisi (lo fa invece pure l’Italia, tra gli altri), e tralasciando che la Germania non regala ma presta soldi, ad un ricco tasso di interesse. Mentre i salari greci o i risparmi ciprioti vengono tagliati per sempre. Le imposizione tedesche sono passate non perché giuste, ma perché basate sugli alti costi dell’alternativa, l’abbandono dell’Euro, costringendo di fatto i PIIGS ad accettare le lacrime e sangue dell’austerity. Ma le politiche restrittive, come ampiamente previsto, hanno solo peggiorato la situazione e avvicinano l’Europa ad un punto di non ritorno in cui i vari paesi preferiranno l’uscita al continuo aumento di povertà e disoccupazione. Quel punto lo si è già raggiunto a Cipro quando si è minacciato di espropriare il 6.75% dei risparmi dei cittadini.
Cipro è un isola piccola, con una economia minuscola, se si esclude il settore finanziario. In caso di uscita dall’Eurozona, lo shock economico per la UE sarebbe minimo. Rappresenterebbe però un pericolosissimo precedente. Non solo si può disobbedire alla Trojka, si può anche abbandonare la moneta unica – un precedente terrificante per la UE. Altri paesi potrebbero essere tentati di fare lo stesso – soprattutto ora che i cittadini sanno che c’è il rischio che i prossimi pacchetti di salvataggio includano prelievi forzosi sui conti correnti, con il conseguente rischio di bank run già da ora.
Ormai in tutta l’Europa mediterranea lo scontento verso l’austerity, le istituzioni europee e la moneta unica sta raggiungendo livelli insostenibili. I governi dei PIIGS ora hanno la possibilità di cogliere l’assist dato loro dal Parlamento cipriota per formare, finalmente, un fronte unico e richiedere un immediato cambiamento di rotta delle politiche fiscali e monetarie, andando definitivamente a vedere le carte dei Paesi del Nord che non si possono certo permettere la repentina fine dell’Euro. Sul tavolo c’è il futuro del Continente e di intere generazioni di europei.

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