sabato 28 maggio 2011

Se fallisce la Grecia a pagare non sarà Atene ma l'Europa



Il fallimento del piano di salvataggio della Grecia è ormai sotto gli occhi di tutti. Eravamo stati facili profeti quando dicevamo che l'austerity ed i tagli non avrebbero salvato Atene e che i problemi si sarebbero solamente ripresentati poco tempo dopo, in forma ancor più grave. Ora anche il commissario europeo greco Maria Damanaki parla apertamente della possibile uscita del suo paese dall'euro. Ed i mercati internazionali danno per scontato il default greco, richiedendo tassi di interesse che ormai hanno toccato il 25% sul debito pubblico a due anni. L'Europa si trova davanti al dilemma su cosa fare. Soprattutto in Germania l'opinione pubblica sembra decisamente contraria a fornire ulteriori aiuti all'economia greca. Si tratta però di una idea distorta di quello che sta succedendo. I soldi tedeschi dati alla Grecia non servono per salvare i lavoratori greci o a far riprendere l'economia ellenica, ma per impedire l'insolvibilità dello Stato greco, il cui debito è detenuto dalle grandi banche europee, soprattutto tedesche. Si tratta, a onor del vero, di uno schema già visto in passato. Gli interventi del Fmi negli anni 90, in Messico, Asia e Russia erano soprattutto mirati ad evitare che le crisi finanziarie dei paesi in via di sviluppo si trasformassero in crisi bancarie in Occidente, con gli istituti finanziari sovraesposti nei mercati emergenti. Ora lo schema si sta ripetendo in Grecia, per salvare le banche tedesche ed europee.
Si tratta dunque in realtà di un altro bail-out, come già nel 2007-2008. Per i governi europei è assolutamente impensabile lasciar fallire le grandi banche, e con buone ragioni. Abbiamo visto cosa è successo sui mercati internazionali per il fallimento di Lehman Brothers e la recessione globale che ne è seguita. Ora l'Europa si trova in una situazione fondamentalmente identica - non possiamo permettere il fallimento greco perchè non abbiamo la minima idea di cosa potrebbe succedere alle nostre banche e queli sarebbero le conseguenze per gli altri paesi europei in difficoltà ed infine per l'intera area euro.
Il punto non è semplicemente che i governi europei sono in mano ad una oligarchia finanzaria, anche se sicuramente i banchieri hanno un peso politico assolutamente sproporzionato. La questione vera è che la finanza così come si è andata trasformando negli ultimi 30 anni tiene in mano l'intero sistema economico occidentale. Il fallimento bancario vuol dire mettere a rischio i conti correnti dei cittadini, bloccare la produzione, e di conseguenza licenziamenti e recessione. I liberisti classici chiedono ora che si lasci fallire la Grecia, ed anche le banche, perchè solo attraverso il fallimento il mercato corregge i suoi errori - anzi è proprio l'intervento pubblico di salvataggio a rendere le cose più complicate. Cose simili si dicevano prima di lasciar fallire Lehman, cose simili fece il Presidente americano Hoover nel 1929. La realtà però è che le crisi economiche non si risolvono semplicemente attraverso il fallimento e la "distruzione creativa" di Schumpeteriana memoria. La "distruzione creativa" si applica alle economie capitaliste in fase espansiva, ma le crisi hanno una dinamica diversa, si avvitano su sè stesse, diminuisce la liquidità e la volontà di investire, le imprese chiudono e licenziano i consumi si abbassano disincentivando ulteriormente la produzione. Dal punto di vista politico, inoltre, la crisi, come sappiamo, ha dei costi intollerabili. Paradossalmente per la Grecia il fallimento potrebbe essere una svolta positiva (nel medio periodo), ma le conseguenze per il resto dell'Europa sarebbe fatali.
Bisogna dunque capire le ragioni profonde di questa crisi che vanno cercate nella struttura istituzionale del capitalismo neo-liberale. E' necessario innanzitutto intervenire sulle banche ed evitare che siano troppo grandi per fallire e mettano sotto ricatto politica ed economia - una riforma che era in cima all'agenda post-crisi ma che è stata invece presto accantonata. Gli interventi dei governi occidentali non hanno risolto la crisi ma solo trasferito il debito dal settore privato a quello pubblico, il cui fallimento però si ripercuoterebbe nuovamente sul mercato bancario e da quello sull'intera popolazione. Sostenere che basti la mano invisibile del mercato a rimettere a posto le cose significa non vedere le conseguenze generali del default. I governi occidentali, da Obama a quelli europei, si sono fino ad ora impegnati solamente nel salvataggio delle banche, cercando di rimettere a posto un meccanismo di crescita che si credeva soltanto inceppato. La vera questione, invece, è cambiare radicalmente un sistema che non può essere più aggiustato.

di Nicola Melloni
su Liberazione del 27/05/2011




4 commenti:

  1. Allora potrebbe essere una parziale soluzione che (anche) il settore privato assumesse una parte del debito?
    Vorrei poi farle notare, caro professore, che nel Paese in cui vivo (Spagna) non sono state le grandi banche (o non solo quelle) ad esporsi in modo esagerato, ma l'hanno fatto soprattutto quelle piccole, le casse rurali che ora il Governo ha invitato a fondersi proprio per evitare il fallimento. Di certo in un'economia equilibrata il potere delle banca deve essere definitivamente limitato e non dovrebbe incidere su quello politico.
    Saluti cordiali,
    Nacha

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  2. Il problema e' che in tutta europa le banche sono indebitate tra loro - il prestito interbancario - e la caduta di uno (ed in questo caso della grecia, non fa differenza) ha un effetto catena sul resto del sistema. Diciamo pure che BBVA non abbia bond greci, ma se ha ha dato un prestito a Deutsche Bank che non puo' restituirlo si trova nella cosiddetta lo stesso...
    Ma non e' finita, le banche piccole potrebbero essere lasciate fallire garantendo il rientro dei risparmi ai correntisti, ma qual'e' il problema? Con chi sono indebitate le piccole banche? Con quelle grandi, nuovamente quindi il non farle fallire vuol dire salvare le grandi, e non tanto le piccole.
    Infine, a onor del vero nessuno sa quali siano le situazione patrimoniali delle banche, in primis quelle spagnole. Con tutti gli swap che sono stati fatti, non sappiamo chi possiede che cosa, come d'altronde era nel caso di Lehman, quindi non possiamo prevedere chi cadrebbe in caso di rischio-grecia. Certo, son stati fatti gli stress-test per vedere, in teoria, coem reagiscono le grandi banche a situazioni di crisi, peccato che fossero stati fatti anche in irlanda, salvo poi scoprire che erano tutti falsati.
    Le banche sono il settore piu' opaco di tutti, e proprio sulla segretezza e sulla poca informazione han fatto soldi in sti decenni. Attenzione, quindi. E fossi un greco comincerei ad aprire conti in euro in germania..facile che ci si ritrovi piu' ricchi (sostanzialmente!) dall'oggi al domani

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  3. ono d'accordo sugli incredibili e intoccabili privilegi alle banche (chissà che l'affaire Fazio, oggi, non insegni qualcosa), così come il vulnus democratico che deriva dal loro enorme potere sulle scelte di policy. Ma vedo in quello che scrivi una grande contraddizione: banche non troppo grandi, per evitare il ricatto. Ma possiamo permetterci che rimangano anche troppo piccole, col rischio che il mercato del credito venga "colonizzato"?

    Faccio poi abbastanza fatica, ma pronto ad essere smentito, ad immaginare un potere politico che intervenga ora sul potere delle banche. Potrebbero farlo i tedeschi nella loro Germania, ma poi....? Forse una soluzione realistica sarebbe: una ristrutturazione del debito greco (e nel caso pure irish e portoghese) per alleviare i costi sociali e non ammazzare quel po di domanda interna per la ripresa economica. Ma la Merkel è, internamente, sempre più debole a livello politico. Che una svolta rosso-verde in Germania non produca un vero cambiamento?

    Michele

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  4. dunque ovviamente si e' perso la window of opportunity quando le banche erano in ginocchio 4 anni fa. allora, in cambio del salvataggio bisognava sventrarle. non e' detto pero', appunto, che la cosa non si ripeta, visto che se la grecia fallisce bisogna fare altri bail out - non ci sono per altro i soldi, qiundi a sto giro ne falliranno pure se le cose van male.
    ci possiamo permettere chi, la domanda? tutti devono farlo, ovviamente, non solo noi (italiani? europei?). Questa era la base di ragionamento della riforma finanziaria di obama - poi, come tutto il resto, finita nel cesso - e anche in UK, dove ci sono le banche piu' grandi insieme a quelel spagnole, si parlava solo di quello. ma non abbiamo fatto nulla. se si decidesse una riforma complessiva del sistema bancario non ci sarebbero rischi di colonizzazione, ovviamente, facendolo tutti. inoltre il putno sarebbe naturalmente dividere investment banks da retail banks, cioe' le ultime fanno sportello e NON possono predersi rischi per statuto, mentre quelle che fanno prodotto finanziari complessi e rischiosi non possono fare sportello, e quindi falliscono senza problemi perche' non attaccherebbe il risparmio pubblico.
    segnalo ottimo libro, forse gia' detto, 13 bankers, di un simon johnson, professore neo-liberal a MIT, che parla degli usa come di una oligarchia controllata dai banchieri. in italia situazione diversa, per tanti motivi, e siamo molto meno esposti, ma e' decisamente ora di interevenire. se e' vero che non c'e' la forza politica, e' anche piu' vero che non possiamo permetterci di continuare a salvare le banche perche' soldi, semplicemente, non ce ne sono piu.

    Nicola

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