mercoledì 29 giugno 2011

L'ULTIMO DISCORSO

In questi giorni si sta svolgendo nel Parlamento spagnolo il principale dibattito dell'anno, quello sullo stato della nazione. Serve a fare il punto sulla politica generale del Governo nell'anno trascorso dal dibattito precedente; è una sana pratica parlamentaria radicatasi nella II Legislatura, non sancita dalla Costituzione né dal Regolamento del Parlamento stesso.

Trasmesso in diretta da tutti i mezzi di comunicazione, minuziosamente regolato in quanto a modalità e tempi di intervento (uguali per tutti gli esponenti dell'arco parlamentario e rigorosamente rispettati, in un pregevole esercizio di cortesia e misura), suole fornire brillanti scontri retorici, coscienziosamente preparati con lungo anticipo, tra i rappresentanti delle varie forze politiche.
Il Presidente del Governo apre il dibattito col suo discorso.

Quest'anno, senza dubbio, i cittadini sanno perfettamente quale sia lo stato in cui versa la nazione, anche senza necessità di ascoltare l'intero dibattito; rimaneva da scoprire se la classe politica avesse realmente capito quale fosse lo stato dei cittadini in questo momento.

Nel suo ultimo, importantissimo discorso pubblico, quello destinato a fare l'amaro bilancio di quattro anni di legislatura in cui spesso si è avuta la senzazione che il Presidente fosse allo sbando, Zapatero ha riconosciuto colpe ed errori ed ha chiesto e teso la mano all'opposizione -che di fatto già governa il Paese nella maggioranza delle Regioni e dei Comuni- per portare a termine il mandato, recuperando almeno parte della serenità politica perduta nell'ultimo anno.
E alla fine del suo intervento, che probabilmente nasconde un addio, il Presidente ha ricordato i propri principî democratici e quelli degli indignados, che per la seconda volta in pochi giorni entrano di diritto in Parlamento, questa volta dalla porta principale.

Ecco la (mia) traduzione di quella significativa parte del discorso.

L'inquietudine ed il malessere prodotti dalla crisi hanno provocato che alcuni settori sociali dirigano, negli ultimi tempi, uno sguardo esigente al nostro sistema politico e gli reclamino esemplarità e risposte giuste. Anche questo sentimento forma parte dello stato della nazione.


La democrazia, la democrazia rappresentativa, è associata alle maggiori quote di libertà e benessere collettivo che gli esseri umani abbiano mai conosciuto. La nostra storia recente, quella degli ultimi trent'anni, ne è buona testimonianza.


Cosí è, precisamente, per il carattere di regime aperto, perfettibile nell'essenza, del sistema democratico; permeabile come nessun altro alle richieste e rivendicazioni dei cittadini. Se c'è democrazia c'è cambiamento, c'è risposta ai cambiamenti politici e sociali. Dal momento in cui arrivai al Governo nel 2004 ho sempre tenuto presente quest'idea e questa disposizione a promuovere miglioramenti democratici.
...
Quel che abbiamo visto nelle ultime settimane sono manifestazioni, proteste e richieste realizzate sotto l'egida dei diritti democratici. Esse formano parte della fisiologia -e non della patologia- del nostro modello di convivenza; e rivendicano il valore della politica. Possiamo discrepare -io lo faccio- su molte delle proposte, molto eterogenee, che nascono da quegli incontri; devono però essere oggetto di rispetto -di un rispetto sincero, non retorico- e sono di indubitabile interesse per i governanti democratici. E lo sono proprio perché abbiamo l'obbligo permanente di dar risposta alle inquietudini sociali. Con umiltà.


E' la Spagna. Mi piacerebbe che potesse essere l'Italia. Domani, chissà... .

Monica Bedana

4 commenti:

  1. Cara Monica,
    io ci andrei cauto con questo entusiasmo. Bel discorso, ma non so se mi piacerebbe che fosse l'Italia. Perche' Zapatero puo' fare dei bei discorsi democratici ed in questo e' sicuro meglio di Berlusconi o del PD, ma tra il dire e il fare...come si suol dire...
    Gli indignados sono entrati in parlamento - magari in maniera un po' opportunista per cercare di prendere qualche voto, ma questa e' una mia malizia - ma rimangono nelle piazze perche' quel governo non ha fatto uno straccio di intervento a loro favore, in 8 anni ha solo aumentato la precarieta' e da quando e' iniziata la crisi non ha dato nessuna risposta vera, DI SINISTRA, alle richieste di chi dalla crisi e' soffocato. Ecco, un paese cosi', col 50% di disoccupazione giovanile, col 25 di disoccupazione totale, in cui la forbice tra ricchi e poveri aumenta, in cui le banche sono il centro nevralgico del sistema produttivo e' un paese che non mi piace. Non vorrei che l'Italia fosse la Spagna, spero in qualcosa di meglio..

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  2. Caro Nicola,
    questo articolo non analizza la gestione del governo Zapatero di questi 8 anni, non usciamo dal seminato. E' legato al mio articolo precedente e lo conclude; riporta semplicemente un gesto simbolico, quello che come cittadina di questo Paese mi aspettavo, come sicuramente buona parte della società spagnola: che il Presidente dimostrasse di non aver perduto la sua capacità di ascoltare. E' in questo senso che vorrei che domani potesse accadere altrettanto in Italia, dove per il momento il Governo nega tutti i giorni perfino l'evidenza più lampante,ignorando e disprezzando cioè che sta esprimendo in molti ambiti e con forza la cittadinanza.
    E ovviamente non son d'accordo nemmeno sulla tua sintesi di questi 8 anni di governo, ma questo è un altro discorso e non è questo l'articolo su cui eventualmente discuterne.
    Gli indignados non si lasciano manipolare; non solo si sono dimostrati insensibili a ogni tentativo di strumentalizzazione da parte dei partiti (ci ha provato pure la tua ammirata IU, quella che per impedire alle ultime amministrative che in molti comuni potesse tornare a governare la NON SINISTRA del Psoe, ha pensato bene di consegnare decine di Comuni al PP; la tipica scelta della sinistra migliore che lavora a favore di tutta la sinistra), ma l' hanno pure respinto in malo modo (alla Melloni, per intenderci).

    Nonostante tutto, credo che Zapatero possa continuare a guardare in faccia i cittadini anche dopo la crisi ed i suoi effetti, perché ha comunque lavorato con onestà per il Paese... e questo dell'Italia non si può certo dire.

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  3. ascoltare vuol dire recepire. fare un discorso e poi non fare (non aver fatto) nulla per cambiare la situazione degli indignados mi sembra un atto di educazione politica astratta. meglio che sbattersene? probabilmente si ma la differenza e' di lana caprina
    su IU, son polemiche un po' sterili non pensi? dopo che il PSOE, quando era forte, ha cercato di metterla in un angolo e sempre rifiutato qualsiasi proposta di lavoro comune, ora che il PSOE e' a pezzi e' colpa di IU se i comuni vanno alla destra... dai lasciamo perdere che tra un po' mi tocca sentire che e' colpa di rifondazione se prodi e' caduto nel 2008..

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  4. Ma pensa...su una cosa siamo d'accordo: ascoltare non è recepire, e non vale necessariamente solo per Zapatero.

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