L’esito del primo turno delle elezioni amministrative in Italia ha generato
un diffuso entusiasmo tra quei cittadini che non approvano le politiche ed i
metodi della coalizione che governa il Paese. La posizione di vantaggio
ottenuta dal candidato Giuliano Pisapia a Milano é stata festeggiata da
migliaia di cittadini milanesi e non solo e questo exploit unito a quello di
Luigi De Magistris a Napoli ha portato molti esponenti della Sinistra a
prospettare la fine del modello culturale berlusconiano; infine, il buon
risultato delle liste afferenti al Movimento 5 Stelle ha spinto molti ad
azzardare una “primavera” italiana, sul modello dei cambiamenti occorsi in
Egitto e Tunisia.
Complessivamente, si tratta di un risultato che, se confermato al secondo
turno e se rafforzato dall’elezione a sindaco di Pisapia e di De Magistris,
indurrà a pensare che la Destra abbia finalmente intrapreso una china
discendente in termini di consenso e che una coalizione ancora forte alle
elezioni regionali dello scorso anno, oggi si stia sfaldando. Dal mio punto di
vista, peró, mi pongo la domanda se il risultato del primo turno delle elezioni
amministrative possa davvero esser intravisto come un punto di svolta rispetto
all’Italia che abbiamo conosciuto sino ad ora e non semplicemente come
un’espressione di quel modello dell’alternanza che dal 1993 ad oggi si é
cercato di imporre al parlamentarismo pluri-partitico italiano. Prescindendo
dal fatto che l’esito finale per le due principali città chiamate al voto sia
lungi dall’esser scontato e che per 6 delle 11 province l’elezione del
presidente averà al ballottaggio del prossimo fine settimana, va osservato che
durante questi diciassette anni di “seconda” repubblica abbiamo assistito a tre
fasi di “rinascita” della Sinistra, a tre primavere. La più significativa fu
quella del periodo 2004/2005 in cui, tra l’altro, la Provincia di Milano fu
aggiudicata alla coalizione di CentroSinistra guidata da Filippo Penati: al
primo turno Penati ottenne un vantaggio di 5 punti percentuali (43% contro 38%)
ed al secondo superó il 50% dei voti. La fase positiva per le forze progressiste
apertasi con le elezioni amministrative di quell’anno fu rafforzata dall’esito
delle consultazioni regionali dell’anno successivo, quando fu allargato il
numero di giunte di CentroSinistra ed anche nel Nord, in Piemonte, fu eletto un
Presidente di Regione di area
progressista.
Il dibattito pubblico negli ultimi quindici anni è stato dominato da temi
quali il controllo del’immigrazione, la repressione della micro-criminalitá, la
deregolamentazione dei rapporti di lavoro, la libertà di impresa; si tratta di
questioni che evidenziano un’egemonia culturale, o per lo meno una
predominanza, delle forze conservatrici e liberiste del Paese. Egemonia che si
riflette anche nelle forme della politica: l’impiego massiccio dell’immagine
nella comunicazione, la sostituzione dei fatti con le narrazioni ed la tendenza
al leaderismo. Ciò che chiedo a coloro che individuano nel risultato elettorale
un segno di cambiamento è se notino anche un mutamento nella mentalità degli
italiani e nel loro approccio alla cosa pubblica. In quale misura il rilevante
risultato elettorale raccolto dalle liste 5 Stelle possa esser letto come un
desiderio di discontinuità con gli ultimi due decenni, nel momento in cui lo
slogan “sono tutti uguali” richiama quelli con cui la Lega Nord e Forza Italia
raccolsero consensi dopo la stagione di Mani Pulite. Quale ventata di
cambiamento porta con sé l’elezione di Fassino a sindaco di Torino, in chiara continuità
con quel Chiamparino che si vanta di aver un rapporto di confidenza con
Marchionne e che dispensa perle di saggezza agli operai sotto ricatto? Come
rallegrarci di una vittoria di misura del CentroSinistra in quella Bologna che
per decenni fu una roccaforte rossa ed un laboratorio della buona
amministrazione?
Dalla straripante vittoria della Casa delle Libertá nel 2001 i partiti
progressisti hanno focalizzato il proprio operato evidenziando il marcio e la
carica eversiva del berlusconismo e della Destra italiana, ma allo stesso tempo
hanno modellato la propria proposta sociale ed economica su quella
dell’avversario politico. Non c’è stata l’elaborazione di un modello
alternativo, che ponesse il cittadino al centro dell’azione politica, anziché
il denaro; tutt’al più ci si è limitati a proporre forme di solidarietà e di
assistenzialismo per smorzare gli effetti del turbo-capitalismo. Anche allo
scoppio della crisi finanziaria ed economica, non si è osato metter in
discussione un sistema che dagli anni 1980 ad oggi ha causato il progressivo impoverimento
della popolazione, il degrado ambientale e l’erosione degli spazi di
democrazia. Come si può quindi pensare che il “vento sia cambiato”? Quale
rivoluzione culturale è stata messa in atto per riaffermare l’egemonia dei
principi e dei valori costituzionali? Ben venga l’elezione di Pisapia, di De
Magistris e degli altri candidati di CentroSinistra, ma essa sia il punto di
partenza per un’operazione di ribaltamento del discorso pubblico, di
costruzione di una società. I dirigenti di partito imparino dagli errori del
passato e non si accontentino del mero risultato elettorale.
Simone Rossi
Una prova di maturità della società italiana, che rivelerebbe finalmente una profonda intenzione di concentrare l'azione politica sull'uomo e non sul profitto, sarebbe quella di andare a votare in massa per i referendum. Questo sarebbe un più chiaro segnale che i pur confortanti focolai di cambiamento ora rappresentati da Pisapia o De Magistris non sono destinati a spegnersi in breve.
RispondiEliminaMonica
anche io ho mille riserve su una nuova primavera a sinistra, pero' forse e' la volta buona che ci liberiamo di berlusconi che ha fatto da tappo a una vera dialettica di cambiamento del centro-sinistra (il solito spauracchio del regime..purtroppo in parte anche fondato). dopo, forse e con 20 anni di ritardo, si ricomincera' pure a parlare di programmi ed idee
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